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Messaggi suprematisti dalla Nuova Zelanda e “pizzini” da Don Trump: non ci bastano?

Mentre il Congresso riceve messaggi "mafiosi" dal Presidente, in Nuova Zelanda un'altra strage provocata dall'ideologia dei White Supremacist

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
The State of Denial: Trump, the Gop, and the Quiet Slide from Democracy

Trump-Mussolini (by Antonio Giambanco for VNY)

Time: 6 mins read

Nelle stesse ore in cui a Christchurch, in Nuova Zelanda, un “suprematista bianco” massacrava, filmando la scena dentro due moschee, 49 innocenti in preghiera e ne feriva altrettanti, nel nome dell’odio anti immigrati e anti musulmani, usciva la notizia che il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, durante un’ intervista al sito Breitbart, avvertiva i suoi avversari politici che lui aveva dei supporter, nella polizia, nell’esercito e tra i “motoclisti per Trump”, ben robusti e che ancora non usano la loro forza, ma fino a quando non si raggiunge un certo punto però, e poi sarà proprio brutta…

Qui le esatte parole di Trump in inglese riportate da Breitbart:

“I can tell you I have the support of the police, the support of the military, the support of the Bikers for Trump – I have the tough people, but they don’t play it tough — until they go to a certain point, and then it would be very bad, very bad.”

Forse qualcuno di voi pensa che non c’entri nulla quello che ha detto Trump con quello che é appena accaduto in Nuova Zelanda. Ne siete così sicuri?

A cosa si riferiva Trump? Ufficialmente, nell’intervista a Breitbart news, il president USA si lamentava del fatto che mentre i democratici al Congresso ora giocano duro, i repubblicani nei primi due anni non lo hanno fatto contro coloro che, sempre secondo lui, avrebbero dovuto essere indagati. E se ne rammarica Trump, prendendosela con l’allora speaker del Gop Ryan. Insomma, solo screzi di partito. Ma allora cosa c’entra nominare i poliziotti, l’esercito, e i “motociclisti per Trump”?

Don Trump ci appare ancora una volta come il padrino-in-chief, che a modo suo lancia avvertimenti. Per chi?  Trump sapeva che sconfitte politiche stavano cadendogli addosso e così usava Breitbart per far arrivare i suoi “pizzini”. Infatti mentre il Congresso, grazie al “tradimento” (che per chi scrive è invece “patriottismo”) di alcuni senatori del GOP,  in due giorni dava a Trump ben tre schiaffi, bocciando il suo decreto speciale d’emergenza sui confini (e oggi lui ha messo il veto!),  l’appoggio dato all’Arabia Saudita nella guerra in Yemen, e nel consentire di rendere pubblico il rapporto di Mueller quando sarà finalmente consegnato, Trump reagiva a modo suo. Il Congresso manda il segnale che finalmente ci sono senatori repubblicani che potenzialmente potrebbero essere anche pronti a votare con i democratici per l’impeachment quando Trump avrà raggiunto ogni limite di convivenza con le istituzioni democratiche di questo paese? Ecco che il capo della Casa Bianca mandava il suo “pizzino” mafioso: attenti, ci sono coloro che sono “tough”, forzuti, pronti a menare e usare violenza per proteggere quel presidente che vogliono al potere anche se “ammazzasse qualcuno sulla Quinta avenue”. Capito a che punto siamo arrivati?

D’altronde il suo ex avvocato Michael Cohen, durante la testimonianza al Congresso, aveva avvertito l’America, in diretta tv, di esser convinto che Trump, davanti ad una sconfitta elettorale nel 2020, non cederebbe il potere…

Trump forse scherzava quando ha detto quello che ha detto al megafono di Breitbart?  Se forse le avesse dichiarate quelle frasi al NYT, poteva anche starci la sparata. Ma con Breibart, Trump stava rivolgendosi al suo zoccolo duro, impregnato di quei “white suprematists” che, oltre a non veder l’ora che dal capo giungano gli ordini, in quelle stesse ore ricevevano “esaltanti” notizie  dalla Nuova Zelanda.

E quindi arriviamo a Brenton Tarrant e a quello che non può essere più considerato un gesto isolato di un psicopatico, ma il “pensiero-azione” guidato da un’ ideologia micidiale, che grazie a internet, si espande ormai tra i continenti pubblicando “manifesti” e attaccando gli obiettivi con telecamere in modo da ispirare altri “suprematisti” e indicare come colpire.

