Dopo quella di Lindsey Boylan, per Andrew Cuomo arriva un’altra accusa di molestie. A farla, questa volta, è Charlotte Bennett, un’aiutante del governatore, che ha denunciato l’accaduto dopo il polverone mediatico causato dal post pubblicato dalla Boylan pochi giorni fa.
La Bennet ha 25 anni, è stata assistente esecutiva e consulente per la politica sanitaria nell’amministrazione Cuomo fino al momento in cui, a novembre, ha deciso di andarsene. Ha raccontato al New York Times di essere stata molestata la scorsa primavera, al culmine della lotta alla pandemia. Proprio nel momento in cui Cuomo, combattendo contro il virus, ha raggiunto il massimo della sua popolarità.
Il governatore è accusato di averle fatto domande indiscrete sulla sua vita sessuale, di essersi interessato alla monogamia delle sue relazioni e di averle chiesto se avesse mai avuto rapporti con uomini più anziani di lei. In particolare, indica il 5 giugno come data nella quale è stata costretta a subire, a suo avviso, l’episodio più inquietante. Quel giorno la Bennet si trova sola nello studio di Cuomo. Il clima è conviviale e i due parlano tra loro in modo informale. Forse troppo. Il governatore si addentra in argomenti ambigui, quelli durante i quali, normalmente, il viso si tira in un sorriso imbarazzato.
Lui le chiede un’opinione sulle relazioni tra persone di età molto diverse tra loro e poi si dice aperto ad averne una con ragazze intorno ai vent’anni. Per l’assistente questi commenti hanno un obiettivo piuttosto chiaro: l’intenzione di Cuomo è quella di procedere a una conoscenza carnale.
Se non altro, questa volta l’ex uomo più amato di New York non è accusato di averla toccata, come successo nel caso della Boylan, ma Charlotte Bennet ha più volte sottolineato che, secondo la sua percezione, Cuomo volesse palesemente orientare la conversazione verso un intento molto preciso.
Ovviamente, il governatore smentisce tutto, confidando proprio al Times di aver agito come mentore nei confronti della ragazza e di non aver mai avuto “l’interesse ad agire in modo inappropriato”. Ammette però di aver fatto qualche commento indiscreto, che potrebbe essere stato frainteso dalla donna, e per questo si scusa. Chiede inoltre di essere ascoltato da un giudice che conduca un’indagine indipendente, senza interferenze o pressioni politiche e accetta che sia intanto accetta che sia l’attorney general di New York, Letitia James, a nominarlo. Una revisione esterna completa e approfondita che sappia garantire l’adeguata autonomia.
Sul tema si è detta d’accordo anche Alexandria Ocasio-Cartez che, in un Tweet ha scritto “I dettagliati resoconti di Lindsey Boylan e Charlotte Bennett sulle molestie sessuali da parte del governatore Cuomo sono estremamente gravi e dolorosi da leggere”, aggiungendo poi “ci deve essere un’indagine indipendente, non guidata da un individuo selezionato dal governatore, ma dall’ufficio del procuratore generale”.
La Bennett ha raccontato di aver rivelato le vicissitudini con Cuomo al suo capo Jill DesRosiers e di essere per questo stata trasferita, meno di una settimana dopo, in un ufficio dal lato opposto del Campidoglio.
Cuomo rimane dunque al centro di questo vortice mediatico dal quale sembra non potersi liberare. Più i giorni passano, più gli scandali si sommano, uscendo con un tempismo se non altro insolito.
In questo caso, poi, c’è anche un altro elemento che porta con sé qualche lecito dubbio. Charlotte Bennet non ha infatti mai proceduto per vie legali nei confronti di Cuomo, ma si è soltanto limitata ad accusarlo in pubblico.
È giusto crederle sulla parola? La domanda sembra essersela fatta anche Joe Biden, che si è esposto tramite la sua portavoce Jen Psaki. “Il Presidente è stato coerente nel ritenere che ogni donna debba essere ascoltata, debba essere trattata con rispetto e dignità”. Ma ascoltata significa creduta? Biden rimane volutamente ambiguo, perché, in situazioni come questa, prendere posizione è una mossa fin troppo rischiosa
Da parte del governatore è chiaramente arrivato un “No” categorico, nonostante non abbia negato di aver fatto domande personali alla signora Bennett. Tra porre domande personali e macchiarsi di molestia, però, passa un confine nemmeno troppo sottile e diventa dunque legittimo desiderare di conoscere la completa realtà dei fatti.
“Durante il lavoro siamo andati molto d’accordo”, diceva la Bennet prima di accusarlo. “Lo vedevo come una figura paterna, un mentore”. Poi, tutto d’un tratto, i suoi toni sono cambiati. Dalle parole di stima a frasi come “La sua presenza era soffocante”.
Per Cuomo più passano i giorni più si ingrossano le sabbie mobili nelle quali d’improvviso è stato catapultato.
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