Oggi non parlerò di Coronavirus. Di questi tempi, anche le soubrettes dicono la loro sul virus, la sua genesi e le sue cure; quindi io mi asterrò. Vi parlerò invece di sindromi che secondo la definizione del Dizionario della Salute sono “complessi di sintomi che si presentano associati in modo da configurare un quadro [morboso] caratteristico”. Le sindromi che vi presenterò sono di tipo psicologico o caratteriale e le ho visto svilupparsi in maniera esponenziale in queste settimane. Le ho chiamate col nome dei personaggi dei Promessi Sposi perché è il più grande romanzo italiano e in esso riconosciamo noi stessi e tante delle persone che ci stanno vicino. Sono sicuro che anche voi diagnosticherete una o più di queste sindromi a voi stessi e ai vostri parenti e amici. Se me ne sono dimenticata qualcuna, fatemelo sapere e verrà aggiunta al nostro manuale.
Avvertenza: il presente testo non ha alcun valore scientifico. Si tratta di un divertissment da clausura ed è il risultato di una collaborazione tra l’autore, una consulente letteraria, manzoniana sfegatata (Bianca Mussini), e un brillante grafico creativo (Francesco Maria Mussini).
Sindrome di don Ferrante
Il pedante con le fette di salame sugli occhi che ha letto molti libri, ma ha imparato poco della realtà. L’uomo a cui una cultura libresca fa da schermo e impedisce di vedere le cose come sono. Don Ferrante è un personaggio secondario, ma Manzoni ci tiene a descrivere dettagliatamente la sua fine. Con l’avvicinarsi della pestilenza, don Ferrante, deride i suoi contemporanei preoccupati e facendosi forte dell’autorità di Aristotele sostiene che non essendo la peste né sostanza, né accidente, essa non esiste e così che “non prese nessuna precauzione contro la peste; gli s’attaccò; andò a letto, a morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle.” (cap. 37)
Gli individui affetti da sindrome di don Ferrante, detti anche negazionisti, erano quelli che, soprattutto agli inizi dell’epidemia di Coronavirus sostenevano che si trattasse di comune influenza o che fosse frutto di una gigantesca montatura mediatica. Gli affetti da questa sindrome sono rimasti pochi, ma rimangono molto agguerriti.
Sindrome di don Rodrigo
Di don Rodrigo, il cattivo del romanzo, Manzoni ci dice che, durante la pestilenza, passava il tempo con “amici soliti a straviziare insieme, per passar la malinconia di quel tempo” (cap. 33). È il gaudente impenitente che esorcizza la paura con il vino e la crapula.
Sono severamente affetti da sindrome di don Rodrigo i fighetti milanesi che hanno affollato i navigli nelle precedenti settimane e i dabben giovani che hanno riempito le piazze e i bar di tutta Italia sbevazzando spritz e aperitivi, spiattellattondoli su Instagram, fino a quando non è stato espressamente proibito dalle autorità, anche se era stato già vivamente sconsigliato dai sanitari. Non si sa se per effettiva guarigione degli individui affetti o come conseguenza delle misure restrittive, ma fortunatamente la sindrome di don Rodrigo è quasi scomparsa oggi in Italia.
Archetipo di fra Cristoforo
Quella di fra Cristoforo non è una sindrome e non è una patologia, è piuttosto un archetipo, cioè un modello, un esemplare. Il personaggio manzoniano, forse basato su un personaggio storico realmente esistito (fra Cristoforo Picenardi da Cremona), rappresenta la dignità, il coraggio, l’eroismo cristiano. Dopo una giovinezza di agi conclusa da un duello per futili motivi in cui uccide l’avversario, Ludovico si fa frate cappuccino e dedica la sua intera vita ad aiutare, confortare, sostenere i poveri che incontra sul suo cammino. Morirà prendendosi cura degli appestati del lazzaretto di Milano.
Senza ironia e senza retorica, direi che fra Cristoforo rappresenta il modello per tutte le infermiere, gli infermieri, gli operatori sanitari e i medici che stanno facendo fronte all’epidemia di Coronavirus con turni massacranti, settimane di isolamento volontario e un livello di rischio altissimo nonostante le misure di protezione. A loro va la nostra ammirazione e la nostra gratitudine. E Manzoni sarebbe d’accordo.
