Le immagini della sua macchina crivellata di colpi non lasciano dubbi. Chi ha sparato voleva uccidere e quella di Hevrin Khalaf è stata una vera e propria esecuzione. Dopo aver assaltato la sua auto, l’hanno fatta scendere e l’hanno finita con un fucile mitragliatore. Colpendo lei i suoi assassini hanno voluto lanciare un messaggio chiaro a tutte le donne curde e a quello che rappresentano in termini di emancipazione e parità.
Nei video che girano in rete si sentono i suoi killers lanciare insulti. Sarebbero mercenari islamici del gruppo terroristico Ahrar al Sharqiya, affiliati ad Al Qaida e che in questa offensiva combattono al fianco dei militari di Erdogan. Sono integralisti con una visione della donna opposta a quella che aveva Hevrin, 35 anni leader curda del partito Futuro. E’ stata un simbolo di libertà e di apertura verso il dialogo in una regione dove i diritti delle donne sono tenuti in poco conto. Nella società curda invece, nel nord della Siria, nell’area desertica del Rojava, regna la parità tra i generi che ha portato alla nascita anche di unità di soldatesse che combattono al fianco degli uomini o in totale autonomia. Come scordare quegli sguardi fiere delle giovanissime combattenti curde dell’YPJ che hanno affrontato con coraggio i terroristi dell’Isis sconfiggendoli?
Da tempo Hevrin Khalaf era nel mirino degli integralisti islamici per il suo ruolo di attivista dei diritti umani e pacificatrice tra curdi, cristiani siriani e arabi in un paese insanguinato da 8 anni di guerra civile e devastato dalla presenza dei terroristi dello Stato Islamico combattuti e spazzati via proprio dai guerriglieri curdi uomini e donne insieme. L’uccisione di Hevrin Khalaf e di quanti in queste ore stanno cadendo sotto le bombe turche non ci può lasciare indifferenti ed è la conseguenza della sconsiderata azione di Donald Trump che ha di fatto dato il via libera all’offensiva di Erdogan. Non può lasciare indifferenti noi donne italiane ed europee perché la pugnalata di Trump alla schiena dei curdi, uomini e donne, ha delle conseguenze drammatiche in termini di vite umane e di caos in una regione che sta al di là delle nostre coste, nel Mediterraneo.

Chi sta pagando il prezzo più alto è la popolazione civile, sono i bambini.Ma dobbiamo aspettarci conseguenze ancora più drammatiche visto che l’Isis starebbe approfittando di questa confusione per riprendere vigore. Si parla già di terroristi prigionieri in fuga dai campi prima sorvegliati dai curdi e di 130 mila sfollati. Si annuncia una catastrofe umanitaria davanti alla quale l’Europa dovrebbe muoversi con maggiore velocità. Anche l’Italia dovrebbe avere una strategia più chiara, ma la classe politica sembra tutta concentrata su questioni interne, in perenne campagna elettorale. Gli interessi in gioco sul piano internazionale con la Turchia, membro Nato e partner commerciale, non aiutano a fare la voce grossa. Ma non potremo continuare a guardare dall’altra parte ancora a lungo.
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