“Allora io ho detto al bambino – io ero ancora incappucciato – ho detto al bambino di mettersi in un angolo, cioè vicino al letto, quasi ai piedi del letto, in un angolo con le braccia alzate e con la faccia al muro. Allora il bambino, per come io gli ho detto, si è messo di fronte il muro, diciamo, a faccia al muro. Io ci sono andato da dietro, ci ho messo la corda al collo. Tirandolo, con uno sbalzo forte, me lo sono tirato indietro e l’ho appoggiato a terra.
Enzo Brusca si è messo sopra le braccia inchiodandolo in questa maniera (incrocia le braccia), e Monticciolo si è messo sulle gambe del bambino, per evitare che si muoveva… il bambino diciamo era molto molle, era tenero, sembrava fatto di burro… Il bambino ha fatto solo uno sbalzo di reazione, uno solo e lento, ha fatto solo quello e poi non si è mosso più, solo gli occhi, cioè, girava gli occhi… ho visto il Monticciolo che tirava forte la corda, e con il piede batteva forte nella corda, per potere stringere ancora il cappio, nella corda…
…Ho preso un pochettino d’aria, sono risceso e ho detto a Monticciolo “dammi di nuovo a me la corda”, e il Monticciolo dice: “Va beh, lascia stare”; finché poi il bambino già era morto. Enzo Brusca… quando ha visto che il bambino già era morto, mi ha ordinato, Enzo Brusca, a me, “spoglialo”. Io ho spogliato il bambino, e il bambino era urinato, e si era fatto anche addosso, dalla paura, di quello che abbia potuto capire…

…Dopo averlo spogliato, ci abbiamo tolto, aveva un orologio al polso e tutto, abbiamo versato l’acido nel fusto e abbiamo preso il bambino. Io l’ho preso per i piedi, e Monticciolo e Brusca l’hanno preso per un braccio l’uno, così; e l’abbiamo messo nell’acido, e ce ne siamo andati sopra. Andando sopra abbiamo lasciato il tappo del tunnel socchiuso, per fare uscire il vapore dell’acido che usciva…
…Quando siamo saliti sopra, Enzo Brusca e Monticciolo mi hanno baciato, dicendo che mi ero comportato… come se mi avessero fatto gli auguri di Natale o chissà… Siamo entrati dentro la casa dove avevamo cenato prima, così, eravamo lì, abbiamo fumato una sigaretta, si parlava così.
Poi, dopo un po’, Enzo Brusca mi dice: “Vai sopra, vai a guardare che cosa c’è, se funziona l’acido, se va bene o meno”…“Io ci sono andato giù, sono andato a vedere lì, e del bambino c’era solo un pezzo di gamba e una parte della schiena; perché io ho cercato di mescolare con un bastone, e ho visto che c’era solo un pezzo di gamba …e una parte… però, era un attimo, perché sono andato.. uscito perché lì dentro la puzza dell’acido…
…Poi siamo andati tutti a letto a dormire, abbiamo dormito lì…” .

Così, Vincenzo Chiodo, il 28 Luglio 1998, alla Corte di Assise di Palermo, che giudicava l’omicidio di Giuseppe Di Matteo: “il bambino”. Ordinato da Giovanni Brusca.
“Ufficiale molto serio, molto riflessivo, molto responsabile ha dato nuova conferma di un patrimonio brillante di qualità intellettuali, morali, militari e di carattere. Nel particolare e delicato incarico della lotta frontale alla eversione, ha attinto a piene mani alla sua esperienza ed alla sua qualificata preparazione tecnico-professionale per condurre un’azione penetrante, responsabile, generosa, per offrire una collaborazione permeata di entusiasmo e di spirito di sacrificio e per garantire, con tatto ed efficacia, relazioni proficue con organi paralleli e con la stessa A.G. Gli esprimo la mia gratitudine. Rendimento pieno e sicuro. Qualifica finale: eccellente”.
Così, il Generale Dalla Chiesa sull’allora Capitano Mario Mori.
“Non ho mai avuto alcun sentore di una trattativa politica con la mafia. Casomai si può dire che ci sia stata una trattativa di polizia. In una fase in cui non c’erano pentiti né gli strumenti tecnologici attuali accadeva spesso che le forze di polizia avessero relazioni con i boss ad esempio per negoziare informazioni”.
Ieri, Luciano Violante, deponendo al Processo di Appello contro Calogero Mannino, già assolto in primo grado nel giudizio abbreviato-Trattativa.
A parte, le altre sentenze, queste definitive: che hanno già assolto sul prima, sul dopo, e sul durante della ridetta Trattativa.
“….condanna Cinà Antonino, Dell’Utri Marcello, Mori Mario, Subranni Antonio, ciascuno alla pena di anni di dodici di reclusione…dichiara non doversi procedere nei confronti di Brusca Giovanni, concessa la circostanza attenuante speciale prevista da… perché estinto il reato per prescrizione…”
Così, la Corte di Assise di Palermo, la settimana scorsa, all’esito del Processo-Trattativa.
Questi sono i segni di un guasto profondo. Su cui ciascun uomo libero, in silenzio, o con la parola, comunque senza animosità, dovrebbe interrogarsi.