Un’amica americana che visita spesso l’Italia mi ha fatto, di recente, una serie di domande dirette e sconcertanti: “perché gli italiani non sono patriottici?, “perché non si vantano che l’Italia è il miglior paese del mondo? E della storia e dell’arte italiana?” Ha notato però che gli italiani parlano con orgoglio della regione, della città o del paese da cui provengono, dando la sensazione di non avere quello spirito nazionale tipico di altre nazioni. Queste osservazioni, pronunciate con cognizione di causa o meno, mi hanno fatto pensare che forse il forte campanilismo italiano proietti un’immagine poco unificata e patriottica dell’Italia e il tipo di rapporto che gli “italiani” hanno con il proprio paese. C’è da chiedersi allora se il campanilismo sia ancora vivo e radicato e se infatti non sostituisca un amore più unificato per la patria. Quando ultimamente ho letto che solo il 60% degli italiani è in grado di riconoscere la bandiera tricolore e che solo nel 2017 l’Inno di Mameli è stato dichiarato inno nazionale ho dato nuova considerazione alle domande della mia amica.
A questo punto vien da chiederci: che cos’è il patriottismo? La definizione ampiamente accettata, un sentimento di devozione, amore e lealtà per la propria patria, apre le porte a diverse interpretazioni. Con questi presupposti il sentimento di campanilismo italiano può essere giustificato se ci soffermiamo a pensare che l’Italia è una “nazione” (interpretata in senso fisico e geografico) politicamente giovane nata con l’unificazione del 1861, a cui si è arrivati dopo anni di disordini e moti rivoluzionari. Prima di quella data era stata oggetto di invasioni da parte di popolazioni straniere e guerre cruenti, e si era ritrovata ad assoggettarsi, anche se solo verbalmente, agli occupatori che governavano in quel periodo. Gli abitanti dello “Stivale”, secondo un’affermata teoria, non avendo un governo nazionale, un esercito per difenderli e una bandiera che li identificasse come un unico popolo, si sono sempre auto definiti padovani, veneziani, siciliani e altro in base alla regione o paese di provenienza piuttosto che alla nazione.
La precarietà politica di cui ha sempre sofferto l’Italia ha giocato un ruolo fondamentale nel sentimento di identificazione dei suoi abitanti che hanno cercato la stabilità socio-politica nei luoghi immutati e più vicini di provenienza invece di governi stranieri e lontani. È più facile sentirsi uniti alla città o al paese natio se il sindaco è il vicino di casa, o la chiesa frequentata sin dal battesimo è a pochi metri, e la scuola dove hai imparato a leggere è a due passi, invece di confidare nel sovrano di turno che risiede in Austria o in Spagna. Beppe Severgnini, giornalista esperto in materia, ha dichiarato che, “la vita pubblica italiana si basa sulla rivalità e le dominazioni straniere subite dall’Italia durante i secoli e che hanno spinto gli italiani a trovare agio e la propria identità nella comunità in cui sono nati”.
Ciononostante, la lealtà può manifestarsi in tante maniere. In questo caso non è da escludere la possibilità che gli italiani si possano sentire appartenenti alla nazione e allo stesso tempo sentirsi toscani, napoletani o siciliani.
Le ipotesi sull’argomento sono diverse, un’altra che ha preso piede è quella che associa la mancanza di senso patriottico degli italiani al periodo fascista di cui si parla con cautela se non con imbarazzo. Le espressioni di patriottismo fanatico sanno di Fascismo e riportano alla mente la nota spacconeria di Mussolini riguardo alla grandezza del popolo italiano in quanto eredi dello splendore della civiltà dell’Impero Romano. Comprendo benissimo i timori che si celano dietro tali affermazioni e la tendenza a evitare certe associazioni e argomenti, a meno che non ci si trova davanti un simpatizzante neo-nazista dichiarato.
Per capire meglio il sentimento ambiguo degli italiani sulla questione, possiamo citare l’esempio degli appartenenti al gruppo politico della Lega Nord e di come il loro patriottismo può trasformarsi in settarismo e persino in fervore scismatico. Si nota, per esempio, la loro affermazione di appartenere ad una razza italiana etnicamente più elevata e di guardare con disprezzo a quegli italiani che considerano di non essere al loro pari. La recente alleanza politica tra il Movimento 5 Stelle e quello della Lega Nord ha causato un atteggiamento quasi persecutorio nei confronti delle minoranze etniche tuttora presenti sul territorio nazionale e definiti “soggetti indesiderati”. Conclusioni che riportano alla mente il tipo di politica sull’immigrazione che sta portando avanti Donald Trump in America, e che gli esponenti dei due partiti politici italiani di maggioranza, Salvini e Di Maio, hanno adottato in Italia, imponendo misure restrittive sullo sbarco degli immigrati e sui loro diritti, facendo leva sul sentimento di coesione nazionale. Le nuove manovre politiche sull’immigrazione includono l’espatrio di 500.000 immigrati illegali da effettuarsi al più presto possibile, l’eliminazione della politica di “accoglienza dei flussi migratori”, la chiusura dei campi Rom nelle zone periferiche di Roma, nonché il censimento di tutti gli Imam islamici residenti in Italia. Allora è chiaro che con la retorica di voler far valere i “diritti patriottici” della nazione si vuole in realtà “preservare l’Italia per gli italiani” fomentando il sentimento di paura per lo straniero.
Per altri è possibile che il patriottismo equivale il nazionalismo, un legame che per difenderlo, ci ha portati a sostenere diverse guerre durante il XIX e il XX esimo secoli, ed è allora comprensibile se gli italiani dimostrano poca simpatia nei confronti di sentimenti patriottici troppo ostentati.

In fin dei conti, ci dovremmo forse chiedere se il patriottismo sia davvero una cosa positiva, o meglio, quanto sia giusto essere patriottici e quando invece diventa un eccesso pericoloso? Le epoche del Fascismo e del Nazismo –entrambi ideologie politiche altamente patriottiche– hanno dimostrato come tanto “patriottismo” possa portare all’abuso dei diritti umani. Anche in America abbiamo vissuto di recente una situazione quasi speculare di eccesso in cui Donald Trump, fedele allo slogan di “rendere l’America di nuovo un grande paese”, ha deciso di innalzare i muri di intolleranza sull’immigrazione illegale proveniente dal Messico separando persino i neonati dai genitori e deportando questi ultimi nel paese di provenienza.
Mi rifiuto di considerare che gli italiani non siano patriottici. Se accettiamo che sia possibile d’amare senza ostentazione, allora lo sono senza accorgersene quando parlano con orgoglio della propria lingua e della propria cultura, del “Made in Italy” e del Colosseo. Forse gli italiani hanno trovato l’equilibrio tra l’amor di Patria e gli eccessi di fanatismo. Forse sarebbe più saggio per tutti di sentirsi parte della grande comunità meglio conosciuta come razza umana.