Che con questa legge elettorale, il giorno dopo il voto, non si potesse sapere con certezza che ne sarebbe stato dell’Italia non era una novità per nessuno. Ma ora che di giorni ne sono passati più di 15 e che ne manca solo uno alla prima riunione del nuovo Parlamento – con l’elezione dei presidenti di Camera e Senato – i cittadini sembrano brancolare ancora nel buio. Quale maggioranza possibile? Nuove elezioni? Un governo di scopo? Chi presiederà le Camere? Certo, tra gli addetti ai lavori le ipotesi e i retroscena si sprecano: e tra i mal di pancia nel Pd, i colpi di coda di Forza Italia, i negoziati condotti dai Cinque Stelle, le telefonate da Di Maio e Salvini, sembra un po’ di vivere in una puntata di House of Cards “de’ noantri”. Ma tra i cittadini – quelli normali, che i giornali, sì, li leggono, ma poi danno peso alle proprie sensazioni e alla propria esperienza -, a regnare sovrano è il caos. Spesso unito, duole dirlo, a quel pizzico di scoramento che, di questi tempi, non manca mai.
È questa, perlomeno, l’aria che si respira in una mattina romana di fine marzo, con una brezza ancora un po’ troppo frizzante per la stagione primaverile appena iniziata e il sole che si affaccia timidamente, dopo giorni di pioggia, a colorare l’intorno. Passeggiando nei pressi dei palazzi che contano – tra piazza Colonna, piazza Montecitorio e le viuzze retrostanti, fino a via della Dogana Vecchia e a piazza Madama -, l’atmosfera è quasi sospesa. Le Camere sono ancora chiuse: impossibile, dunque, assistere alla classica “sfilata” di deputati e senatori in cui non è difficile imbattersi ad attività avviate; al loro posto, tanti turisti, scolaresche, moltissimi giornalisti appostati nei pressi del palazzo della Camera e tanti romani che si vivono la propria città indipendentemente dagli assillanti retroscena politici di questi giorni. In verità, nella nostra passeggiata, due politici li abbiamo pure incrociati: uno era Alessandro Di Battista, sceso da un taxi proprio di fronte al famoso bar Giolitti, con tanto di passeggino al seguito, per recarsi – abbiamo poi scoperto – a Montecitorio con compagna e figlio dopo giorni di assenza e silenzio. L’altro, nei pressi del Senato, Maurizio Gasparri, proprio nel giorno della riunione del centrodestra che ha ufficializzato la posizione della coalizione nel rivendicare a sé la presidenza del Senato (con il nome dell’azzurro Paolo Romani grande favorito).

Ma oggi, la nostra attenzione, più che sui politici, è concentrata sui cittadini. Di cui abbiamo sondato gli umori post-voto e ai quali abbiamo chiesto un pronostico su quello che accadrà nelle prossime ore. Il signor Mario, pensionato romano sull’ottantina, è seduto in attesa di un autobus poco lontano da Largo Chigi. “Secondo me si metteranno d’accordo tra Cinque Stelle e la Lega”, dice, e, alla domanda se abbia votato a queste elezioni, annuisce deciso: “Sì, i Cinque Stelle”. Giungendo poi alla Galleria Alberto Sordi, incrociamo due ragazzi, che ci dicono di avere 21 anni. “No, no: io voglio andare via proprio dall’Italia”, afferma il primo sorridendo, quando gli chiediamo una valutazione post-voto. “Io preferirei una Repubblica diversa”, prosegue, “e non voglio parlare di ‘ste cose. Non le seguo e non me ne intendo”. Vicino a loro, due signori distinti due generazioni più avanti dicono la loro: “Guardi, io per ora il pronostico me lo risparmio”, afferma Gianpaolo, pensionato. “Da zero a cento succede di tutto e l’esatto contrario”. E continua: “Magari diciamo una cosa ora e stasera siamo smentiti. Quindi che fai?”, chiede, “sto zitto che è meglio”. Alla domanda se avessero votato, però, entrambi si fanno più seri: “Sì sì, ci mancherebbe. Quello è un obbligo civico”, rispondono nell’allontanarsi.
Piazza Montecitorio, poi, è tutta un brulicare di scolaresche, curiosi, turisti e giornalisti. Un gruppo di ragazzi appena diciottenni si fa riprendere di buon grado da una telecamera della Rai. “Ce riprende il Tg”, dice qualcuno preso dall’emozione. Per molti di loro, quello del 4 marzo è stato il primo voto. E qualcuno ha anche le idee chiare: “Sì, io ho votato. E spererei che andasse al governo il centrodestra”, afferma una ragazza. Sulle dinamiche istituzionali, però, la neo-elettrice si dimostra un po’ meno sul pezzo: perché, interpellata su numeri e maggioranze e dunque sulla realizzabilità del suo esecutivo del cuore, risponde certa: “Sì sì, è fattibile”. Meno risoluta si mostra, invece, una coppia di signori sulla settantina che passeggia a braccetto sulla piazza. “Quale maggioranza? Bisogna aspettare”, afferma Luigi, che, messo di fronte all’ipotesi M5S-Lega ,ribatte: “Ma chi lo sa, non lo sanno neanche loro”. Un’ipotesi che non convince per nulla sua moglie Antonia: “Giocano su posizioni completamente opposte”, dice, scuotendo la testa. Confusione anche sui presidenti delle Camere: “Ogni giorno fanno ipotesi diverse”, spiega lui. E chiosa: “C’è un gran caos. Bisogna aspettare”.


