L’avvento della pandemia ha stravolto la vita quotidiana, obbligando grandi e piccoli alla solitudine e all’isolamento. Meno inclini a seguire le regole, pieni di entusiasmo ed energia, è difficile tenere a freno i ragazzi, in particolare quelli che vivono nelle grandi città, circondati da innumerevoli stimoli e divertimenti. Le misure per contenere il virus hanno portato ad adattarsi ad un nuovo concetto di socialità, ma nonostante i dispositivi digitali, sostituire la dimensione corporea della relazione appare impossibile. Definiti “ribelli” o “incoscienti”, diversi sono i giovani che sentendosi come topi in trappola e impazienti di riprendere in mano le loro vite, non vogliono rimanere chiusi tra le quattro mura di casa.
Negli Stati Uniti ancora molti sottovalutano il virus, probabilmente perché l’esempio dato dal loro presidente Donald Trump non è certo dei migliori. E’ New York a dimostrarsi la città più trasgressiva. Qui la vita notturna non si è mai fermata e le feste continuano nonostante la seconda ondata. In case private sono centinaia i ragazzi che si radunano, mangiano e bevono, incuranti della pandemia, non rispettano il distanziamento sociale e ovviamente non indossano la mascherina.

Mentre la città registra una percentuale di contagi superiore al 3%, da nostre fonti sappiamo che ci sono club clandestini che organizzano mega party e che ogni sera i ventenni newyorkesi ricevono inviti dal loro network di amici. Se volessero, potrebbero trasgredire ogni giorno.
The Cut ha raccontato la “Dirty Dark Underground”, una delle tante feste illegali, organizzata nel piccolo patio sul retro di un magazzino industriale al confine tra Bushwick e Williamsburg.
Poche settimane fa, la polizia ha fatto irruzione in un club illegale di Midtown. Circa 400 ragazzi che si divertivano con alcol e musica sono stati denunciati ed arrestati. La notte di Halloween, un party illegale nel Bronx ospitava 557 ragazzi, e contemporaneamente un’altra festa con altre 387 persone si svolgeva in un magazzino di Brooklyn.
Il New York Times ha riportato che lo scorso giovedì, il “New York Young Republicans Club”, un gruppo di giovani repubblicani, ha organizzato una festa segreta, spostando il gala da New York a Jersey City, dopo che gli organizzatori hanno discusso con i funzionari della città sui regolamenti per Covid-19. L’evento è stato ospitato dal Maritime Parc, un ristorante di lusso nel Liberty State Park e la polizia di Jersey City ha chiuso il locale l’indomani mattina.

New York resta irrequieta, probabilmente perché molti dei giovani vivono da soli o con gli amici. Provengono da stati come Alabama, Florida, Kentucky in cerca di lavoro o per continuare gli studi, e non hanno legami di parentela che risvegliano in loro una certa coscienza sociale tale da indurli a rinunciare al divertimento.
Ma non si può fare di tutta un’erba un fascio e sarà forse perché l’Italia è stata la prima nazione dell’Occidente ad essere duramente colpita dalla pandemia, che al di là di qualche singolarità, e nonostante tutti gli stereotipi, la maggior parte dei giovani italiani ha capito la gravità di questo momento storico. I ragazzi si sono mostrati più disciplinati rispetto ai mesi estivi, quando ancora la seconda ondata non aveva colpito il mondo e in molti volevano credere che l’incubo fosse ormai finito. Per proteggere loro stessi e i loro cari hanno sacrificato la vita sociale, estremamente importante per la loro età, e si sono attenuti alle ordinanze restrittive emanate dal governo.
La realtà di Milano delle ultime settimane è stata forse tra quelle più dure, considerato che la città si trova in Lombardia, regione da sempre maggiormente colpita da Covid-19. Nel corso dell’ultimo mese è sembrato di tornare indietro nel tempo, e seppur con qualche piccola concessione, la regione è rientrata in zona rossa e ha vissuto un secondo vero e proprio lockdown. I ragazzi hanno tenuto un comportamento responsabile e consapevole, nessuna festa clandestina è stata organizzata e la Milano by Night, tra i più famosi ambienti modaioli d’Europa, è totalmente scomparsa. Ma come dice un detto, “quando si tira troppo la corda prima o poi si spezza”. E così, pochi giorni fa qualche giovane milanese non ce l’ha fatta più e ha risposto al richiamo di un sobrio “divertimento” e alla necessità di vivere la propria gioventù. Qualcuno violando le regole dell’attuale zona arancione, si è concesso una cena a casa dell’amico nel comune accanto, o anche all’interno dello stesso comune capitano incontri al di fuori del proprio nucleo famigliare pur sapendo che il consiglio è quello di evitare il più possibile contatti.

