
È stata l’audizione al Senato più vista di sempre, quella che, nelle scorse ore, ha ospitato le testimonianze di Christine Blasey Ford e del candidato alla Corte Suprema Brett Kavanaugh. Una vera e propria maratona durata tutto il giorno, fino a sera, e che ha ulteriormente divaricato un’America già divisa: divisa, almeno, da quell’8 novembre 2016 che ha portato Donald Trump alla Casa Bianca. Sì, perché la ricaduta della vicenda di Kavanaugh, accusato da Blasey Ford di averla molestata a una festa 36 anni fa, non è limitata soltanto al destino del giudice, ma ha una valenza politica e socio-culturale enorme che neppure l’esito piuttosto scontato del voto della commissione del Senato, 11 a 10 a favore del giudice, potrà cancellare. A maggior ragione, perché il voto dell’intero Senato è destinato invece ad essere rimandato, per poter consentire un’indagine dell’FBI. La richiesta è stata fatta dal senatore repubblicano dell’Arizona Jeff Flake, uno dei senatori chiave nel voto, che ha chiesto di posticipare di una settimana l’appuntamento per permettere l’intervento del Federal Bureau.
Overall, @RAINN says call volume to the National Sexual Assault Hotline was up 147 percent today. If you want to call, it’s 1-800-656-4673 https://t.co/ntzOQSEOLt
— David Fahrenthold (@Fahrenthold) September 27, 2018
Intanto, è giusto sottolineare che un “effetto Ford” si sarebbe già registrato: secondo David Fahrenthold, reporter del Washington Post, il volume delle chiamate alla linea telefonica di emergenza per casi di violenza e molestie, la RAINN, giovedì è schizzato del 147%. Poi certo: poter dire una parola definitiva e oggettiva su che cosa accadde davvero quella sera di più di 3 decadi fa resta complicato. Difficile, in effetti, anche solo pensare che l’audizione al Senato avrebbe potuto ristabilire la verità: quella, perlomeno dal punto di vista giudiziario, solo un’indagine dell’FBI (a cui Kavanaugh continua ad opporsi) potrebbe ristabilirla. Poi certo: sono in molti ad aver ritenuto convincente la testimonianza – a tratti straziante – di Blasey Ford, ed eccessivamente mutevole – dalle lacrime alla rabbia al silenzio, e poi ancora alle lacrime e alla rabbia – quella del candidato alla Corte Suprema Kavanaugh. Tanti sono gli elementi che mettono in dubbio la sua versione dei fatti: come il fatto che il suo sodale Mark Judge, eccentrico scrittore che, secondo Blasey Ford sarebbe stato presente durante l’attacco, ha scritto un libro dall’eloquente titolo “Wasted: Tales of a GenX Drunk”. Una sorta di summa delle epiche gesta di una generazione “perduta”, che trascorreva le sue serate a obnubilarsi la mente innaffiandosi con fiumi di alcol e, sostanzialmente, perdendo il controllo di sé. Durante l’audizione, il senatore democratico Lehay del Vermont, ha chiesto al giudice Kavanough, se il personaggio nel libro chiamato Bart O’Kavanaugh, fosse lui. Kavanaugh ha cercato di rispondere alla domanda dicendo che i personaggi nel libro era inventati ma i nomi magari erano stati scelti da quelli che l’autore conosceva tra i suoi amici, ma quando poi il giudice è stato pressato dal senatore Lehay di rispondere si o no, la isposta è stata: “Questo dovrebbe chiederlo a Mark Judge”. A quel punto il senatore ha replicato: “Su questo sono d’accordo con lei”. Notizia dell’ultima ora, sembra che Judge abbia accettato di cooperare in una eventuale indagine sulle accuse sollevate da Julie Swetnick.

Parte di quella generazione fu certamente Judge – che ha avuto, è emerso in audizione, problemi di dipendenza da alcol e droghe -, ma, verosimilmente, anche il suo strettissimo amico di quei tempi, Kavanaugh. Che pure, di fronte alla Commissione del Senato, si è autorappresentato come un ragazzo tutto “basket e Chiesa”. Poi certo, il giudice nega e lo stesso ha fatto Judge: in una lettera indirizzata al presidente della Commissione Chuck Grassley e alla senatrice democratica Diane Feinstein, ha ribadito di non ricordare nulla dei fatti citati dalla Blasey Ford, e di non aver mai visto Brett comportarsi come da lei riferito. Ha anche aggiunto: “In qualità di ex alcolista e sopravvissuto a un cancro, ho lottato con ansia e depressione. Per questo, evito di parlare pubblicamente”. Ma poi, puntualmente, spunta il compagno di stanza di Kavanaugh ai tempi di Yale, che lo descrive come eccessivamente incline alla bottiglia fino al punto di perdere, potenzialmente, memoria e coscienza di sé.
Ma al di là della vicenda in sé, e persino al di là delle strette ricadute politiche per i repubblicani e i democratici e per lo stesso Kavanaugh, quello che si profila è un enorme punto di svolta nel Movimento #MeToo. Questa è, in effetti, la differenza più grande tra il caso di Blasey Ford e quello di Anita Hill nel 1991: in quel caso non ci furono strascichi perché la vicenda non era, come in questo caso, la punta dell’iceberg di una riscossa culturale e sociale iniziata da Hollywood e arrivata al punto di travolgere un candidato alla Corte Suprema. Fino a qualche anno fa, sarebbe stato inimmaginabile che un movimento contro il giustificazionismo e l’omertà che circonda culturalmente il sexual harassment contro le donne in ogni campo toccasse un livello simile. E dopo il recente tracollo di Asia Argento, Christine è diventata, dopo ieri, il nuovo, coraggioso volto di quella riscossa.
Resta da capire dove condurrà tale marea. Potenzialmente, però, potrebbe arrivare alla Casa Bianca. I nostri lettori si ricorderanno che, mesi fa, 17 donne accusarono il presidente Donald Trump di molestie (le “4 o 5” a cui ha accennato in conferenza stampa). Il Commander-in-Chief, nel 2016, ha conquistato il 52% del voto delle donne: ma cosa faranno le sue elettrici alle elezioni di midterm dopo i tanti scandali e l’“uragano” Blasey Ford? La ricaduta potrebbe non essere meramente elettorale: perché, nel caso in cui il Senato bloccasse la nomina di Kavanaugh, qualcuno potrebbe chiedersi la ragione per cui il Presidente della più grande democrazia del mondo non dovrebbe subire il medesimo destino del suo candidato alla Corte Suprema.
Certo: un dubbio resta. Ed è il dubbio più grande e pesante di tutti: al netto dell’indubbia influenza del movimento #MeToo, la società in cui viviamo sarà davvero pronta al passaggio successivo, cioè non solo a dividersi sulla questione, ma anche, finalmente, ad unirsi? Il diritto alla sicurezza di ogni donna riuscirà finalmente a prevalere sulle logiche di potere e sulle strumentalizzazioni politiche, perpetrate da una parte e dall’altra? I Repubblicani, nel confermare la nomina di Kavanaugh, hanno certamente perso un’occasione per fare la storia. Chissà, viene da chiedersi, se questa occasione sarà colta dal Senato a stelle e strisce, e, soprattutto, dalla società civile e da un’opinione pubblica finalmente e largamente maggioritaria.
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