Dopo il bando ai voli dall’Europa e la sospensione del rilascio delle green card (il permesso di soggiorno permanente), Donald Trump continua a sfruttare la pandemia per annunciare nuove restrizioni al sistema di immigrazione.
“Proclama a sospensione dell’ingresso di stranieri che presentano un rischio per il mercato del lavoro americano a causa della pandemia di coronavirus” è il titolo sensazionalista dell’ultimo attacco presidenziale, in vigore da lunedì 22 giugno e valido almeno fino al 31 dicembre 2020.
È passata meno di una settimana dalla sentenza della Corte Suprema che si è pronunciata contro la cancellazione del DACA, il programma dell’era Obama che ha protetto dalla deportazione oltre 700mila giovani immigrati arrivati nel Paese prima dei sedici anni.
Smaltita la sconfitta, Trump non sembra demordere: ad essere coinvolti dalle politiche xenofobe dell’amministrazione questa volta sono i visti di lavoro H-1B, H-2B, L, alcune categorie di J e rispettivi familiari.
“Gli americani competono con gli stranieri in ogni settore dell’economia”, recita l’ordine del Presidente. “Alla luce delle circostanze economiche create dalla pandemia di COVID-19, certe categorie di visto che offrono il permesso di lavoro pongono una minaccia inusuale all’assunzione di lavoratori americani”.
In base alle regole introdotte, le limitazioni non si applicheranno agli individui già regolarmente presenti nel Paese; ai coniugi e ai figli di cittadini americani; agli stranieri impiegati nelle industrie di approvvigionamento alimentare e alle persone il cui arrivo sia considerato nell’interesse nazionale.
Fino alla fine dell’anno, non saranno invece processate le richieste per altamente qualificati (H-1B), stagionali (H-2B), tirocinanti, insegnanti, ragazze alle pari (J), trasferimenti all’interno di un’azienda (L) e per qualsiasi dipendente al loro seguito.
Con i contagi in crescita in 22 stati e in assenza di chiare indicazioni federali sul contrasto al Coronavirus, la disastrosa gestione dell’emergenza ha provocato più di 45 milioni di disoccupati da metà marzo. Molti esperti hanno sottolineato però che la maggior parte dei posti di lavoro bruciati dalla crisi non sono quelli in cui si concentrano gli stranieri penalizzati dal provvedimento.
Dall’altra parte dell’oceano, secondo le fonti del New York Times l’Unione Europea si starebbe preparando a escludere i cittadini americani dalla lista dei viaggiatori ammessi dopo il primo luglio. Le proposte in discussione valutano che la minaccia del COVID-19 non è ancora sotto controllo negli Stati Uniti. Una decisione finale è attesa entro la prossima settimana.