Sindrome di Don Abbondio
Il curato fifone è l’ecclesiastico che sta agli antipodi di fra Cristoforo. Il suo rifiuto di celebrare il matrimonio tra Renzo e Lucia, per paura di rappresaglie da parte di don Rodrigo, è l’inizio di tutte le disavventure della giovane coppia. La paura è la condizione esistenziale di don Abbondio: ha paura delle minacce dei bravi, ha paura dell’ira di Renzo, ha paura del rimprovero del Cardinale, ha paura del contagio della peste. Le sue paure si trasformano spesso in fobia, “pauraccia” la chiama Manzoni. La paura di per sé è una reazione normale e umana ad un pericolo imminente, ed è spesso indispensabile per far scattare l’istinto di sopravvivenza. Per fare un esempio di oggi, se la paura del contagio da coronavirus ci spinge a stare in casa, è saggia consigliera e va ascoltata. Ma la “pauraccia” (o fobia) di don Abbondio lo spinge a prendere decisioni egoistiche e irrazionali, che spesso comportano conseguenze disastrose per gli altri.
Gli effetti da sindrome di don Abbondio nell’attuale situazione di emergenza possono essere identificati tra gli accumulatori compulsivi (hoarders) che ritroviamo in fila nei supermercati coi carrelli straripanti di carta igienica e bottiglie d’acqua, due generi che non hanno nessun legame specifico con l’epidemia da coronavirus. Tutti ormai sanno, anche gli affetti da sindrome di don Abbondio, che dissenteria e diarrea sono sintomi del colera, ma non del Covid19, e tutti sappiamo che l’acqua delle città italiane è controllatissima, sicura, spesso buona da bere e può tranquillamente sostituire quella in bottiglia.
Le pauracce e le fobie ,però, a differenza della paura, causano comportamenti egoistici che danneggiano gli altri. Come il pavido rifiuto di don Abbondio di celebrare il matrimonio è la causa diretta di tutte le sventure dei fidanzati, l’accumulazione insensata di merce nei supermercati fa sì che gli altri ne restino completamente sprovvisti.
Sindrome di Perpetua
La domestica di don Abbondio è diventata così famosa da aver dato il suo nome ad una professione. È una donna del popolo, saggia e dotata di grande buon senso, le piace chiacchierare e dare pareri mai richiesti e raramente ascoltati. È una variante della sindrome di Cassandra che è stata identificata dagli psicologi come un comportamento ossessivo maniacale che porta a prevedere sempre per il futuro eventi disastrosi sia per sé che per gli altri (attenzione, questa è una sindrome vera e studiata, non inventata da me).
La Cassandra del mito era una principessa troiana così bella che il dio Apollo si innamorò di lei e le donò la capacità di profetizzare il futuro. Indispettito dal suo rifiuto, Apollo non le tolse il dono che le aveva già fatto, ma la condannò a non essere creduta. Cassandra avvertì i suoi concittadini che il cavallo di legno era pieno di soldati greci e, come si sa, il loro rifiuto di ascoltarla ebbe come conseguenza ultima la distruzione di Troia.
Perpetua è una donna umile, non profetizza, ma è in grado di prevedere cosa succederà e di suggerire come evitarlo con consigli basati su ragionamenti semplici e diretti. Ma il destino della principessa troiana e della domestica lombarda è lo stesso: non essere credute e ascoltate. Perpetua spiega esattamente al suo ‘padrone’ cosa dovrebbe fare dopo le minacce di don Rodrigo: rivolgersi al suo Cardinale Arcivescovo che sta sempre dalla parte degli umili e sa come tenere a bada i prepotenti.
Sono oggi affetti da sindrome di Perpetua tutti gli individui – non specialisti di virologia, infettivologia etc.- che fin dalle prime notizie sulla diffusione del coronavirus annunciavano scenari apocalittici, simili a quelli che, purtroppo, abbiamo sotto i nostri occhi. La realtà ha finito col dar loro ragione ancor prima di quanto pensassero e adesso possono cavarsi la soddisfazione di fare screenshots delle loro profezie e di ripetere soddisfatti “l’avevo detto io”.
Sindrome di Gertrude
La Gertrude dei Promessi Sposi è basata sulla storia vera di una nobile ragazza di Monza costretta dal padre a farsi monaca di clausura per non disperdere il patrimonio avito. Finirà col violare tutti i suoi voti e col rendersi complice di delitti raccapriccianti per i quali sarà condannata e punita.
Mai come in queste settimane di clausura forzata, tutti possiamo solidarizzare con Gertrude perché ci sentiamo, come lei “destinati a struggerci in un lento martirio” e anche noi invidiamo “in certi momenti qualunque donna [o uomo], in qualunque condizione, con qualunque coscienza, [che] potesse liberamente godersi nel mondo” (cap. X).
