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Femminicidio in Italia: che fare? Risponde Marinella De Nigris di Onda Rosa

Le donne ammazzate dai mariti o dagli ex, in Italia negli ultimi 12 mesi sono 92. Trascorsa la Giornata contro la violenza alle donne, approfondiamo l’argomento

Laura BerciouxbyLaura Bercioux
Femminicidio in Italia: che fare? Risponde Marinella De Nigris di Onda Rosa
Time: 6 mins read

“Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida, che non finisce mai”. A dirlo è stata una delle più grandi giornaliste del mondo, Oriana Fallaci: già la Fallaci, l’inviata di guerra, la donna che ha “sconfitto” il maschilismo del suo tempo. Oriana, l’indimenticabile guerriera.

Nonostante le donne si siano evolute e abbiano conquistato il mondo degli uomini, oggi si muore ancora per mano di un uomo. Il femminicidio si perde nella notte dei tempi: duemila anni fa nell’antica Roma di storie ce ne sono tante fino ad arrivare ai giorni nostri. A Brescia, pochi giorni fa, un uomo ha ammazzato la propria donna e dopo si è suicidato. Perché si continua a morire così? Cosa accade nella mente di un femminicida?

Quel che accade nella testa del femminicida è l’idea stessa all’apice dell’uomo padrone, che deve sottomettere la donna ad uno stato di subalternità, con schiaffi, percosse, violenze psicologiche fino all’uccisione della donna. E non basta il pentimento e la pena. Uno degli aspetti più sconcertanti è che questi uomini che odiano le donne fino ad ammazzarle non vengono recuperati se non i rari casi perché mancano le strutture di recupero

Facciamo una piccola analisi: le donne ammazzate dai mariti o dagli ex, in Italia negli ultimi 12 mesi sono 92. Nel mondo secondo lo studio delle Nazioni Unite, nel 2018 una ricerca a livello mondiale: Gender related killing of women and girls ha dimostrato che ogni anno vengono uccise 87.000 donne per motivi di genere. Nel 2016, nel Regno Unito il tasso è stato infatti pari a 0,9/100 mila, in Francia a 1/100 mila e in Germania a 1,1/100 mila. La prima citazione del termine come “uccisione di una donna da parte di un uomo per motivi di odio, disprezzo, piacere o senso di possesso delle donne” è della professoressa di Studi Culturali Americani Jane Caputi e dalla criminologa Diana E. H. Russell. Il femminicidio intanto evidenzia un altro dramma collaterale che riguarda le vittime delle donne: gli orfani. In Italia in 15 anni ci sono stati 1.600 nuovi casi di orfani che hanno perso la madre perché uccisa dal padre, padre in galera o suicida.

Trascorsa la Giornata contro la violenza alle donne, approfondiamo l’argomento con l’avvocato penalista, Marinella de Nigris, Presidente di Onda Rosa, l’Associazione che si occupa di salvaguardia dei diritti delle Donne e dei Minori.

Marinella De Nigris

Avvocato de Nigris, il femminicidio è un reato che cresce a dismisura. Come si può intervenire per arginarlo?

“E’ un reato molto diffuso. Abbiamo le Leggi e sono anche abbastanza efficaci, la possibilità di denunciare il problema fondamentale specialmente nell’ultimo periodo si è pensato soprattutto da parte di alcuni partiti populisti, che l’aumento di pena potesse essere sufficiente a combattere questo crimine e che fosse un deterrente, dimenticando la prevenzione che già da un po’ di tempo è stata abbandonata. La prevenzione rappresenta tutti quegli interventi collaterali che servono ad evitare che i reati si compiano. Le pene  ci sono, la normativa esiste il problema è che ci vuole chi fa le indagini, chi interviene e una giustizia operante. Quindi in realtà tutte le pene che vengono previste se poi non vengono applicate con rapidità e decisione, non trovano riscontro. Quando arrivano molte denunce, innanzitutto non c’è un corpo di Polizia sufficientemente adeguato sul territorio perché lasciamo le grandi città che hanno questure e dei corpi attrezzati, ma bisogna pensare ai piccoli centri, come il Molise da dove arrivano segnalazioni folli, comuni abbandonati dove non esiste proprio una possibilità di intervento proprio quando sono commessi i femminicidi. Non ci sono delle case di accoglienza adeguate, perché la verità è che gli uomini dovrebbero essere subito allontanati della casa. L’allontanamento dalla casa dovrebbe avere almeno la possibilità di un controllo, un controllo per la misura applicata dalla legge: nessuno controlla. Non ci sono le case di accoglienza per mettere le donne in protezione visto che non mancano le misure sociali di protezione ma spesso la denuncia diventa peggio ancora di altro. Se tu denunci e poi non sei protetta perché non c’è una struttura sociale che ti protegge chiaramente diventa pericoloso e ti trovi a che fare con uomini che non hanno assolutamente un controllo”.

