L’ha detto così, il Ministro della Salute Roberto Speranza, con una sorta di scioccante nonchalance. “Ho proposto che vengano vietate tutte le feste private – ha sentenziato da Fazio a Che Tempo Che Fa – e per verificare il rispetto delle norme aumenteremo i controlli. Poi ci saranno segnalazioni”.
“Segnalazioni” di privati che telefonano ai carabinieri per denunciare il vicino di casa, colpevole di avere invitato un amico di troppo per una cena in compagnia. Rimangono in silenzio, davanti al televisore, milioni di telespettatori accorsi per ascoltare su Rai 3 cosa ne sarà del loro imminente futuro. Sono altre le parole che avrebbero voluto sentire. Invece, dalla bocca del Ministro, emerge un panorama inquietante.

Non tanto per la curiosa idea di trasformare il popolo in un omogeneo agglomerato di spie, quanto più per l’ammissione, probabilmente involontaria, di non essere in grado di gestire la situazione senza l’aiuto dei cittadini. Così, l’idea di diventare novelli James Bond si intrufola tra le case della gente. Ai vicini più astuti basterà appostarsi alla finestra nelle ore più “calde” per possibili feste e assembramenti e, al primo movimento ambiguo, iniziare ad appuntare. Numero di individui che varcano la porta, orario di ingresso, nome, cognome e identikit. Poi, via. Subito una segnalazione al comando dei carabinieri più vicino. Una società in cui il diritto alla privacy verrà celermente sostituito dal diritto al sospetto.

Dopo la frase di Speranza, subito puntualizzata dall’entourage di Palazzo Chigi che si è accorto dello scivolone, nella giornata di oggi è uscito il dcpm con il quale il governo decreta nuove misure di contenimento del virus. Conte smorza i toni e, tornando sul discorso delle feste tenute nella proprietà privata, parla di una “forte raccomandazione” a non avere più di 6 persone in casa. Il Presidente del Consiglio sa, infatti, che è la Costituzione, nell’articolo 14, a garantire l’inviolabilità del domicilio. Certo, la Carta prevede anche la possibilità di effettuare accertamenti e ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali, ma solo attraverso “leggi speciali”. Non basta quindi un intervento televisivo per decretare la fine della proprietà privata, nemmeno in tempi di pandemia.

Chi parla di dittatura sanitaria, definizione particolarmente utilizzata negli ultimi tempi, probabilmente eccede nei termini. I regimi autoritari, nella storia, sono stati tanti e di certo non hanno concesso le libertà personali di cui oggi, dopo quasi 75 anni di democrazia, possiamo disporre. Alcuni aspetti, però, ricordano a tratti le misure già viste in circostanze non lontane. In Germania dell’Est, tra gli anni ’50 e gli anni ’80, Il Ministero per la Sicurezza di Stato, meglio conosciuto come Stasi, diventò famoso per avere arruolato numerosi tedeschi per il controllo delle attività dei propri concittadini, in modo da poter impedire il sorgere di moti contro il governo autoritario. In Italia, lo stesso fece l’OVRA, la polizia segreta dell’Italia fascista, formata da un nucleo di funzionari e da una vastissima rete di informatori privati. Con l’OVRA, si diede avvio a una rete spionaggio che fece sentire continuamente scrutata anche la gente comune e che spesso portò all’invenzione di complotti e macchinazioni che si conclusero immancabilmente con l’arresto degli accusati.
Scenari apocalittici che di certo non ci riguardano, ma la storia è fatta per essere osservata e per imparare dagli errori già commessi. In buonafede, si può credere che quella di Speranza sia stato solo una gaffe, una frase detta con troppa leggerezza. Più che crederlo, forse, è meglio sperarlo. Perché, se così non fosse, ci troveremmo in una spiacevole situazione, dove ad ogni campanello suonato finirebbe per seguire un lungo brivido lungo la schiena.
“Sarà la polizia? Ah no, è solo Massimo. Dai sali, quarto piano”.