Genova, Sarno, Messina, ancora Genova. Le tragedie in Italia legate alla pessima gestione del territorio si ripetono ad ogni stagione, e non sembrano insegnare nulla. Nel 2014, da noi, la pioggia fa sempre paura.
Beppe Grillo, comico genovese leader del Movimento Cinque Stelle, sarà anche stato contestato quando, in visita nella sua città, ha fatto il giro dei quartieri sommersi ancora dall'acqua, con centinaia di volontari impegnati ormai da una settimana a spalare il fango da case e negozi. Nessuno però ha fatto notare la macroscopica contraddizione del presidente del consiglio, Matteo Renzi, ha promesso aiuti, dato solidarietà, e non si è sottratto al protocollo istituzionale di frasi fatte: “È l’ultima volta…”, “Individueremo i responsabili”, “Lo Stato farà la sua parte”, eccetera… Mentre dall’altro lato, Renzi è fautore di quel decreto chiamato Sblocca Italia che ha cominciato proprio in questi giorni il suo cammino di conversione in legge in Parlamento. È stata una delle poche cose concrete realizzate da un governo molto “whatsapp”, legato agli annunci, alla comunicazione sui social, ma con poche riforme concrete. Ed è un decreto che, di fatto, abolisce quelle procedure di controllo che eviterebbero il ripetersi di fatti come quello di Genova. Con lo Sblocca Italia – l’alibi è quello di liberare le imprese dalle pastoie della burocrazia – gli strumenti urbanistici delle città vengono sospesi, si reintroduce la regola del silenzio-assenso di fronte a qualsiasi progetto, vengono sospesi i processi di controllo del territorio da parte degli enti locali. Dodici associazioni ambientaliste italiane (Italia Nostra, WWF, Greenpeace, Legambiente, eccetera) hanno definito in un documento comune “inaccettabile” il contenuto del decreto “per gli effetti devastanti che si prospettano per il territorio”. Si continua a vedere “nella cementificazione, nelle infrastrutture e nello sfruttamento delle risorse ambientali il solo motore di sviluppo della Nazione”. A parole, dunque, i governi italiani che si succedono nel tempo dichiarano che la vera emergenza italiana è la sicurezza del territorio, nei fatti, però, tolgono sempre più strumenti di controllo per evitare l’impatto disastroso di grandi opere e speculazioni edilizie.
La sicurezza del territorio è un’emergenza nazionale. E lo è anche la corruzione, come vado ripetendo da tempo, vero e proprio reato cardine della nuova forma di criminalità organizzata che io chiamo Cosa Grigia. I due temi sono strettamente collegati e spiego il perchè: in Italia ormai ci sono due tipi di corruzione. Una, diciamo, classica: l’infrazione delle regole. E una, invece, moderna, contemporanea, che secondo me è il vero nodo da affrontare nel contesto della lotta alla nuova criminalità organizzata: la corruzione delle regole stesse. Si è passati cioè da un sistema in cui venivano violate le regole, ad un altro in cui vengono cambiate le regole stesse, per fare diventare legale ciò che prima non lo era. In campo urbanistico ciò è palese.
Un decreto come lo Sblocca Italia è una manna, purtroppo, per coloro che continuano a fare affari sulle spalle del territorio, perché rende più semplici le speculazioni, cancella gli “abusi” (non possono più essere chiamati così… tutto è legale…), riduce al minimo i controlli.
E a proposito di controlli, il contrasto alle nuove mafie, quelle che fanno leva sulla corruzione delle regole, è depotenziato. Perché mentre la corruzione in senso stretto è materia da magistrati, quando si corrompono le regole, le si cambiano, la magistratura è fuori causa, dato che non c’è alcun illecito, ma sono le leggi stesse ad essere corrotte, cioè scritte perché solo alcuni ne traggano vantaggio a scapito di tutti.
Spostandoci da Genova – e anche per fare capire come il problema della criminalità oggi non è più solo meridionale, ma riguarda l’Italia tutta – una caso interessante è quello del MOSE di Venezia. Il Mose è un acronimo (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico) èd è una delle grandi opere più travagliate, complesse e contestate d’Italia. Per farla in maniera semplice, il MOSE dovrebbe difendere Venezia dall’acqua alta con delle paratoie mobili al largo. Il costo è oltre i cinque miliardi di euro.
L’esecuzione dei lavori è affidata al Consorzio Venezia Nuova che opera per conto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Magistrato alle Acque di Venezia. La realizzazione dell’opera è stata avviata nel 2003 contemporaneamente alle tre bocche di porto lagunari e ha raggiunto un avanzamento pari a circa l'80%.
Il 4 giugno 2014, nell'ambito di un'inchiesta anticorruzione da parte della magistratura italiana, sono scattati 35 arresti e 100 indagati eccellenti tra politici di primo piano e funzionari pubblici, per reati contestati quali creazione di fondi neri, tangenti e false fatturazioni. Insomma, Cosa Grigia all’opera.
Quello che qui mi interessa notare è che del MOSE si comincia a parlare negli anni ‘80. Nel 1982 nasce il Consorzio Venezia Nuova, quello che lo sta realizzando. E proprio nel 1982 il Magistrato delle Acque di Venezia (che è l’organo operativo del Ministero delle Infrastrutture in laguna) che fa? Dà al Consorzio in concessione studi, sperimentazioni, controlli. Ma come? Si possono affidare dei lavori di controllo preliminare per un’opera così imponente ad un consorzio che poi deve realizzare l’opera? No. Non è legale. E allora Governo e Parlamento intervengono per… cambiare la legge. E si dà la possibilità di “affidare a un soggetto unico gli studi, la progettazione e le opere per la salvaguardia lagunare in deroga alla legislazione sui lavori pubblici”. Ecco fatto. Ecco: un soggetto unico che, senza gara, progetta un’opera, fa gli studi, la realizza.
E Venezia diventa città di grandi affari, che riguardano destra e sinistra, imprenditori, lobbisti, appaltatori, clientes, fino agli arresti dello scorso giugno. E il meccanismo ormai si ripete: per le grandi opere, per la ricostruzione post terremoto, per i mega eventi. Fino a diventare ordinario, quotidiano: niente più controlli, fate come volete, è tutto legale. E pazienza se magari piove e crolla tutto, si può ricostruire e c'è lavoro per tutti. E poi, come cantava Jannacci, ci vuole poco per essere felici: "E la vita, la vita, e la vita l'è bela, l'è bela, basta avere l'ombrela, l'ombrela ti ripara la testa, sembra un giorno di festa".