Cosa bisogna fare?

“Noi dobbiamo affrontare questo problema non facendo le giornate, gli anniversari, dobbiamo affrontare le violenze in maniera compatta, diffusa. Nella giornata contro la violenza alle donne, ho apprezzato molto lo speciale su Rai Uno, a cura di Franco Di Mare. Dico questo perché quando il tema viene affrontato dagli uomini, spesso diventa più consapevole e profondo perché noi donne poiché lo sentiamo sulla nostra pelle siamo prese dall’emotività. Quando lo affronta un uomo ha una visione più ampia. In tutti i Paesi, così come negli Stati Uniti, si sono raggiunti dei risultati di consapevolezza anche quando gli uomini hanno preso in carico il problema e hanno capito che il problema è sociale. Allora finiamola di parlare solo di quella che è la lotta, iniziamo a parlare di cultura, di prevenzione, di consapevolezza insieme agli uomini”.

Come?

“Dobbiamo affrontare un problema sociale enorme di cui i nostri figli sono vittime, parlo di quelli che assistono alla violenza e a loro volta, diventeranno essere violenti. Assistendo alla violenza alle madri diventeranno da vittime a carnefici. Una società in grado di poter andare avanti necessita che affronti il tema con serietà. Noi andiamo nelle scuole parlando ai ragazzi, anche se andare in una o due scuola soltanto, non è abbastanza. A scuola si dovrebbe cambiare la metodologia attuale: le coscienze si formano appena nascono, i bambini devono imparare il rispetto per se stessi e per gli altri, per le Istituzioni. Bisogna finirla di attaccare le Istituzioni, dobbiamo avere il rispetto delle regole: il rispetto è alla base di una società civile. Se noi non crediamo nella norma, nella Giustizia, negli enti superiori, nella società tutto questo diventa degrado”.

Se fosse al Governo, quale Legge emanerebbe?

“Se fossi al Governo farei una legge che partirebbe dalla scuola, con un intervento serio nel sistema scolastico, la scuola dovrebbe essere configurata in maniera diversa. Introdurrei nella scuola già da piccolissimi materie come l’educazione civica, l’educazione alle relazioni umane, l’obbligo di fare educazione fisica fatta bene e musica e poi a questi ragazzi insegnerei a conoscere la cultura che ci circonda come storia della cultura facendoli vivere i musei, i beni storici. Poi aggiungerei le attività degli psicologi come sostegno e prevenzione. Ripenserei a un welfare sano sul territorio, consultori funzionanti, una rete effettiva anche di sostegno ai giovani e alle famiglie. Istituirei dei corsi di formazione agli assistenti sociali sul territorio che devono imparare a conoscere i bisogni dei giovani che vivono situazioni difficili”.

Spesso leggo notizie di scarcerazioni per “buona condotta e sconti di pena” e guarda caso, il femminicida reitera …

“Reiterano perché in realtà nel momento in cui dai la pena mettendo in carcere una persona ma non hai il processo di rieducazione, resta in carcere così com’era al momento del reato. Ora non voglio fare la filosofia sulla rieducazione ma il carcere di per sé è punitivo ma non serve a ricostruirti mentalmente e socialmente. E poi ha una società attorno che non è attenta alla violenza sulle donne ma è essa stessa una società violenta. Tutto questo non aiuta”.

Il femminicidio spesso inizia con le violenze psicologiche e sfocia in violenza fisica fino alla morte della vittima, in alcuni Paesi europei, la violenza psicologica è un reato fortemente punito.

“Certo perché la violenza psicologica è un reato, la mancanza di rispetto, di denigrazione ma noi in Italia non abbiamo il concetto di rispetto. E’ anche una questione di educazione: tutto parte da lì”.

Quante donne ha salvato con Onda Rosa?

“Parecchie e speriamo di averle salvate perché quando finiscono i processi non sappiamo cosa accade dopo: parliamoci chiaro la salvezza è una cosa difficile. Sapere che esiste un numero a cui rivolgersi però, è molto importante”.

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Laura Bercioux

Laura Bercioux

Il giornalismo è la mia passione dove vale la pena “consumare le suole delle scarpe”. Credo nella libertà di stampa e in un giornalismo indipendente. Il teatro e il cinema come la televisione fanno parte della mia vita professionale. Senza il teatro non sarei andata da nessuna parte. Essere giornalisti significa avere un occhio sul mondo, sui fatti e le persone. Amo Napoli e New York, le due città dove mi sento a casa. Il mio motto: Libera come il vento!

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