Disgusto. Eppure avevo offerto a questa amministrazione una possibilità, una chance di mostrare di cosa era capace in un momento di crisi. Perché quando tutto va bene sono bravi tutti, soprattutto con una squadra alle spalle che non manca di certo al presidente degli Stati Uniti. Allo scoppio della pandemia, dopo l’iniziale negazionismo, ho dato una possibilità a questo presidente, ho ascoltato le conferenze stampa, ho atteso. Ma lo sconforto è iniziato ad impadronirsi di me. Sempre più inadeguato, sempre aggressivo con i cronisti, sempre lamentoso, sempre a cercare di incolpare altri, sempre a reagire scompostamente, come un bambino offeso quando gli si ponevano domande sgradite.
Quello sconforto è diventato angoscia, rabbia e indignazione ieri, dopo una settimana in cui questa nazione è in subbuglio, con manifestazioni in tantissime città, dovute all’indegno spettacolo di un omicidio perpetrato dalle forze dell’ordine. Forze di polizia che dovrebbero proteggerci, che indossano una divisa per difendere i cittadini, tutti, e che invece abusano costantemente del loro potere. Quel video, dove in quattro (perché sono tutti e quattro colpevoli), lasciano che un uomo muoia soffocato per ben 9 minuti, sotto gli occhi sconcertati di tutti i passanti, perpetrando un’ esecuzione di piazza spaventosa ed insensata, che mostra quanto ai loro occhi non valiamo nulla, quanto si sentano al di sopra delle leggi degli uomini, intoccabili.
E nel mezzo di una crisi nera, che sa di guerra civile, il presidente cosa fa?
Un discorso dove minaccia l’uso dell’esercito contro i manifestanti, dove usa il termine “dominare” le strade, lui vuole “dominare” le città, inviare l’esercito, perché lui é un uomo forte, lui è l’incarnazione dei principi di “law and order” e di repressione civile, lui non è come quei mollaccioni di sindaci e governatori democratici, che si limitano a sparare pallottole di gomma ogni tanto e permettono che le loro città subiscano distruzioni. Invece di dimostrare solidarietà con sindaci e amministratori (dimenticando che anche in stati repubblicani accadono le stesse cose) li insulta, come è solito fare.
Ma fa ancora di più. Perché al peggio non c’è mai fine. Dopo aver lanciato queste parole di sfida in un momento di disperazione e rabbia civile, ordina alla polizia di sparare gas lacrimogeno sui pacifici manifestanti che si trovavano a camminare dall’altra parte del giardino che li separa dalla Casa Bianca.
La polizia li disperde con gas, spray al peperoncino, cavalli che travolgono persone. Per quale motivo? Perché lui si vuole fare una bella foto. Una foto davanti alla Chiesa di St. John’s, chiesa protestante episcopale, dove i presidenti solitamente si recano in varie occasioni. Una foto dove brandisce una Bibbia, un’altra dove appare con il suo staff, tutti bianchi, tutti uomini tranne una donna. Un’immagine ancora più divisiva, lacerante: una Bibbia brandita per dimostrare che in America è benvenuta la religione cristiana, protestante e che comandano i bianchi, che sono loro ad esercitare la forza, il potere e il “dominio”.
Il pastore della Chiesa, una donna, Marianne E. Barre, sta ribollendo dalla rabbia quando parla di ciò che è avvenuto. A stento trattiene le lacrime:
“Il presidente non è entrato in chiesa, non ha pregato, non ha neanche menzionato George Floyd, non ha menzionato l’agonia della gente che è stata vittima di razzismo e supremazia bianca da centinaia di secoli… Sono il vescovo della diocesi episcopale di Washington e nessuno mi ha chiamato, né avvertito che avrebbero usato il gas lacrimogeno per sgombrare la strada e farsi una foto davanti alla nostra chiesa, solo per propaganda… Dio è amore, ma tutto ciò il presidente ha detto invece infiamma la violenza, abbiamo bisogno di leadership morale, di unità e di fratellanza”.
Alla sua voce si aggiunge quella del reverendo Robert W. Fisher, rettore della chiesa, che esprime sconcerto e rabbia, per l’oltraggiosa ed offensiva manipolazione politica della loro comunità religiosa e di un simbolo religioso.
Questo pallido leader senza leadership attacca perché non ha argomentazioni, l’insulto è l’arma di chi non possiede altro. L’insulto e il continuo tentativo di delegittimazione dell’avversario mediante nomignoli e accuse infondate non fa che mostrare debolezza, insicurezza, inadeguatezza. Un leader forte non ha bisogno di questi mezzucci per affermarsi, contano i fatti, non le parole.
Non serve creare fantomatici “Obamagate”, perché così non mostra altro che l’invidia feroce che prova verso un vero presidente, un presidente che sapeva parlare a tutti, unire e conciliare. Queste sono le capacità di un leader: offrire una visione del futuro per tutti, infiammare gli animi di passione, non di violenza, parlare a tutte le comunità, di ogni cultura e provenienza.
L’America è multirazziale e multiculturale, come ricordava anche il repubblicano Ronald Reagan, che nel suo ultimo discorso ringraziò gli immigrati e ne sottolineò l’importanza per un paese aperto ed accogliente come gli Stati Uniti. Questa è la forza di questo paese e non capirlo vuol dire semplicemente distruggerlo dalle fondamenta. Per questo anche molti repubblicani stanno abbandonando Trump e hanno fondato il Lincoln Project, che critica fortemente una leadership autodistruttiva e socialmente irresponsabile.

Questo è un paese che non è più accogliente. L’America di Trump accoglie e legittimizza solo i cristiani, bianchi, possessori di armi.
La vera leadership è quella della sindaca di Atlanta, Keisha Lance Bottoms, che chiede alla sua comunità di non scendere nelle strade a distruggere negozi ma di lottare insieme perché cambi la cultura del paese. La leadership è quella di uno dei fratelli di Floyd, che ieri ha parlato alla sua comunità di Minneapolis chiedendo di sopire le proteste e di informarsi, di educarsi, di andare a votare, dalle elezioni amministrative a quelle nazionali, di recarsi a votare per cambiare le cose.
Anche il candidato dei democratici, l’ex vicepresidente Joe Biden, oggi ha rilasciato dichiarazioni di forte dissenso su ciò che ha fatto Trump e sulla sua leadership:
“Trump è interessato più al potere che ai principi. Un presidente ha il dovere di prendersi cura di tutti, non solo dei suoi sostenitori, ma di tutti i cittadini… Trump quella Bibbia dovrebbe aprirla, perché dentro ci sono messaggi di amore, dovrebbe leggerla invece di brandirla… Questo è un presidente che ordina di gettare gas lacrimogeno e granate su manifestanti pacifici per farsi una foto”.
Biden inoltre condanna le violenze, i saccheggi e le distruzioni, ma dice di sostenere e comprendere la frustrazione di una comunità che “ha da secoli un ginocchio sul collo” e che vuole essere ascoltata, perché il tempo delle riforme non finisce mai.
A novembre tutto questo potrà cambiare, ed è l’unica speranza per la salvezza di questo paese dilaniato dalla rabbia, avviato altrimenti alla lenta ed incessante cancellazione di diritti civili, ad una ancora maggiore disparità sociale e a tensioni che potrebbero essere fatali per la tenuta democratica.