La sindrome di Gertrude è, in questo periodo di isolamento imposto per legge, largamente diffusa tra la popolazione, ma si manifesta con diversi gradi di gravità a seconda dell’indole e dello stile di vita al quale i soggetti sono abituati. I casi più acuti si registrano tra joggers, ciclisti e sportivi di tutti i tipi che entrano in una sorta di crisi d’astinenza dovuta al mancato rilascio di endorfine, normalmente stimolato dall’esercizio.
Oltre all’irrequietezza e al nervosismo (vedi sindrome del Leone in Gabbia), gli individui colpiti in maniera più acuta dalla sindrome di Gertrude sono particolarmente insofferenti di quanti danno segno di essersi adattati tranquillamente alla clausura. Parafrasando Manzoni: l’apparenza di pietà e di contentezza dei ‘reclusi felici’ suona ai ‘gertrudiani’ come un rimprovero dell’inquietudine e dei loro portamenti bisbetici; ed essi non lasciano sfuggire occasione di deriderli dietro le spalle come pinzocheri, di morderli come ipocriti (cfr. cap. X).
Sindrome del Conte Zio (o del Padre Provinciale)
Due personaggi secondari dei Promessi Sposi, ai quali, però, Manzoni affida uno dei dialoghi più riusciti e memorabili, al centro del capitolo XIX. Durante il colloquio, il Conte, zio di don Rodrigo, chiede al Padre Provinciale dei Cappuccini di trasferire fra Cristoforo lontano dal convento di Pescarenico per evitare che il rancore del signorotto nei confronti del frate, che ha protetto e aiutato a fuggire Renzo, Lucia ed Agnese, possa degenerare in un conflitto pericoloso sia per l’ordine religioso che per la nobile famiglia.
Con le consuete pennellate essenziali, Manzoni descrive così il loro confronto: “Due potestà, due canizie, due esperienze consumate si trovavano a fronte.” E la conclusione, leggendaria, del loro dialogo è tutta racchiusa in due verbi, ripetuti a chiasmo per rendere il messaggio ancora più chiaro e memorabile: “Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire.”,
Sono affetti da Sindrome del Conte Zio (o del Padre Provinciale) i politici di qualunque partito e nazionalità che, una volta avvisati da scienziati di ogni disciplina sul potenziale devastante del Coronavirus hanno pensato solo a “troncare e sopire” per paura delle reazioni dei mercati, della produttività industriale dei loro paesi o per semplice sfiducia nella scienza. Tra i casi più gravi a livello mondiale, vale la pena ricordare il Premier Britannico Boris Johnson che nella conferenza stampa del 13 febbraio, pur riconoscendo la gravità della pandemia (a quel punto già classificata come tale dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) decise di non prendere misure drastiche e si affidò alla cosiddetta “immunità di gregge”, criticando e quasi irridendo i paesi che avevano deciso diversamente. Anche l’inquilino della Casa Bianca, è stato seriamente affetto dalla sindrome a partire da gennaio quando, in risposta alla domanda di un giornalista, rispose che sul fronte Coronavirus era “tutto sotto controllo”. La sindrome si riacutizzò durante un comizio a Charleston, il 28 febbraio, dove Trump dichiarò che il Coronavirus non era altro che l’ennesima truffa (hoax) ordita dai Democratici per sconfiggerlo.
Entrambi i leader gemelli stanno dando segni di superamento della Sindrome del Conte Zio (o del Padre Provinciale. Il contagio subito da Johnson stesso e l’impressionante numero di vittime negli Stati Uniti per Trump, sembrano averli fatti ricredere sull’opportunità di rispondere all’emergenza planetaria col troncare e il sopire.
Anche se I Promessi Sposi offrirebbero spunto per la definizione di altre sindromi; si pensi ad Azzeccagarbugli, ai governanti inetti…, io mi fermerei qui. Questo divertimento letterario, diventato piccola impresa di famiglia, mi ha distratto dalla tragica cronaca quotidiana di un assedio che sembra farsi sempre più vicino, mi ha fatto rileggere alcune delle pagine immortali del romanzo e mi ha convinto sempre di più della grandezza multiforme di Manzoni non solo nel produrre la prosa più alta ed elegante della nostra letteratura moderna, ma anche nell’analizzare le pieghe più recondite dell’animo umano.