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April 6, 2020
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Covid-19: no, non andrà tutto bene, non si tornerà come prima. Già, speriamo…

Il direttore mi chiede se in Italia ci sia un po' di ottimismo.... Eppure un giorno canteremo "eh già, sembrava la fine del mondo, ma sono ancora qua"

Valter VecelliobyValter Vecellio
Covid-19: no, non andrà tutto bene, non si tornerà come prima. Già, speriamo…

"Zero Distance: Summer 2020". By Flavio Bragaloni

Time: 7 mins read

Caro Lettore, il direttore della Voce di New York mi chiede e provo a scrivere qualcosa sulla “forza dell’Italia, e sul fatto che corre voce che ci sia un po’ più di ottimismo sull’evoluzione delle cose…”.

In effetti capitava di transitare per strada: un tripudio, sui balconi e appesi alle finestre, di lenzuoli con disegnini di soli e altri simboli colorati, e la scritta. “Andrà tutto bene”. C’erano già i primi morti. Gli ospedali della Lombardia e del Veneto dei lazzaretti con medici e infermieri che – mandati allo sbaraglio – facevano quello che potevano, cioè molto poco: neppure le più elementari protezioni per loro, figuriamoci i malati… Dalla Cina, televisioni e radio rassicuranti bollettini: sulla base di informazioni diffuse dal regime, e non verificate. Quelli che ci avevano provato, prontamente cacciati, espulsi.  La “leggerezza”, dovuta a letterale ignoranza, la respiravi, assieme al virus. Poi, il brusco risveglio: finalmente l’abbiamo capito che non sarebbe andato tutto bene. Molti di quei lenzuoli sono stati opportunamente ritirati.

Abbiamo cominciato a cantare, per darci coraggio? In fin dei conti siamo pur sempre un paese che ama la retorica (siamo, tra le mille cose buone, straordinarie, anche il paese di Pietro Mascagni e della “Cavalleria rusticana”); pochissimi credo, conoscono fino in fondo “Fratelli d’Italia” (“… Son giunchi che piegano / le spade vendute / già l’Aquila d’Austria / le penne ha perdute / Il sangue d’Italia / il sangue Polacco / Bevé, col cosacco / ma il cor le bruciò…”); e ancor meno chi sia stato il suo autore e cos’abbia fato Goffredo Mameli, dove e in che occasione sia morto. Comunque si cantava, qualcuno come in America, la mano sul cuore; e poi Luciano Pavarotti, il “Vincerò…” della pucciniana “Turandot”…

Qualcosa si è cominciato a comprendere quando è scattato il divieto di uscire di casa se non per le emergenze. Da quando si è agli “arresti domiciliari”, ci si è scoperti tutti sportivi. Prima anche per fare duecento metri l’automobile; ora tutti a praticare jogging e a volersi mantenere in forma. Ottima cosa, chissà se durerà. Poveri cani, poi: in continuazione li si porta a fare i loro bisogni, anche se non te lo chiedono; prima dovevano essere loro, a pregarti di portarli ai giardinetti, con lunghi e penosi guaiti…Chissà se si continuerà a lavarci le mani ogni volta che si entra in casa, e ci leveremo le scarpe… chissà se continueremo a leggere libri, come molti dicono di fare. Sarà servito a qualcosa, questo “Carogna-virus”. Una cosa non abbiamo perso: l’abitudine della burocrazia più miope; in una settimana qualcuno ha concepito quattro diversi moduli di auto-certificazione da esibire quando un qualcuno in divisa ti chiede dove vai: sotto nostra responsabilità si scrive che si va a far la spesa, o in farmacia, o a un lavoro di prima e assoluta necessità. Tutto si verbalizza poi, forse, si verificherà; e se si dice il falso ci sarà la multa. Lo si poteva fare senza pezzo di carta, ma vuoi mettere, avere un modulo in tasca da esibire e far vistare? Da qualche parte a Torino hanno fatto la multa a un tale che aveva comperato quattro bottiglie di vino. Non era una spesa sufficiente. Poi c’è la questione delle mascherine. Non si trovano; quelle che si trovano si pagano a peso d’oro. Idem per i guanti. Idem per i saponi disinfettanti. Alcune regioni rendono obbligatorio l’uso delle mascherine. E se non si trovano? Allora una sciarpa, un foulard, un qualcosa che copra bocca e naso. Bisogna star distanti un metro dall’altro. I minori li si può portare a spasso per mezz’ora, a patto che si faccia il giro dell’isolato, duecento metri, non uno di più. Un genitore a turno, li deve accompagnare. Il “minore” è tale fino a quando non ha compiuto i 18 anni, genitori e figli ora ritrovano il piacere di stare insieme, e li vedi passeggiare; però due fidanzati, quelli no. La butto a ridere, caro lettore, ma hanno ragione: è necessario evitare i contatti fisici per quanto possibile, visto come il virus, subdolamente, si insinua e propaga.

