Il coronavirus ha creato e amplificato le tensioni familiari, e la chiusura in casa da mesi per rallentare la diffusione, ha peggiorato le situazioni di abuso domestico. Medici e avvocati delle vittime hanno registrato una crescita vertiginosa delle violenze. Le Nazioni Unite, i movimenti femministi e le associazioni che lavorano con le donne hanno segnalato che le restrizioni decise dai vari paesi per contenere il coronavirus hanno avuto delle conseguenze sulla violenza domestica.
Per capire cosa succede abbiamo intervistato l’avvocato matrimonialista Gian Ettore Gassani, nonché Presidente dell’Ami – Avvocati Matrimonialisti italiani.
Il dipartimento di polizia di Chicago ha affermato che le chiamate relative alla violenza domestica sono aumentate del 12% dall’inizio dell’anno fino a metà aprile, rispetto lo stesso periodo di tempo del 2019. In altre città, tra cui Los Angeles e New York, la polizia ha visto un calo delle chiamate, ma solo perché le vittime non possono avvisare la polizia per la loro vicinanza con gli aggressori. I numeri sono inquietanti anche in Italia, dall’indagine dell’Istat, che ha analizzato i dati dei servizi dello Stato per combattere la violenza di genere è emerso che nel periodo del lockdown (marzo-giugno 2020) le telefonate al 1522 e le richieste di aiuto via chat sono passate da 6.956 a 15.280 rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, con un aumento del 119,6%.
Una vera e propria emergenza sociale, in che modo è possibile fermarla?
“La violenza intrafamiliare in Italia uccide più della mafia. È un problema sociale enorme del nostro Paese, anche se si tratta di un fenomeno planetario. In Italia, come nel resto del mondo, tale emergenza ha radici culturali. La donna viene molte volte maltrattata, umiliata o uccisa perché considerata un oggetto di proprietà.
La parità di genere è solo una vuota enunciazione di principio. Quando una donna tronca una relazione, rischia di diventare la vittima del suo compagno o marito. Purtroppo la pandemia ha aggravato il fenomeno.
In Italia bisogna investire sulla prevenzione, protezione e punizione (in favore delle donne). Occorre potenziare i centri antiviolenza, i Servizi Sociali, le forze dell’ordine e aumentare il numero dei magistrati. E poi si deve investire sulla cultura del mondo maschile già dai banchi di scuola.
Non possiamo combattere la violenza soltanto inasprendo le pene. Purtroppo il sistema italiano è fallimentare. Sono state varate tante leggi a costo zero, senza investire sulla formazione e sui mezzi. Il 54% delle donne che sono state uccise aveva sporto denuncia contro il carnefice. Ciò significa che troppe volte la denuncia si trasforma in una condanna a morte”.
Il sindaco Lori Lightfoot di Chicago ha annunciato una partnership con Airbnb per fornire camere d’albergo a persone che hanno bisogno di fuggire da una situazione violenta. Il 2020 è stato un anno funesto, dai dati sembra che abbia raso al suolo l’amore. Disorientamento e paura in una spaventosa emergenza familiare.
La famiglia è diventato il luogo fragile dove avvengono i fatti peggiori?
“La famiglia italiana è sempre stata invidiata da tutto il mondo. Tuttavia oggi la famiglia, in Italia e altrove, non è più sempre il luogo degli affetti, ma è teatro dei fatti di sangue più orrendi”.
Essere costrette a restare a casa e a condividere costantemente lo spazio con i propri aggressori ha creato circostanze tali da compromettere ulteriormente l’incolumità delle donne, rendendo anche più difficile chiedere aiuto: non solo perché la costante presenza del partner avrebbe reso impossibile per le vittime parlare liberamente al telefono, ma anche perché le relazioni sociali venute a mancare con l’isolamento nelle case erano un fattore protettivo contro la violenza domestica.
I supporti di sicurezza sono rallentati dalla situazione pandemica ? Quanto è diventato difficile uscire dal silenzio e denunciare soprusi, violenze e discriminazioni ?
“Vivere sotto lo stesso tetto in pieno lockdown ha isolato ancora di più le vittime delle violenze intrafamiliari. È stato impossibile per molte vittime chiedere aiuto. Noi avvocati italiani, nonostante la chiusura totale dei Tribunali, abbiamo fatto la nostra parte con onore. Abbiamo risposto a tante telefonate delle vittime, le abbiamo incontrate per strada per farci raccontare tutto. Non potevamo chiamarle a casa per evitare che i loro uomini violenti potessero sentirle. L’ho scritto anche nel mio ultimo libro “La guerra dei Rossi”.
Nell’ultimo anno ho conosciuto tanto dolore”.
Il Cook Children’s Medical Center, un ospedale di Fort Worth, ha assistito a sette casi di abusi sui minori in cinque giorni a marzo, un picco che il personale medico sospettava fosse collegato allo scoppio.
Molti medici, già sopraffatti dal trattamento del coronavirus, stanno ora assistendo a un aumento dei bambini con lesioni rivelatrici dovute agli abusi. Molti abusi di solito vengono segnalati dagli insegnanti che se ne accorgono, con le restrizioni i bambini inevitabilmente sono più in casa e sono più esposti alla violenza domestica.