C’è anche chi si comporta come se nulla fosse e organizza vere e proprie feste al di fuori della legge. Il 6 dicembre, appena pochi giorni dopo l’uscita dell’ultimo DPCM del governo Conte, 63 persone tra i 23 e i 43 anni, hanno dato vita ad un mega party in una cascina a sud di Milano con alcol, droghe e musica a tutto volume. I presenti, sorpresi dalla polizia, sono stati denunciati e multati per aver violato le misure di contenimento del virus, e un 42enne è stato denunciato per spaccio. Per partecipare era stato addirittura reso disponibile un servizio di test rapidi da effettuare all’ingresso, rivelando l’ideale che in futuro, la nuova selezione alle feste post-covid non avverrà più valutando il dress code, ma risultando negativo al tampone.
Al contrario, i giovani romani hanno avuto un comportamento disciplinato e più costante nel tempo. Forse perché rientrando in zona gialla, una semi-libertà è stata loro concessa. Certo è che la movida a Roma è cambiata, e quella segreta non esiste. Esiste la movida consapevole: quella degli aperitivi a distanza di sicurezza e delle sale da tè riscoperte.
Ai giovani romani, si sa, piace “fa’ caciara”. Piace sorseggiare un bicchiere di buon vino passeggiando tra i vicoli di Trastevere, andare alle serate radical di San Lorenzo, guardare le luci della città dalla cima delle immense terrazze nascoste. Eppure quelle immagini così scottanti dei camion in uscita da Bergamo, delle terapie intensive straripanti, quella crescita esponenziale di numeri che sembrava non arrestarsi mai, hanno innescato qualcosa nella coscienza sociale delle nuove generazioni e non solo. Sono riuscite a fermare quell’irrefrenabile desiderio di uscire, di abbracciarsi, di infrangere le regole per divertirsi un po’ in compagnia.

La movida romana si è fermata. Letteralmente. Ha lasciato spazio alla paura, alla malinconia e alla consapevolezza di una situazione da toccare con cautela. I giovani romani sono stati responsabili, c’è da ammetterlo. Se tuttavia in un primo momento a farla da padrona era la paura, ad oggi qualcosa è cambiato: è tornata la speranza, la voglia di condividere, pur sempre nella consapevolezza dei limiti che questa delicata situazione ci impone.
I giovani hanno riscoperto la movida: una movida diversa, potremmo dire anomala, ma pur sempre movida. Se prima ci si incontrava di sera a Trastevere, per le vie del centro storico, nei locali chic di Ponte Milvio per bere e fare tardi fino all’alba, oggi, anche in considerazione delle restrizioni imposte, ci si vede per incontri più “sobri”. Il romano medio in tempo di pandemia rivisita una tradizione tipicamente british e si prende il tè delle 16 in qualche locale elegante e raffinato, rigorosamente in buona compagnia. Quelli più frettolosi si incontrano per un caffè dopo pranzo, dietro al bancone del bar, raccontandosi qualche aneddoto e riscoprendo il piacere della chiacchiera in compagnia, per poi rendersi conto che non andavano poi così di fretta e che, visto che probabilmente la prossima volta che rivedranno qualcuno sarà tra qualche decade, potranno anche fermarsi qualche minuto in più. I romani più sofisticati si vedono invece per il brunch, rivisitando anche qui una affermata tradizione americana, condita per lo più con bombe alla crema e maritozzi con la panna. Le signore di una certa età, che di fatto si sono rivelate essere la generazione più attiva e redditizia, hanno optato per le colazioni ai tavolini del bar: irrimediabilmente occupati dalle 9 alle 11 di mattina.
Infine occorre menzionare i nuovi ciceroni: quelli che nonostante vivano a Roma non abbiano mai girato l’angolo di casa per vedere le meraviglie della città. Ebbene, la pandemia pare aver stimolato gli interessi di tali individui che, nonostante non abbiano mai trovato il minimo interesse nei prodotti della nostra cultura, pur di uscire di casa decidono di visitare i musei o i Fori Imperiali. Che dire: i romani come al solito, pur di “fare caciara”, si sono saputi reinventare. Come sempre in maniera esemplare.