Gli ultimi dati sulla diffusione del coronavirus in Italia forniti dalla Protezione Civile

Questa emergenza ha messo in evidenza la fragilità di un sistema di cui si era tutto sommato consapevoli, ma si confidava nello “stellone” e nella inesauribile fede nella capacità di cavarcela, se non per merito, per fortuna. Ecco: ci si sta sbattendo il grugno, in modo sonoro e doloroso. Ora che affacciati al balcone di casa, mentre si prende una briciola di sole e si legge distratti, si sente lacerante il rumore di una ambulanza e difficilmente è una donna che va a partorire; ora che senti sulla testa il rumore delle pale di un elicottero che sorveglia dall’alto se vi sono assembramenti da qualche parte. Ora che ti vengono in mente scolastiche reminiscenze: il vecchio protofisico Lodovico Settala dei “Promessi sposi” di Alessandro Manzoni: avverte della gravità della peste, lo si sbeffeggia; e i milanesi sciagurati convincono il cardinale Federigo a organizzare una processione in onore di San Carlo perché li salvi dalla peste. Il risultato è il dilagare dell’epidemia. Oggi c’è un tipo, che invoca le chiese aperte per la Pasqua. Si sostituisce addirittura al Pontefice, gli effetti dell’estivo mojito non sono ancora smaltiti… Ti ricordi della Peste di Albert Camus, quell’avvertimento: “L’uomo onesto è colui che non infetta nessuno, è colui che ha distrazioni il meno possibile”. Ti ricordi che già al principio di gennaio c’era chi, sapendo, ti aveva avvertito che in Cina un nuovo virus pericoloso faceva strage. Ti ricordi di un vecchio detto che hai sentito in Sicilia per altre situazioni: “Parla chi non sa, chi sa non parla”. Ma questo credo capiti in tutte le televisioni e radio del mondo. Esperti del nulla, filosofi ai quattro formaggi, sproloquiano a un tanto al chilo.

Ti ricordi che molti parlavano di una influenza un poco più cattiva; e ora lo sai che non si possono fare previsioni, e chi le fa azzarda, inganna. Ne sappiamo ancora troppo poco. Non sappiamo se con la bella stagione, si trasmetterà di meno il contagio. Sappiamo che si devono osservare delle regole, e solo così facendo si guadagnerà quel tempo necessario per avere un vaccino; e che una volta avutolo, comunque occorrerà del tempo per produrlo massicciamente, e vaccinarci; sperando che non ci siano più voci irresponsabili che ne propagandano l’inutilità e la dannosità, che anche – perfino – i no vax imparino la lezione.

Gli italiani sulla loro pelle stanno verificando ogni giorno che “non andrà tutto bene”. Oltre 15mila i decessi ufficiali; altri che non sono parte di questa macabra contabilità ci saranno senz’altro. I guariti comunque avranno per tutto il tempo che a loro resta, danni irreversibili ai polmoni e in altri organi. Quanto all’economia, si sprofonderà in una crisi che chiederà enormi sacrifici, una straordinaria forza di volontà e fantasia, determinazione, coraggio, consapevolezza, per rimettersi in piedi. Sarà anche quella una dura, spietata selezione. Hai voglia di dire che “nessuno sarà lasciato indietro”.

Si sta imparando a nostre spese quello che l’Associazione anestesisti e rianimatori ospedalieri italiani da tempo dice: le postazioni delle terapie intensive sono troppo poche: “Mancano oltre 3.500 anestesisti rianimatori”. Ce l’hanno detto in tutti i modi. “Di fronte a una crisi sanitaria, il sistema collassa”.

