Questa volta i veneziani hanno potuto lasciare gli stivali di gomma nell’armadio. La marea si è alzata, ma l’acqua non è arrivata in Piazza San Marco. Per la prima volta dopo quarant’anni di discorsi e progetti, il MOSE è stato attivato e i risultati si sono visti.

Era il 1980 quando si iniziò a sentire questa sigla. Al Ministero dei lavori pubblici sedeva Franco Nicolazzi, quel socialista che cinque anni dopo divenne segretario del partito. Nicolazzi incaricò un gruppo di esperti di redigere un progetto che descrivesse l’insieme di opere pensate per la difesa della laguna di Venezia dall’acqua alta. E loro pensarono al MOSE, il Modulo Sperimentale Elettromeccanico, un sistema di dighe mobili formato da quattro barriere. Le barriere, a loro volta, sono composte da 78 paratoie, che vengono attivate attraverso l’immissione e l’espulsione di acqua e aria.
Si è dovuto aspettare fino al 3 ottobre 2020, ma alla fine il progetto ha preso vita. Nel mezzo, un’inchiesta anticorruzione nel 2014 che ha portato 35 arresti e 100 indagati, con il coinvolgimento di nomi di spicco della politica e degli enti pubblici. Le accuse? Fondi neri, tangenti e false fatturazioni.
Così le paratoie si sono sollevate e hanno lasciato Venezia all’asciutto. Ne è seguito un grande dibattito, tra esultanze sproporzionate e attacchi senza fondamento. Una reazione all’italiana, verrebbe da dire. L’opera è talmente importante da aver portato persino il New York Times ad occuparsene, nella giornata di oggi. La verità è che la prova è stata un successo, ma attenzione a basarsi solo su quella per giudicare la buona riuscita dell’opera. Per valutarla sarà necessario tempo e pazienza, perché ieri, in fin dei conti, è stata una giornata semplice da gestire.
Il traffico di navi che normalmente invade la laguna era inesistente e il vento è stato di soli 33 km/h, contro i 65 delle previsioni. Ci si aspettavano onde al largo alte 7 metri e invece sono arrivate soltanto a un metro e mezzo. Insomma, il MOSE ha fatto il suo lavoro, ma prima di dare un giudizio definitivo conviene aspettare momenti in cui le condizioni saranno più critiche.

Attenzione, in ogni caso, anche alle critiche affrettate. Il MOSE è creato per resistere a maree fino a 3 metri, ma ha un livello di attivazione che in molti hanno definito essere troppo alto. 110 centimetri: al di sotto, la barriera non si alza. Piazza San Marco, in linea di massima, inizia ad allagarsi quando il mare raggiunge il metro e infatti oggi, con un’altezza arrivata intorno ai 106 centimetri, l’acqua è entrata dalla porta principale. Non di certo un evento dalle dimensioni preoccupanti, ma un piccolo allagamento c’è stato.

In ogni caso l’opera, indipendentemente dai pareri, è di importanza fondamentale. Con il passare degli anni, il livello del mare si innalzerà. Lo dicono gli scienziati. Uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e della Radboud Universiteit dei Paesi Bassi ha stimato un aumento del livello medio nella laguna di Venezia di circa 82 centimetri entro la fine del secolo. Perciò il MOSE serve, guai a denigrarlo o a mettere, prima della sua utilità, gli scandali giudiziari che ne hanno segnato la nascita. Lo ha scritto anche Giuseppe Conte. “In un Paese lungimirante – ha commentato il Premier – un’opera di altissima ingegneria che non ha eguali nel mondo realizzata per il 95%, anche se fortemente criticata e costata tantissimo, si completa. Così è stato, così abbiamo fatto. Nonostante gli sprechi, gli scandali e gli episodi di corruzione che ne hanno accompagnato la realizzazione. Confidiamo che il Mose possa funzionare sempre. Abbiamo l’imperativo di proteggere la città, i suoi abitanti, i tanti turisti e le sue inestimabili bellezze”.
Venezia ora ha un muro giallo che la protegge dall’irruenza del mare. L’Italia ha un motivo in più per tirare un forte sospiro di sollievo.