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March 12, 2020
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La pandemia coronavirus e la tragedia del mondo che si scelse quei leader ridicoli

Dopo la ritardata dichiarazione del WHO, il discorso del presidente USA Donald Trump mostra la pericolosità dell'incompetenza. Meglio Conte e Merkel

C.Alessandro MauceribyC.Alessandro Mauceri
Time: 5 mins read

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, WHO, ha (finalmente) dichiarato l’epidemia del corona virus Covid-19 una pandemia. Lo ha annunciato ieri il Direttore Generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus, riferendo che sono già stati registrati più di 118mila casi in 114 paesi.

Forse sarebbe stato meglio farlo subito senza aspettare che il numero dei morti superasse i 4.930 casi in cinque continenti.

 Ciò che rimarrà (o forse no) nel ricordo di questa pandemia sono i discorsi di alcuni politici che hanno dimostrato la propria incapacità rilasciando dichiarazioni opposte da un giorno all’altro. Proprio ieri sera il presidente degli USA Donald Trump ha un discorso alla nazione dallo Studio Ovale con il quale ha ribadito quanto annunciato poche ore prima su Twitter:  “I media dovrebbero vedere questo come un tempo di unità e forza. Abbiamo un nemico comune, in realtà, un nemico del mondo, il corona virus. Dobbiamo sconfiggerlo nel modo più rapido e sicuro possibile. Non c’è niente di più importante per me che la vita e la sicurezza degli Stati Uniti!”. Poi, come per l’aumento delle emissioni di CO2 e dell’aumento delle temperature globali, ha dato prova della sua conoscenza enciclopedica di tutto lo scibile dichiarando che tutto dovrebbe risolversi ad aprile con l’aumento delle temperature: “Il calore in genere uccide questo tipo di virus. Ad aprile, col caldo, il problema dovrebbe sparire”. Una dichiarazione fin troppo ottimista, come hanno subito dichiarato medici e infettivologi che hanno ricordato che si tratta di un virus nuovo di cui si sa ancora troppo poco.

Anche la sua decisione (“dura ma necessaria” ha dichiarato Trump) di sospendere per 30 giorni di tutti i viaggi dall’Europa in USA, a partire dalla mezzanotte di venerdì appare ridicola. Non solo perché ormai il virus si è diffuso negli USA (molti tornei internazionali di tennis sono stati annullati e la stessa NBA ha sospeso le partite dopo che è stata diffusa la notizia che un giocatore era risultato positivo al virus), ma perché quella presentata dal Tycoon di Washington sembra più un palliativo per mostrare che sta facendo qualcosa che altro: la messa al bando non include la Gran Bretagna, nonostante siano già stati confermati 460 casi.

La mappa della World Health Organization sui contagi da coronavirus COVID-19 nel mondo, all’11 marzo 2020.

Molti paesi europei hanno preso decisioni altrettanto ridicole. E, come negli USA, è già stato dimostrato che sono servite a poco o a niente: il virus è ormai ampiamente diffuso in tutti i paesi europei e in buona parte dei paesi del mondo (e in quelli in cui non è diffuso – come in Africa –  molto probabilmente si tratta di manca analisi dei dati).   

Anche il “discorsetto” tenuto dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen (peraltro in lingua italiana per mostrare il suo affetto) appare tardivo e poco utile. Dopo aver deciso di aprire sia il Parlamento che la Commissione (i lavori erano stati sospesi proprio per limitare i rischi di contagio) non per discutere dell’epidemia che sta invadendo il continente, ma per ascoltare le parole della piccola Greta Thunberg e distrarre così l’attenzione dai reali contenuti del nuovo piano europeo sull’ambiente (che ha spostato la data di scadenza di ben 25 anni: ora è il 2050 sebbene con misure più restrittive), la Presidente della Commissione non ha detto nulla di concreto. Nessuna misura immediata per contrastare la diffusione. Nessuna norma o regola per i preside sanitari allo stremo. É stata solo l’ennesimo conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che all’UE interessa solo avere un mercato immenso sul quale le multinazionali possano vendere i propri prodotti senza pagare dazi. Tutto il resto è lasciato ai singoli paesi. E la prova è che i vari stati hanno risposto all’emergenza in modi molto diversi.