Ce l’hanno detto, pensate, nel novembre 2011, all’epoca a palazzo Chigi c’era il senatore Mario Monti, neo presidente del Consiglio. Abituato a bocconiane lezioni dove tutto ha, alla fine, una soluzione “tecnica”, vengono varati i risparmi lineari sulla sanità. E certo, quel mondo fino a quel giorno era un pozzo di San Patrizio di speculazioni, sperperi, abusi, guadagni illeciti. Però in un solo anno la “cura” stronca il cavallo più resistente: 6,8 miliardi di tagli; blocco totale del turnover per i dipendenti del settore; taglio di 27mila posti letto negli ospedali. Una “politica” che prosegue negli anni. Nell’ultimo decennio il Servizio Sanitario Nazionale patisce mancati incrementi di pubblico finanziamento per 37 miliardi. Sono mancati 25 miliardi di copertura tra il 2011 e il 2015 grazie alle “politiche” di Monti e poi di Enrico Letta e di Matteo Renzi; altri 12 miliardi tagliati tra il 2015 e il 2019, razionalizzazioni di spesa imposte dall’Europa governi Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte. In Italia ci sono 5.285 letti di terapia intensiva. Ne servirebbero almeno il doppio. Questa pessima politica cominciata con il governo Monti ha stroncato la sanità pubblica. I tecnici dell’economia vivono di formule ed equazioni; sono dei marziani, rispetto ai problemi reali del Paese, la quotidianità vissuta dalla gente. Non basta indossare un loden. Con i tagli patiti dagli ospedali, lo standard massimo è stato di 3,7 letti ogni mille abitanti, e in questo 3,7 si devono comprendere anche le riabilitazioni e lungodegenze. In cifre più comprensibili, il taglio è stato di 26.708 posti in un colpo solo. Oggi i posti letto sono scesi a 192mila. Significa 3,2 posti letto per mille abitanti. Oggi gli specialisti nella sanità pubblica sono 105mila; nel 2010 erano 125mila. L’età media: 55 anni; si prevede che da oggi al 2021 20mila medici andranno in pensione; se si sposta la proiezione al 2025 se ne andranno oltre 52mila, metà degli attuali ospedalieri. Al loro posto 35.800 nuovi medici che si formeranno tra il 2018 e il 2025. Differenza: 16.700. Si tratta di “vuoti” tra gli anestesisti, i rianimatori, chirurghi, internisti, cardiologi, ginecologi, psichiatri, ortopedici. C’è voluto il Covid-19 per emanare il decreto del 16 marzo che dispone l’urgente assunzione di 20mila medici e infermieri. Nella prima linea dell’epidemia si mandano medici pensionati (età, dunque, a maggior rischio) e laureati in medicina che non hanno ancora superato l’esame di Stato.

Questa è la situazione, questi sono i fatti. Con tutto ciò, questo Paese uscirà dalle sabbie mobili in cui è stato fiaccato. Non è retorico ottimismo. E’ consapevolezza di risorse insospettate che al momento buono vengono sempre fuori. E’ l’ottimismo di una volontà che domina sul pessimismo della ragione. E’ un italico ingegno che riesce a miscelare i pomodori americani e gli spaghetti cinesi, e “inventa” quei capolavori che sono le paste che gli altri popoli ammirano e sanno solo guastare. Ci si ritroverà a cantare quella canzone di Vasco Rossi: “Eh già / Sembrava la fine del mondo / Ma sono ancora qua / Ci vuole abilità…”.

La sai quella di quel tipo che diceva che lui non moriva neppure se l’ammazzavano? Si chiamava Giovannino Guareschi. Pura “razza” italiana…

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Valter Vecellio

Valter Vecellio

Nato a Tripoli di Libia, di cui ho vago ricordo e nessun rimpianto, da sempre ho voluto cercare storie e sono stato fortunato: da quarant'anni mi pagano per incontrare persone, ascoltarle, raccontare quello che vedo e imparo. Doppiamente fortunato: in Rai (sono vice-caporedattore Tg2) e sui giornali, ho sempre detto e scritto quello che volevo dire e scrivere. Di molte cose sono orgoglioso: l'amicizia con Leonardo Sciascia, l'esser radicale da quando avevo i calzoni corti e aver qualche merito nella conquista di molti diritti civili; di amare il cinema al punto da sorbirmi indigeribili "polpettoni"; delle mie collezioni di fumetti; di aver diretto il settimanale satirico Il Male e per questo esser finito in galera... Avrò scritto diecimila articoli, una decina di libri, un migliaio di servizi TV. Non ne rinnego nessuno e ancora non mi sono stancato. Ve l'ho detto: sono fortunato.

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