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October 1, 2020
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Trump, tutto come previsto… Ma come ha fatto l’America a trovarsi al punto in cui è?

Il fideismo trumpista, ormai così radicato, andrebbe indagato e spiegato meglio. Gli USA, sempre più polarizzati, si sono trasformati nei valori etici costitutivi

Valter VecelliobyValter Vecellio
Perché Trump, sull’immigrazione, ha ragione (con buona pace degli hipster)

Donald Trump (by Antonio Giambanco/VNY).

Time: 3 mins read

Scontati, al limite del banale, i commenti a margine del dibattito tra il presidente uscente degli Stati Uniti, Donald Trump e lo sfidante Joe Biden. Copione prevedibile, già scritto prima di andare in scena. C’è voluto del buono, perché alla fine sbottasse nell’ormai virale “Will You Shut Up Man?”, “Perché non stai un po’ zitto?”.  Trump è un rottweiler che azzanna senza guardare in faccia a nessuno, disposto a tutto pur di conquistare un secondo mandato. Biden è un incolore “impiegato” della politica “tradizionale” e con poco o nulla appeal. Non si sapeva? Ma sì, si sapeva.    

Quello andato in scena a Cleveland è stato certamente uno scontro caratterizzato da una quantità di colpi inferti ben al di sotto della cintura. “Non si può fare una rivoluzione portando i guanti di seta” insegna Stalin; Mao a suo tempo ci avvertiva che “La rivoluzione non è un pranzo di gala”. Stessa cosa si può dire per lo scranno allo studio ovale al 1600 di Pennsylvania Avenue a Washington.

La scelta, come quasi sempre accade, non è tra chi si preferisce e chi si detesta, ma tra quello che è il male minore. Si può, si deve “sognare”; ma al tempo stesso occorre anche essere realisti.

Uno dei momenti del dibattito tra Trump e Biden

La riflessione che varrebbe la pena di fare non è sull’arroganza sguaiata di esibita da Trump, il grigiore soporifero di Biden. Meglio sarebbe cercare di capire come mai gli Stati Uniti si trovano al punto in cui sono giunti: spaccati come due spicchi di mela. Un tempo si parlava di american way of life: il sogno americano era la casa in cima alla collina. I candidati, democratici o repubblicani, lusingavano l’americano medio; le campagne elettorali seguivano schemi collaudati: progressivamente convergevano verso il “centro”.

Molto è cambiato, in entrambi i campi. In quello repubblicano già al tempo di George W.Bush: quando un’importanza decisiva viene assunta dai tea party: movimenti ultra-conservatori, ortodossi, ben organizzati: progressivamente hanno snaturato il Grand Old Party di Abraham Lincoln, Theodore Roosevelt e Ronald Reagan; E ora Trump, che disgusta perfino repubblicani storici come i Bush, Romney o la vedova di John McCain, Cindy.

In molti casi, “i panni sporchi” dei presidenti si sono conosciuti “dopo” la loro elezione. Nel caso di Trump, era conosciuto “prima”: il suo stile, il modo di fare affari, la sua visione della vita… Nonostante ciò metà degli americani lo hanno eletto presidente; ancora oggi, nonostante le mille “rivelazioni”, è pronta a votarlo.

Questo fideismo, perché così radicato, andrebbe indagato e spiegato. Perché è potuto accadere che in Michigan, manifestanti armati che protestavano contro il lockdown, sono entrati nel Campidoglio dello Stato, minacciando la governatrice Gretchen Whitmer.

Anche il Partito Democratico di Woodrow Wilson e Franklin D. Roosevelt (e poi, di John F. Kennedy, Bill Clinton, Barack Obama), cambia vistosamente pelle.

C’è stato un tempo che un candidato, Gary Hart, è stato costretto a rinunciare alla corsa presidenziale, perché “scoperto” con una modella seduta sulle sue ginocchia. Oggi pochi si sono scandalizzati per la candidatura di Pete Buttigieg: omosessuale dichiarato, e regolarmente sposato con un uomo. Non c’è solo l’“estremista” e fino a ieri mosca bianca Bernie Sanders. Sulla scena politica si è affacciata Alexandra Ocasio-Cortez, agguerrita e affilata, come si è ben reso il repubblicano Ted Yoho, quando incautamente si è abbandonato a volgari riferimenti sessuali sul suo conto.

Joe Biden e Kamala Harris nell’illustrazione di Antonella Martino

Se dovesse vincere Biden, la maggioranza degli elettori americani dimostrerebbe anche che gli Stati Uniti sono pronti a eleggere, forse, una donna. Biden, come sua vice ha scelto Kamala Harris. Se gli attuali sondaggi dovessero essere confermati, dopo il primo mandato presidenziale, Biden a causa dell’avanzata età, quasi certamente lascerà il “testimone” alla sua vice.

Dopo la “rivoluzione” Obama (presidente nero degli Stati Uniti per due mandati), forse, toccherà. per la prima volta, una donna (anche lei non bianca).

Una società sempre più polarizzata; che si è evoluta o involuta (e comunque trasformata); valori costitutivi, etici mutati, comunque diversamente percepiti. Il “sogno” che per tanti è diventa un incubo (dell’altro giorno la notizia che la Disney ha tagliato 28mila posti di lavoro). Se si guarda dietro il palco del dibattito di Cleveland, c’è questa America: confusa, frastornata, impaurita, inquieta, divisa, contraddittoria. Trump e Biden sono il sintomo, non la causa. Per inciso: questa trasformazione non vale solo per gli Stati Uniti; anche nei “giardini” di casa nostra, accade qualcosa di simile…     

     

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Valter Vecellio

Valter Vecellio

Nato a Tripoli di Libia, di cui ho vago ricordo e nessun rimpianto, da sempre ho voluto cercare storie e sono stato fortunato: da quarant'anni mi pagano per incontrare persone, ascoltarle, raccontare quello che vedo e imparo. Doppiamente fortunato: in Rai (sono vice-caporedattore Tg2) e sui giornali, ho sempre detto e scritto quello che volevo dire e scrivere. Di molte cose sono orgoglioso: l'amicizia con Leonardo Sciascia, l'esser radicale da quando avevo i calzoni corti e aver qualche merito nella conquista di molti diritti civili; di amare il cinema al punto da sorbirmi indigeribili "polpettoni"; delle mie collezioni di fumetti; di aver diretto il settimanale satirico Il Male e per questo esser finito in galera... Avrò scritto diecimila articoli, una decina di libri, un migliaio di servizi TV. Non ne rinnego nessuno e ancora non mi sono stancato. Ve l'ho detto: sono fortunato.

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