Ma quando si tratta di epidemie, anzi di pandemie, l’unico modo per far fronte all’emergenza è chiudere tutto e limitare al massimo i contatti. Ovvero quello che ha fatto il premier Giuseppe Conte in Italia con il DPCM varato ieri sera. “Se i numeri dovessero continuare a crescere, cosa nient’affatto improbabile, non significa che dovremo affrettarci a varare nuove misure. Non dovremo fare una corsa cieca verso il baratro. Dovremo essere lucidi, responsabili”, ha dichiarato Conte annunciando la chiusura di quasi tutte le attività. Dalla ristorazione (tranne quella da asporto) al commercio ai servizi, ad eccezione di quelli essenziali. Misure drastiche ma necessarie per evitare la diffusione e il moltiplicarsi dei casi.

In realtà, è proprio questo il vero problema: secondo alcune stime il corona virus in circolazione potrebbe colpire circa il 60% della popolazione. L’unica a dirlo è stata la cancelliera tedesca. Proprio lei. Angela Merkel, ormai quasi scomparsa nel dimenticatoio politico e mediatico che ha dichiarato senza mezzi termini, in una conferenza stampa (e non su Twitter), che si tratta della peggiore crisi sanitaria da decenni. E che, se la situazione resta quella attuale e finché non sarà trovato un antidoto, nei prossimi mesi e forse anni “tra il 60 e il 70% della popolazione si infetterà”.

A differenza di Trump, la Merkel ha basato le sue affermazioni sulle affermazioni di noti esperti. Come il direttore di virologia della Charitè, Christian Droste che ha dichiarato che bisogna rallentare la dinamica del contagio, appiattirne la curva, “affinché il sistema sanitario non venga messo sotto pressione”. E “guadagnare tempo”. Anche il direttore dell’Istituto Koch, Lothar Wieler, ha dichiarato durante l’incontro con i giornalisti che “il 60-70% della popolazione mondiale si infetterà” nel tempo.

E forse è proprio questo il nocciolo della questione: un virus che colpisse i due terzi della popolazione richiederebbe centri per l’assistenza di dimensioni enormi. Non è un caso se in Italia è già in atto una corsa silenziosa ma sfrenata verso la riconversione di numerosi reparti e centri ospedalieri in questa direzione e la produzione del necessario. Ma richiederebbe anche molti più medici. Ecco quindi spiegate le misure di emergenza annunciate dal Conte nel suo discorso di ieri sera: nuovi centri e servizi e molti più medici per far fronte all’emergenza. E poche chiacchiere o blocchi alle frontiere che non servono a nulla.

Una scelta impopolare e che, unita al blocco di quasi tutte le attività di un intero paese, avrà costi per l’economia, ma anche sociali assolutamente devastanti. Sorge il dubbio, a pensarci bene, che molti paesi non abbiano adottato misure restrittive (come sta facendo l’Italia) proprio per questo motivo. Questo, però, creerà un aumento del gap che già oggi separa l’Italia da questi paesi. Un fenomeno di cui qualcuno dovrà tenere conto. E agire di conseguenza. 

Ma c’è anche un altro aspetto, stretta conseguenza delle stime sulla malattia, di cui nessuno ha detto nulla. Fino ad ora si è parlato di un tasso di mortalità intorno al 3%. Se le stime fossero corrette, una diffusione del virus al 60% della popolazione significherebbe oltre un milione di morti solo in Italia! E decine di milioni in tutto il mondo. Numeri spaventosi. Ben diversi da quelli che già oggi stanno scatenando il panico: l’ultimo dato parla di poco meno di 5mila morti in tutto il mondo.

Ma forse è proprio per questo che non se ne parla.

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C.Alessandro Mauceri

C.Alessandro Mauceri

Sono nato a Palermo, città al centro del Mediterraneo, e la cultura mediterranea è da sempre parte di me. Amo viaggiare, esplorare la natura e capire il punto di vista della gente e il loro modus vivendi (anche quando è diverso dal mio). Quello che vedo, mi piace raccontarlo con la macchina fotografica o con la penna. Per questo scrivo, da sempre: lo facevo da ragazzino (i miei primi “articoli” risalgono a quando ero ancora scolaro e dei giornalisti de L’Ora mi chiesero di raccontare qualcosa). Che si tratti di un libro, uno studio di settore o un articolo, raramente mi limito a riportare una notizia: preferisco scavare a fondo e cercare, supportato da numeri e fatti, quello che c’è dietro. Poi, raccontarlo.

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