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Le morti di JFK, RFK, Malcom X e MLK: un “assalto coordinato alla democrazia”

In occasione del Martin Luther King Day, più di 60 firmatari, tra cui i figli di RFK, chiedono nuove indagini sui 4 omicidi che sconvolsero l'America

Giulia PozzibyGiulia Pozzi
Le morti di JFK, RFK, Malcom X e MLK: un “assalto coordinato alla democrazia”

Da sin., Martin Luther King, Malcom X, John Fitzgerald Kennedy e Robert Kennedy.

Time: 6 mins read

Quest’anno c’è una nuova iniziativa per certi versi storica a marcare il tradizionale Martin Luther King Jr. Day, promossa da un gruppo di oltre 60 accademici, giornalisti, avvocati, artisti di Hollywood, attivisti, ricercatori e intellettuali. Tutti uniti nel chiedere, innanzitutto, verità sulle circostanze in cui personaggi storici fondamentali, come John F. Kennedy, Robert F. Kennedy, Malcolm X, Martin Luther King Jr., sono morti, cambiando per sempre il corso della storia americana e mondiale. Secondo la dichiarazione uscita in queste ore, queste quattro uccisioni “sono state, tutte insieme, un assalto violento e coordinato alla democrazia americana e le tragiche conseguenze di questi assassini continuano a perseguitare la nostra nazione”.

Tra i firmatari che chiedono al Congresso di riaprire le indagini sui 4 assassinii, spiccano Isaac Newton Farris Jr., nipote del reverendo King e già presidente della Southern Christian Leadership Conference; il reverendo James M. Lawson Jr., stretto collaboratore di Martin Luther King, e Robert F. Kennedy Jr. e Kathleen Kennedy Townsend, figli del defunto senatore. Non solo: tra gli illustri nominativi figura anche quello di G. Robert Blakey, principale consigliere della Commissione d’inchiesta che nel 1979 affermò che il presidente Kennedy era vittima di una probabile cospirazione; Robert McClelland, uno dei chirurghi del Parkland Memorial Hospital di Dallas che cercò di salvare la vita del Presidente, e che fu testimone del fatto che JFK era stato colpito da proiettili da davanti e da dietro; Daniel Ellsberg, l’informatore dei “Pentagon Papers”,  già consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca di Kennedy; Richard Falk, professore emerito di diritto internazionale alla Princeton University e una delle principali autorità mondiali sui diritti umani; gli artisti di Hollywood Alec Baldwin, Martin Sheen, Rob Reiner e Oliver Stone; il comico Mort Sahl e il musicista David Crosby.

Firmatari illustri, dunque, per un appello ufficiale al Congresso perché, tra le altre cose, stabilisca una decisa supervisione sulla pubblicazione di tutti i documenti governativi relativi alla presidenza e all’assassinio di Kennedy, come stabilito dal JFK Records Collection Act del 1992. Una legge sulla trasparenza, quest’ultima, sistematicamente ignorata dalla CIA e dalle altre autorità federali.

Come i nostri lettori si ricorderanno, uno dei primissimi atti della presidenza di Donald Trump fu la decisione di desecretare 2891 documenti sulla morte di JFK, circostanza preceduta da alte aspettative e seguita da una delusione generale. Sì: perché la verità sulla morte dell’ex presidente degli Stati Uniti si annida, probabilmente, nei file tenuti ancora riservati. Eppure, se è vero che le pagine desecretate dalla presidenza Trump non contengono né la pistola fumante, né la prova incontrovertibile che, quel 22 novembre 1963, Lee Harvey Oswald non avesse agito da solo, è pur vero che hanno restituito l’impressione di una trama ben più complicata rispetto a quella cristallizzata dalla verità “ufficiale”.

Per saperne di più: JFK Files senza le pagine più scottanti: una trattativa tra Trump e CIA-FBI?

Ad ogni modo, l’appello degli oltre 60 eminenti cittadini americani chiede addirittura l’apertura di una inchiesta pubblica sui “quattro principali assassini degli anni ’60 che insieme hanno avuto un impatto disastroso sul corso della storia americana”. Un processo che, ad avviso dei firmatari, dovrebbe ispirarsi alle udienze all’insegna di “Verità e Riconciliazione” tenutesi in Sudafrica dopo la fine dell’apartheid. Un’inchiesta, dunque, che dovrebbe mirare a riportare a galla la verità dei fatti in relazione ad atti organizzati di violenza politica sui quali, ancora, non tutti i dubbi sono stati dissipati. Non è un caso che i promotori della campagna definiscano se stessi proprio “Comitato per la Verità e la Riconciliazione”.

