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La madre di tutte le elezioni, con l’America che vota temendo il peggio

Più che un voto tra due diverse proposte sarà un referendum sul modo in cui gli americani giudicano Trump: ma come reagiranno i perdenti?

Massimo JausbyMassimo Jaus
La madre di tutte le elezioni, con l’America che vota temendo il peggio

Un manifesto elettorale a New York in cui si fa capire come con la vittoria di Trump, la città ne soffrirebbe... (Foto di Terry W. Sanders)

Time: 4 mins read

E’ un’America in ansia quella a 48 ore dal voto. Un’America violenta e polarizzata, un’America piena di dubbi, di incertezze e di paura. Chi sarà il presidente? Cosa farà Trump se sarà sconfitto? Cosa faranno i sostenitori di Black Lives Matter se Trump dovesse vincere? Come reagiranno tutti i gruppi armati della destra se invece vincerà Biden? Si, proprio quelli di “Stay back and Stand by” corteggiati dal presidente.

Incertezze e paure alimentate anche dalla decisione di molti governatori che hanno messo in preallarme la Guardia Nazionale. Ma non solo. Le paure fanno armare gli americani. Da quando è scoppiato il coronavirus gli americani hanno comprato due milioni di pistole e fucili. Un record. Ma c’è di più. In molti Stati si può andare in giro armati senza nessun porto d’armi. Le uniche eccezioni sono le grandi città, come New York o Chicago dove è impossibile acquistare armi.  In Pennsylvania, uno degli Stati più combattuti in queste elezioni, l’unica restrizione dello Stato è quella che se una persona porta una pistola o un fucile deve avere la sua arma ben visibile. E così anche in tanti altri Stati come Michigan, Montana. In Kentucky i gruppi armati sono andati in giro per le città, hanno occupato gli uffici dello Stato, come è successo a Lansing, senza che la polizia potesse intervenire. Come è avvenuto a Kenosha dove pattuglie armate contrastavano i dimostranti di Black Lives Matter dopo il ferimento da parte della polizia di un afroamericano disarmato e nelle successive dimostrazioni uno dei miliziani ha ucciso due persone.

La preparazione dei negozi a Manhattan prima del voto (Foto di Terry W. Sanders)

A Manhattan tanti negozi della Fifth Avenue, così come nelle altre eleganti strade delle città americane, proteggono le loro vetrine con pannelli di legno, alcuni proprietari dei negozi hanno preso delle guardie private. Si temono manifestazioni di protesta, saccheggi e violenza.

Ieri in Texas un autobus della campagna elettorale di Joe Biden è stato bloccato da una cinquantina di macchine dei simpatizzanti del presidente, un “Trump Train Group”, mentre percorreva l’autotsrada che da Austin va a San Antonio. A bordo c’erano tanti collaboratori del candidato democratico che stavano andando per preparare il volantinaggio casa per casa. In serata Trump ha mandato uno dei suoi tweet in cui ha postato il video della scena delle auto che bloccavano l’autobus e ha messo sotto le immagini un “I Love Texas” che fa vergognare un Paese democratico come gli Stati Uniti. 

In tutti i sondaggi nazionali Biden è in vantaggio. Ma quella che dopodomani andrà alle urne è anche un’America che dei sondaggi, dopo l’exploit di Trump alle scorse elezioni, non si fida tanto. A dimostrarlo i quasi 100 milioni di americani che hanno già votato. Un record assoluto, un po’ dettato dal coronavirus, anche se le file per votare in anticipo sono state molto lunghe, un po’ per essere sicuri che iI loro voto conti, che la loro voce sia ascoltata. Una voce di conferma per i simpatizzanti di Trump. Una voce per il cambiamento per i sostenitori di Biden. Ma in quest’America malata e disoccupata, piagata dal coronavirus che ha ha causato quasi 250 mila morti e milioni di disoccupati, il voto è incerto.

Più che un voto per la Casa Bianca è un referendum sul modo in cui gli americani giudicano i quattro anni di presidenza di Trump, delle sue “verità alternative”, della divisione razziale provocata dal suo atteggiamento, dai suoi tweet velenosi, carichi di risentimento e rabbia. Tweet che solleticano i razzisti che ancora oggi portano livore per gli otto anni di presidenza Obama. Ma soprattutto dal modo in cui ancora a tutt’oggi il presidente minimizza questo terribile virus che ha colpito anche l’America.

Trump vs Biden (Illustration by Antonella Martino)

Due giorni fa Trump gridava in uno dei suoi comizi che i dati rilasciati dalla John Hopkins University sul numero dei morti causati dal Covid19 sono falsi “perché i medici fanno più soldi affermando che i pazienti muoiono per il virus che non per altre malattie”. Non sono bastati i 235 mila morti, i 9 milioni e mezzo di americani colpiti dal virus a fargli cambiare discorso. Solo negli ultimi due giorni ci sono stati 200 mila nuovi casi. La sua ostinazione dettata dalla paura di perdere queste elezioni continua a mettere a repentaglio la vita degli americani. Inutili tutti i suggerimenti degli esperti che per combattere il virus bisogna imporre obbligatoriamente le mascherine e la distanze di sicurezza. Trump vede questi suggerimenti come imposizioni per i suoi simpatizzanti e in un anno elettorale ha preferito cavalcare l’onda della popolarità piuttosto che quella della sicurezza. E così siamo arrivati a questo incredibile numero di contagi e di decessi. Senza calcolare che la ripresa economica, fintanto che il virus non sarà sconfitto, non ci potrà essere. 

Ed ecco che in queste incertezze tra 48 ore gli americani andranno ai seggi elettorali. Tutta la battaglia è per la conquista dei 270 voti elettorali, chi li raggiungerà sarà l’inquilino della Casa Bianca. Così negli Stati “chiave” come Pennsylvania, Florida, Michigan, Ohio, Illinois, Arizona, North Carolina, lo scontro elettorale è incandescente e questi sono Stati che nelle ultime settimane sono stati pesantemente colpiti dal coronavirus. Fare previsioni è impossibile. Resta solo da sperare nel buonsenso.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. E’ stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Sposato, 4 figli. Studia antropologia della musica alla Adelphi University.

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