Brenton Tarrant filmato durante il suo attacco e il suo “manifesto” (Da youtube)

Tarrant, nel suo “manifesto” di 74 pagine, mette un titolo, “The Great Replacement”, e si descrive come un “bianco normale di una famiglia normale” che “ha deciso di passare all’azione per assicurare un futuro alla mia gente”. Che sarebbero, attenzione, la sua gente non gli australiani o i neozelandesi bianchi, ma tutti i bianchi “normali” del mondo. L’ideologia “White suprematist” per l’appunto. L’attacco alle moschee, per Tarrant serve a mandare il messaggio che “in nessuna parte del mondo si è al sicuro”. Cioè, dove vivono i bianchi, qualunque parte del mondo sia, ora tutti gli altri dovranno aver paura, saranno espulsi o eliminati.

Gli immigrati e rifugiati che Tarrant ha ucciso, nel suo documento vengono chiamati “invasori”. Già, esattamente come chiamava gli immigrati musulmani Robert Bowers, che ha ammazzato in Pennsylvania 11 ebrei in una sinagoga. Come, erano ebrei e non musulmani? Ma perché nella “grande cospirazione” contro l’uomo bianco farneticata dai “white supremacist”, il complotto degli ebrei questa volta sarebbe quello di far invadere i paesi occidentali dai musulmani, o comunque da gente “non bianca”, per far scomparire i bianchi cristiani e non (più che una religione la loro ideologia difende una “purezza di sangue”, siamo nel regno assoluto del razzismo).

Tarrant, nel suo documento-manifesto, spiega perché le sue vittime saranno dei musulmani pacifici che pregano, che lui dovrà colpirli non perché sospetta che si siano terroristi violenti tra loro ma perché “l’invasore disarmato è molto più pericoloso per la nostra gente che l’invasore armato. Non abbiamo alcuna idea di come comportarci nei loro confronti, non siamo capaci di attaccarli e allontanarli in alcun modo”. 

Chiaro? Ecco perché il documento si chiama “Great Replacement”. Matti? Nessuno li lega e anzi abbiamo un presidente che li ispira addirittura da dentro la Casa Bianca e, nel suo piccolo, pure un certo Matteo Salvini, ministro degli Interni in Italia e che qualcuno vorrebbe far diventare presto premier.  E tanti altri politici sovran-populisti in Ungheria, Polonia, ma anche Francia e Germania (per fortuna ancora fuori dal governo, ma fino a quando?). Quindi è Trump il “commander in chief” di questi “white suprematist”, che quando sfilano con le torce, da lui vengono chiamati “very fine people”, brave persone.

Ma quanti sono i fascisti razzisti oggi nei governi di paesi democratici e nei loro parlamenti? Troppi. Pensate che un senatore australiano, a poche ore dalla strage in Nuova Zelanda ad opera del suo cittadino “white suprematist”, ha dichiarato che la colpa era dell’immigrazione che ispirava alla violenza…

Quanto tempo ancora dobbiamo sopportare questa feccia al potere? Quanto tempo ancora dobbiamo lasciare che questi fascio-nazi-white-suprematist abbiano nei parlamenti e addirittura dentro i governi, chi gli fa le fusa, chi li asseconda, chi ne chiede il voto?

Recentemente la Speaker del Congresso Nancy Pelosi, ha detto che non cercherà l’impeachment per Trump, l’uomo “non ne vale la pena”, sarebbe un’azione che spaccherebbe il paese… Ma dove vive Nancy? Svegliatela subito Nunzia, si è riaddormentata o peggio, sta facendo certi calcoli elettorali (Trump é il più facile da battere) che già nel 2016 ci hanno portato a questo disastro.

Il paese, la democrazia, l’occidente è già spaccato e si deve reagire subito per saltare fuori da queste sabbie mobili che stanno tirando giù tutti verso un inferno nazi-sovranista-razzista. Si deve reagire usando tutto quello che lo stato di diritto e la democrazia ancora ci garantisce. Senza indugi. Altrimenti altri centinaia, forse già migliaia di Tarrant, come tarantole velenose usciranno armati dalle loro tane sentendosi in missione ispirati da chi sta non in una caverna dell’Afghanistan, ma nella Casa Bianca! Reagire ora prima che sia troppo tardi: quando si troveranno in minoranza al momento delle scelte elettorali, questi “tough people” si saranno ben esercitati a mantenere al potere il loro capo “con le cattive”…  Non lo ha appena detto lo stesso Trump?

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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