Un bambino non dovrebbe mai vivere simili orrori, la situazione è emergenziale e allarmante anche in Italia? Qual’è la sua esperienza?
“Purtroppo durante il pieno lockdown è aumentato a dismisura il fenomeno delle violenze assistite. Tanti bambini sono stati vittime sul piano morale. Hanno assistito alle aggressioni di un genitore a danno dell’altro. In Italia questa è ormai una emergenza. Tanti di questi ragazzi porteranno con sé le ferite nel cuore per tutta la vita. Ormai molti bambini sono in analisi, altri non riescono più a trovare serenità. Non esiste un crimine più insopportabile di questo. I genitori che si macchiano di queste nefandezze andrebbero puniti in modo severissimo.
Di storie di questo tipo io ne ho viste tante. Sono davvero preoccupato come avvocato e come genitore. Dobbiamo subito fare qualcosa per tutelare i bambini”.
“La guerra dei Rossi. Racconti di famiglie e di violenze prima e durante il Covid-19” è il suo ultimo libro: una raccolta di storie di vita forense di un avvocato che ha descritto i profondi cambiamenti culturali del nostro paese degli ultimi decenni.
È insopportabile. La violenza lo è sempre ma la violenza sulle donne ancora di più, perché rimanda a una cultura della disuguaglianza.
Sarebbe giusto dare pene più severe a chi uccide o fa del male a chi pretendeva di amare?
“Il mio ultimo libro ha riscosso un enorme successo con cinque ristampe in due mesi. Ho raccontato la violenza nella famiglia, e non soltanto quella della coppia, ma anche quella tra genitori e figli. Ho sottolineato la mia solitudine di avvocato e le mie paure quotidiane. Sarebbe giusto punire con pene severe i colpevoli. Ma ritengo che la prevenzione sia ancora più importante. Perché il codice penale interviene sempre tardi, quando ormai la tragedia si è già consumata”.
Educare i bambini al rifiuto della violenza, e della cultura della disuguaglianza e del machismo. Spiegare, e dimostrare, che una ragazza in gamba rifiuta l’idea di trovare attraente un uomo manesco o morbosamente geloso e possessivo. Che la passione non ha nulla a che vedere con la brutalità e la forza fisica. Non è per niente facile combattere la violenza, e la cultura che la genera. Vuol dire non abbassare mai la guardia della razionalità?
“Bisogna ripartire dalla scuola che deve insegnare la cultura del rispetto ai piccoli maschi e insegnare la cultura della difesa della propria dignità alle femmine.
Molte donne italiane non reagiscono alla violenza perché credono che sia fisiologica in un rapporto. E questo è un altro cancro culturale da curare”.
Il dolore, la vergogna, i percorsi di allontanamento, le consapevolezze, la forza che rema contro un destino che sembrava obbligato, i tribunali, gli assistenti sociali. Come riesce a dosare le emozioni che inevitabilmente certe storie toccano e il rigore giuridico? Qual’è il segreto?
“Non è facile occuparsi come avvocato di cuori spezzati. Per me è sempre doloroso e stressante entrare in certe vicende. L’esperienza mi aiuta, ma, per fortuna, non soffro di assuefazione a certi fatti. L’avvocato deve sempre provare sentimenti, ma deve restare freddo e trovare la strategia giusta. Non tutti sono caratterialmente predisposti ad occuparsi di queste vicende. E poi è molto importante essere aggiornati e organizzati. Un bravo avvocato può salvarti la vita, ma un pessimo avvocato peggiora la situazione”.
Ogni storia ha una sua “chiave” che la tiene inchiodata alla violenza e una che la porta a non voler più subire. Qualche volta quel maledetto meccanismo si rompe prima che sia troppo tardi. Storie quotidiane, che fanno commuovere e infuriare.
Tutto avviene nella “normalità” e nella convinzione che la violenza riguardi altri. Lei accoglie tante storie brucianti, quella della violenza è una catena che si può spezzare?
“La violenza intrafamiliare è un fatto umano e, come tutti i fatti umani, si può limitare. Ma ci vuole tanta forza e coraggio da parte di tutti. Non è facile, lo so, ma dobbiamo provarci tutti. La lotta contro la violenza di genere è un fatto culturale che riguarda tutti, non solo le donne. Noi uomini dobbiamo scendere in piazza con le donne e combattere un fenomeno che umilia tutti. Purtroppo spesso lo Stato è assente e quindi complice di questa emergenza”.
Cosa suggerisce o cosa ha già suggerito, alle vittime che stanno perdendo la straordinaria opportunità di essere donna perché prigioniere dei loro carnefici? In chi, o in cosa, spera ?
“Ho sempre suggerito alle vittime di avere il coraggio di dire “basta”! L’amore non deve mai lasciare lividi nel corpo e nel cuore. Ma ci vuole anche un sistema che poi sia in grado di proteggere le vittime. Altrimenti la mattanza non avrà mai fine. Lo scrivo da anni nei miei libri. Spero che qualcuno che comanda nel mio Paese li legga”.