Tutti a casa per l’11 settembre! Anche Biden dice basta alla guerra in Afghanistan. Dopo 20 anni di bombardamenti e azioni di guerra che hanno causato più di 35 mila morti e più di 100 mila feriti, due mila miliardi di dollari spesi, 2 mila e 400 militari americani hanno perso la vita e altri 20 mila sono rimasti feriti, la situazione non è cambiata.
“È arrivato il momento di mettere fine a questa lunga guerra” dice il presidente annunciando dalla Casa Bianca la decisione di ritirare i soldati. Lo ha annunciato con un discorso dalla “Treaty Room”, la stessa stanza in cui 20 anni fa il presidente George W Bush avvisò un mese dopo l’attacco di Al Qaeda all’America che i bombardieri stavano sganciando i missili sui talebani. Era l’ottobre del 2001 un mese prima un commando di terroristi di Al Qaeda attaccò gli Stati Uniti causando quasi 3 mila morti e 6 mila feriti. L’attentato era stato ideato e preparato da Osama Bin Laden che allora era ospitato e protetto dai talebani in Afghanistan.
“Solo gli afghani hanno il diritto e la responsabilità di guidare il loro Paese. Noi abbiamo raggiunto il nostro obiettivo in Afghanistan 10 anni fa quando un commando americano ha ucciso Osama bin Laden. Da allora le ragioni per restare lì sono diventate sempre meno chiare”, ha spiegato. “Sono il quarto presidente a guidare la presenza di truppe americane in Afghanistan, due repubblicani e due democratici, non passerà questa responsabilità ad un quinto”.
“Non possiamo continuare una guerra plurigenerazionale o aumentare la nostra presenza militare in Afghanistan sperando di creare le condizioni ideali per il nostro ritiro, aspettando un risultato diverso. I militari torneranno a casa in modo ordinato e il ritiro sarà coordinato con gli alleati Nato”, ha aggiunto Biden ammonendo poi i talebani a mantenere i loro impegni contro il terrorismo avvisandoli che gli Stati Uniti chiederanno loro conto su quanto accadrà in Afghanistan.

Un ritiro annunciato già da ieri dal Washington Post in un momento in cui la Casa Bianca sta facendo enormi sforzi per riprendere la leadership sullo scacchiere mondiale dopo 4 anni di isolamento e tensioni. In più la Casa Bianca è impegnata nella promozione del piano per l’ammodernamento delle infrastrutture all’interno del Paese e ha bisogno di una favorevole opinione pubblica per superare gli ostacoli dei repubblicani. E questo della fine della guerra in Afghanistan è un dei temi più sentiti dall’elettorato americano.
E per questo la Speaker della Camera Nancy Pelosi ha invitato Biden a intervenire per la prima volta davanti al Congresso riunito in seduta plenaria il 28 aprile prossimo dove il presidente tornerà a parlare del ritiro delle truppe, ma soprattutto del megapiano di investimenti per le infrastrutture, che nonostante il parere positivo di economisti e industriali, vede i repubblicani esitanti sul reperimento dei fondi per attuarlo. Anche Forbes Magazine, il periodico di Steve Forbes, il milionario che per due volte si è candidato per le presidenziali con il partito repubblicano, ammette che il piano presentato da Biden dà l’avvio alla quarta rivoluzione industriale e che i suoi colleghi di partito fanno più fatica a spiegare perché il piano deve essere respinto anziché essere accettato. Per ora i leader del Gop sono rimasti possibilisti più che altro per prendere tempo e trovare ragioni valide per opporsi.
A Washington è stato reso pubblico il rapporto dell’Ispettore Generale Michael Bolton discusso giovedì scorso in una commissione della Camera che indaga sui disordini del 6 gennaio. Nel rapporto viene evidenziato come i comandanti della Civil Disturbance Unit, il gruppo di agenti messi in prima linea per affrontare qualsiasi tipo di sommossa, avessero ricevuto l’ordine di non usare le granate stordenti e dei gas lacrimogeni contro i dimostranti. Nel rapporto Bolten afferma di aver interrogato gli agenti i quali hanno affermato che se avessero potuto usare sia le granate stordenti che i gas lacrimogeni sarebbero stati in grado di bloccare l’assalto.

Sempre oggi il procurator federale di Washington, Channing Phillips, che conduce l’indagine sui disordini del 6 gennaio, ha scagionato l’agente della polizia del Campidoglio che ha ucciso con un colpo di pistola Ashli Babbit, la 35 enne californiana he tentava di entrare al Congresso da una finestra. La donna, che era una ex militare dell’aeronautica, è stata ripresa dalle telecamere di sicurezza e dai cellulari di altre persone mentre forzava il suo ingresso con gli agenti che le gridavano di fermarsi. Le indagini hanno convalidato la legittima difesa da parte dell’agente. Per i movimenti dell’estrema destra Ashli Babbit è una martire e hanno promesso di vendicarla.
Le indagini continuano: centinaia di persone sono state arrestate, molti sono stati rilasciati su cauzione e dovranno presentarsi per il processo. Gli avvocati dei Proud Boys e degli Oath Keepers dicono che la pubblica accusa non ha le prove per sostenere l’incriminazione di cospirazione contro lo Stato. Altri avvocati hanno chiesto di spostare il processo da Washington perché non ci sarebbero giurati imparziali.
A Mar A Lago l’ex presidente Donald Trump ha creato America First Policy Institute del quale fanno parte la figlia Ivanka e il genero Jared Kusher. Un think tank – c’é scritto nel sito web – per promuovere la libertà, il libero scambio, la superiorità militare americana, i vantaggi economici per gli americani per gli accordi di politica estera”. Questa secondo il Washington Post dovrebbe essere una delle 45 iniziative che l’ex presidente vuole lanciare per attrarre l’elettorato conservatore togliendolo al partito repubblicano. “Anche se Trump nega che voglia formare una nuova compagine politica in competizione con il partito repubblicano – afferma l’influente giornale – tutte le sue iniziative dimostrano il contrario”.
A New York le indagini sulla Trump Organization proseguono e si arricchiscono di particolari. Quella che sembrava una velenosa ripicca di un moglie abbandonata nei confronti del marito che l’aveva tradita si sta rivelando un miniera di informazioni per gli inquirenti. Jennifer Weisselberg, moglie divorziata dal figlio del CFO della Trump Organization, continua a fornire casse di documenti agli inquirenti. I documenti afferma la donna sono stati lasciati in casa dall’ex marito che li custodiva per conto del padre. Dopo averlo accusato di violenza domestica la donna aveva ottenuto una ingiunzione giudiziaria che non permetteva più all’uomo di contattarla o andare a casa. Scoppiato lo scandalo le casse di documenti sono rimaste in cantina e nessuno le ha potute recuperare. Ora sono in mano agli inquirenti.