Tra le richieste del gruppo, anche quella di riaprire le indagini sull’assassino di Robert F. Kennedy, fratello del Presidente e già ministro della Giustizia. Il presupposto dei firmatari è infatti che la condanna di Sirhan Sirhan sia basata su un “processo farsa”, visto che le sole prove forensi avrebbero dimostrato che Sirhan non poteva aver sparato il colpo fatale che ha raggiunto il senatore. Una teoria, questa, sostenuta addirittura dal dottor Thomas Noguchi, colui che eseguì l’autopsia ufficiale sul corpo senza vita di RFK.

Leggi anche RFK e la “misteriosa” fine del populismo kennediano

Ecco il testo dell’appello:

Chiediamo al Congresso di stabilire una supervisione continua sul rilascio di documenti governativi relativi alla presidenza e all’assassinio del presidente John F. Kennedy, per assicurare la trasparenza pubblica come richiesto dal JFK Records Collection Act del 1992. Il comitato della Camera per la Supervisione e la Riforma del governo dovrebbe tenere delle udienze sul fallimento dell’amministrazione Trump nel far rispettare il JFK Records Act.

 

Chiediamo una grande inchiesta pubblica sui quattro principali assassini degli anni ’60 che, insieme, hanno avuto un impatto disastroso sul corso della storia americana: gli omicidi di John F. Kennedy, Malcolm X, Martin Luther King Jr. e Robert F. Kennedy. Questo tribunale pubblico, facendo luce su questo capitolo oscuro della nostra storia, sarà modellato sul processo di verità e riconciliazione tenutosi nel Sudafrica post-apartheid. L’inchiesta – che terrà conto delle testimonianze di testimoni viventi, esperti legali, giornalisti investigativi, storici e familiari delle vittime – è intesa a dimostrare la necessità che il Congresso o il Dipartimento di Giustizia riaprano le indagini su tutti e quattro gli omicidi.

 

In occasione del Martin Luther King Jr. Day, chiediamo un’indagine completa sull’assassinio del reverendo. La condanna di James Earl Ray per il crimine ha progressivamente perso credibilità nel corso degli anni, con un processo civile del 1999 promosso dalla famiglia del reverendo King che metteva in luce le responsabilità delle agenzie governative e di elementi del crimine organizzato. A seguito del verdetto, Coretta Scott King, la vedova del leader ucciso, ha dichiarato: “Ci sono prove abbondanti di una cospirazione importante di alto livello nell’assassinio di mio marito”. La giuria del processo di Memphis ha determinato che varie agenzie federali, statali e locali “sono state profondamente coinvolte nell’assassinio… Il signor Ray è stato messo lì per prendersi la colpa”. L’assassinio del reverendo King è stato il culmine di anni di crescente sorveglianza e molestie dirette al leader dei diritti umani da parte dell’FBI di J. Edgar Hoover e da altre agenzie.

 

Chiediamo un’indagine completa sul caso dell’omicidio di Robert F. Kennedy, il cui processo è stata una presa in giro, demolita da numerosi testimoni oculari, investigatori ed esperti – incluso l’ex medico legale della contea di Los Angeles Thomas Noguchi, che ha eseguito l’autopsia ufficiale sul senatore Kennedy –. Le sole prove forensi stabiliscono che i colpi sparati da Sirhan Sirhan di fronte al senatore Kennedy non lo uccisero; il colpo fatale che ha colpito RFK in testa è stato sparato a distanza ravvicinata da dietro. Di conseguenza, il caso dovrebbe essere riaperto per una nuova indagine esauriente mentre ci sono ancora testimoni viventi, come  in tutti e quattro i casi di omicidio.

 

Dichiarazione congiunta sugli assassinii dei Kennedy, di King, di Malcom X e sui rispettivi insabbiamenti

 

1. Come concluso nel 1979 dal Comitato ristretto di selezione degli assassini, il presidente John F. Kennedy fu probabilmente ucciso a causa di una cospirazione.

