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Principi della libertà: contro il Coronavirus, Conte non imita Mussolini ma FDR

Per stabilire se si agisce contro o a favore della Libertà, conta non solo “a cosa” o “su cosa” si provvede, ma, assai più, “in nome di cosa” si provvede

Fabio CammalleribyFabio Cammalleri
Principi della libertà: contro il Coronavirus, Conte non imita Mussolini ma FDR

Giuseppe Conte firma il decreto del 9 marzo, 2020 (Foto Palazzo Chigi)

Time: 4 mins read

La Libertà è libera di autolimitarsi fino a determinare la sua stessa totale eclisse: che, come si sa, però, è per definizione temporanea.

Il suicidio individuale, può essere un atto libero; quello collettivo, no.

Perciò, a questo punto, andiamo pure in apnea per i giorni necessari, e lasciamo aperti solo farmacie e generi alimentari, come viene richiesto dalla Regione Lombardia (che ha assunto l’ingrato ma pacifico ruolo di territorio-pilota, in questo difficile momento nazionale), e dai suoi sindaci, di ogni estrazione politica. E come credo che il Governo, nonostante alcune resistenze, finirà per stabilire (d’altra parte, il movimento fin qui è stato dalle Regioni verso il Centro).

Ora, nel presente contesto, e nelle presenti drammatiche giornate, si discute anche della qualità, liberale o meno, dei provvedimenti governativi. I Decreti del Governo sarebbero illiberali. Ma ecco il punto: lo sarebbero necessariamente, beneficamente. Quasi che la vocazione liberale di una condotta politica debba, in generale, scontare un’inevitabile misura di sterilità, di inadeguatezza al “caso serio”.

E, che per “fare la cosa giusta”, occorra preliminarmente sgombrare il campo dalle “debolezze” della Democrazia, della e delle Libertà.

Dato che il momento è difficile, sarò gentile: la pretesa che la Democrazia e Libertà, di fronte ad un pericolo ampio e capillare come il COVID 19, debba togliersi di torno, e debba lasciar fare ad un non meglio precisato Potere Forte (lui sì, che ci sa fare), è una sesquipedale idiozia: buona per “libertari a orecchio” (assai più limpide sono, invece, per paradosso solo apparente, le vestali dell’Uomo Duro).

È una idiozia perché, per stabilire se si agisce contro o a favore della Libertà, conta non solo “a cosa” o “su cosa” si provvede, ma, assai più, “in nome di cosa” si provvede.

Un esempio confido valga a chiarire ulteriormente.

Benito Mussolini

Il 28 Giugno 1933, su “Il Popolo d’Italia”, Mussolini scrisse: “Il Congresso Americano…ha concesso pieni poteri a Roosevelt. Si tratta veramente di pieni, anzi di pienissimi poteri. Quella del Presidente è una dittatura… Il curioso, in tutto ciò, è che gli stessi esaltatori del regime democratico trovano che l’attuale sviluppo assolutamente dittatoriale della politica americana è nell’ordine fatale delle cose…Milioni di uomini si domandano: a che servono gli immortali principi, se nelle ore di crisi essi appaiono e sono insufficienti?”.

Domanda suggestiva, ma fallace. Come politicamente fallace era il commento che la introduceva e sosteneva. Per inciso, i “pieni poteri” alludevano al New Deal, che fu l’azione politica di rilancio democratico forse più riuscita della storia. 

Oggi, simili domanda e commento, sono rilanciati dagli assertori del “Modello Cina”: direttamente, dai più emotivi; con formule mascherate da dubbi e da ipotesi, ad opera dei più obliqui. 

E non, si badi, in termini “tendenziali”; ma proprio con tanto di esercito pistola in pugno, e tutto il restante armamentario della “Dittatura del Popolo”.

Sbagliano: come sbagliava il loro insospettato (?) Mentore di Palazzo Venezia. Roosevelt non era un dittatore, ma un Presidente eletto: nell’occasione, munito anche di poteri delegati dal Congresso. In nome proprio degli “Immortali Principi”.

Quanto ampia fosse la delega non importa: importava il rispetto del principio. In Italia, invece, la Dittatura era autentica, e rivendicata: perché non c’era alcuna legittima possibilità di opporsi e di dissentire. 

Franklin Delano Roosevelt

Quelli che votarono contro i pieni poteri a Roosevelt, non finirono “fuori legge”, ma esercitarono un diritto politico riconosciuto e tutelato. Fecero opposizione, e il conflitto, serrato e duraturo, forse il più intenso prima di Trump, giunse alla Corte Suprema (a maggioranza conservatrice). Ma nessuno finì per questo in guardina. Tale, la differenza essenziale, fra una “dittatura” ritenuta in chiave polemica, e una effettiva.

Ora, tornando all’oggi, si deve analogamente affermare con forza che “La Cina non serve”. Serve l’Italia, che si sta conducendo, nel complesso, in termini tali da per cui, l’OMS, tramite il suo Direttore, ha dichiarato: “Il governo, il popolo italiano stanno intraprendendo azioni decise e coraggiose con l’obiettivo di rallentare la diffusione del coronavirus e proteggere il loro Paese e il mondo. Stanno fronteggiando sacrifici notevoli”.

Quali che siano le legittime opinioni critiche verso il Governo in carica (e chi scrive ne è stato prodigo), il punto fermo è il seguente: la Presidenza del Consiglio della Repubblica Italiana ha il potere (e dovere) di decretazione regolamentare: che tuttavia sta esercitando col pieno ed esplicito consenso di tutti, dicesi: tutti, i partiti politici rappresentati in Parlamento. Oltre che delle istanze politico-amministrative locali (regioni e comuni), secondo un consenso del pari ampio, e convergente sull’essenziale.

Che ci sia una “causa di forza maggiore” è circostanza che è appena il caso di richiamare all’attenzione di ciascuno.

Per le contestazioni ai Decreti-Coronavirus, alla vasta congerie di titubanze, di personalismi, di tramestii comunicativi, contestazioni peraltro tuttora esperibili senza finire, per ciò solo, in manette (in quanto SIAMO una Democrazia Liberale, imperfetta certo, ma tale), ci sarà modo e spazio. E capiremo meglio, e giudicheremo, e, volendo, decideremo il da farsi.

Ma ora, senza paura, è il tempo di tracciare una linea dritta e, proprio in nome dell’Idea Liberale, ben visibile.

È il tempo del “Primum vivere, deinde philosophari”. Che è il primo degli “Immortali Principi”. La prima delle Libertà.

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Fabio Cammalleri

Fabio Cammalleri

Il potere di giudicare e condannare una persona è, semplicemente, il potere. Niente può eguagliare la forza ambigua di un uomo che chiude in galera un altro uomo. E niente come questa forza tende ad esorbitare. Così, il potere sulla pena, nata parte di un tutto, si fa tutto. Per tutti. Da avvocato, negli anni, temo di aver capito che, per fronteggiare un simile disordine, in Italia non basti più la buona volontà: i penalisti, i garantisti, cioè, una parte. Forse bisognerebbe spogliarsi di ogni parzialità, rendendosi semplicemente uomini. Memore del fatto che Gesù e Socrate, imputati e giudicati rei, si compirono senza scrivere una riga, mi rivolgo alla pagina con cautela. Con me c’è Silvia e, con noi, Francesco e Armida, i nostri gemelli.

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