È ufficiale: dal prossimo 18 ottobre entreranno in vigore i dazi doganali fortemente voluti dall’amministrazione Trump contro l’Unione Europea. Parte della più ampia “guerra commerciale” che ha avuto come primo bersaglio la Cina, le nuove tariffe sono state in qualche modo legittimate dalla recente decisione del WTO, che ha dato ragione agli USA e dichiarato illegali i sussidi erogati ad Airbus da diversi Paesi.
In realtà, i dazi imposti da Trump, il cui annuncio ha già messo a dura prova le borse, non si concentrano sull’aeronautica, ma riguardano una rosa decisamente più ampia di settori produttivi. Molti dei quali, peraltro, strategici per l’economia italiana. La lista è stata pubblicata dall’Office of the United States Trade Representative, ed è consultabile qui.
I prodotti italiani che subiranno le conseguenze di questa “guerra commerciale” sono: liquori e amari; formaggi di vario genere (latte vaccino; svizzero, emmental e a buchi; a pasta erborinata; groviera; cheddar; di latte ovino, eccetto quelli da grattugiare; pecorino, romani, reggiano, parmigiano, provoloni e provole; freschi), yogurt; burro e altri derivati del latte; frutta congelata; carne di maiale, prosciutti, spalle di maiale; spalle di maiale e altri preparati di carne suina; salsicce di maiale; frattaglie di maiale; cozze, vongole e altri molluschi; ciliegie; pesche, escluse le nettarine; misti di frutta; arance, mandarini e clementine; limoni; gelatine di ribes o frutti di bosco; pere; succhi di qualsiasi tipo di verdura esclusi quelli di pomodoro, concentrati o no; succhi di pera o prugna.
Secondo la Coldiretti, a causa dell’aumento delle tariffe all’importazione fino al 100%, il Belpaese rischierà ora di pagare un conto da 1 miliardo di euro. Ma sarebbe potuta andare persino peggio: i 7,5 miliardi di dollari che rappresentano l’ammontare complessivo dei dazi, infatti, è pari a un terzo dei 21 miliardi inizialmente minacciati dagli States. Per l’associazione agroalimentare, “se saranno mantenute le stesse priorità, l’Italia potrebbe essere dopo la Francia il paese più colpito e a pagare il conto più salato rischia di essere proprio l’agroalimentare con vini, formaggi, salumi, pasta, olio extravergine di oliva, agrumi, olive, uva, marmellate, succhi di frutta, pesche e pere in scatola, acqua, superalcolici e caffè”.