 

2. Nei quattro decenni trascorsi da questa constatazione del Congresso, una grande quantità di prove raccolte da giornalisti, storici e ricercatori indipendenti conferma questa conclusione. Questo crescente numero di prove indica con forza che la cospirazione per assassinare il presidente Kennedy è stata organizzata ad alti livelli della struttura di potere degli Stati Uniti, ed è stata implementata dai principali elementi dell’apparato di sicurezza nazionale statunitense, avvalendosi, tra gli altri, di figure criminali per aiutare a realizzare il crimine e il successivo insabbiamento.

 

3. Questa straordinaria conclusione è stata raggiunta anche dallo stesso fratello del presidente, il procuratore generale Robert F. Kennedy, che è stato assassinato nel 1968 mentre era candidato alla presidenza, dopo aver detto a tutti gli stretti collaboratori che intendeva riaprire le indagini sull’omicidio di suo fratello se avesse vinto l’elezione.

 

4. L’amministrazione del presidente Kennedy fu gravemente fratturata dai suoi sforzi per porre fine alla Guerra Fredda, comprese le sue trattative informali di pace con l’Unione Sovietica e Cuba e il suo piano di ritirare le truppe americane dal Vietnam dopo le elezioni presidenziali del 1964.

 

5. Il presidente Kennedy è stato a lungo ritratto come un falco della Guerra Fredda, ma questa visione grossolanamente inaccurata è stata fortemente messa in discussione nel corso degli anni da storici e ricercatori revisionisti, che hanno dimostrato che Kennedy era spesso in disaccordo con i suoi stessi generali e funzionari di spionaggio. Questa interpretazione revisionista della presidenza Kennedy è ora ampiamente accettata, anche dai principali biografi di Kennedy.

 

6. L’investigazione ufficiale sull’assassinio di JFK cadde immediatamente sotto il controllo delle agenzie di sicurezza degli Stati Uniti, assicurando un insabbiamento. La Commissione Warren era presieduta dall’ex direttore della CIA Allen Dulles e da altri funzionari con forti legami con la CIA e l’FBI.

 

7. I media corporativi, con le loro innumerevoli connessioni con l’establishment della sicurezza nazionale, hanno aiutato la copertura con la loro fretta di sposare le conclusioni del rapporto Warren e di disprezzare giornalisti o ricercatori che hanno sollevato domande sulla storia ufficiale.

 

8. Nonostante il massiccio insabbiamento dell’assassinio di JFK, i sondaggi hanno costantemente dimostrato che la maggioranza del popolo americano crede che Kennedy sia stata vittima di una cospirazione, cosa che ha portato alla profonda erosione della fiducia nel governo e nei media degli Stati Uniti.

 

9. La CIA continua a ostacolare le prove sull’assassinio di JFK, bloccando regolarmente richieste legittime di libertà di informazione, sfidando il JFK Records Collection Act del 1992, e impedendo il rilascio di migliaia di documenti governativi come richiesto dalla legge.

 

10. L’assassinio di JFK è stato solo uno dei quattro principali omicidi politici che hanno sconvolto la vita degli americani negli anni ’60 e hanno gettato un’ombra sul Paese per decenni a seguire. John F. Kennedy, Malcolm X, Martin Luther King Jr. e Robert F. Kennedy erano ciascuno a proprio modo impegnati ad allontanare gli Stati Uniti dallo spettro della guerra e ad avvicinarli agli obiettivi del disarmo e della pace, portandoli lontani dalla violenza domestica e dalla divisione e promuovendo l’amicizia e la giustizia civile. Le loro uccisioni sono state, tutte insieme, un assalto violento e coordinato alla democrazia americana e le tragiche conseguenze di questi assassini continuano a perseguitare la nostra nazione.

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Giulia Pozzi

Giulia Pozzi

Classe 1989, lombarda, dopo la laurea magistrale in Filologia Moderna all'Università Cattolica di Milano si è specializzata alla Scuola di Giornalismo Lelio Basso di Roma e ha conseguito un master in Comunicazione e Media nelle Relazioni Internazionali presso la Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale (SIOI). Ha lavorato come giornalista a Roma occupandosi di politica e affari esteri. Per la Voce di New York, è stata corrispondente dalle Nazioni Unite a New York. Collabora anche con "7-Corriere della Sera", "L'Espresso", "Linkiesta.it". Considera la grande letteratura di ogni tempo il "rumore di fondo" di calviniana memoria, e la lente attraverso cui osservare la realtà.

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