Poco distante da Piazza Montecitorio, a pochi passi dall’obelisco, un gruppo di anziani è tutto preso a confabulare. Avvicinandosi di qualche passo, non è difficile rendersi conto che stanno discutendo di politica. “Stavamo vedendo gli aspetti di colore, non la sostanza”, racconta ridendo Enzo, il più disinvolto del gruppo. Che, sull’ipotesi di un accordo tra grillini e leghisti, si mostra decisamente possibilista. Delle contraddizioni tra i rispettivi programmi, non pare preoccuparsi: “Eh lo so, ma tra tutti gli altri partiti ce so’ differenze considerevoli. Quindi, è possibile”. E prosegue: “La cosa principale è questa: che nessuno vuole ritornare alle votazioni, per cui un accordo se deve trova’”. Tutti sono risoluti nel confermare di aver votato: Enzo anche con la speranza “che qualcosa cambi”. “Macché”, lo contraddice subito un amico da dietro, “non cambia nulla!”. “No, dai, uno ha votato anche con la speranza di non rivedere gli stessi volti, insomma”, ribatte un altro nostro interlocutore. “E in parte ci siamo pure riusciti”, aggiunge, riferendosi forse all’ondata grillina presente nel nuovo Parlamento. E come spesso accade nella cultura popolare, a fotografare la situazione meglio di mille parole, ci viene in soccorso un aneddoto. “A Roma c’è una barzelletta”, racconta Enzo, “che dice che il primo giorno di riunione dell’Assemblea, a un certo momento un deputato si affaccia dalla finestra” – e indica la facciata di Montecitorio – “e sente in strada: ‘Al ladro, al ladro’. Lui si gira e dice: ‘Ma se stiamo tutti qua!”.

Ma cosa ne pensano coloro che l’aria di Montecitorio la respirano ogni giorno? Abbiamo provato a

interpellare i due edicolanti e il proprietario di un chiosco di oggettistica che hanno le proprie attività attorno a piazza Colonna. Quest’ultimo, straniero dell’Est Europa, rifiuta di rispondere, ma gli altri due si mostrano da subito molto disponibili. Quanto al proprietario dell’edicola che dà su via del Corso e si affaccia su piazza Colonna – un uomo sulla quarantina con un cappellino scuro calato sulla fronte – mostra subito tutto il proprio scoramento: “Nun me interessa”, afferma scuotendo la testa, aggiungendo subito di non aver nemmeno votato. “So’ gli stessi, da trent’anni, e io che sto qua li conosco bene”. “Secondo me non cambia niente, e proprio a livello qualitativo non c’è speranza… Non lo so. Sono molto deluso dalla politica, che te devo di’. Lasciamo perde”, continua. “Pure sto Movimento Cinque Stelle non me sembra che abbia portato tutto sto cambiamento. Noi c’abbiamo il sindaco. Io ho vissuto a Roma sempre, e i difetti che c’erano 40 anni fa ce sono anche adesso”. All’altra edicola, proprio in piazza Colonna, una signora sorridente con un rossetto rosso acceso è invece più ottimista: “L’aria per ora è molto calma. Si sta bene per il fatto che non c’è ancora nessuno”, ride. “Io ho votato per i Cinque Stelle”, racconta, e, sulle alleanze, è risoluta: “Preferisco con la Lega che col Pd: proviamo, perché peggio di così non può andare”. E sulla promessa di Di Maio di eliminare, come primo provvedimento, i vitalizi rivendicando la presidenza della Camera, commenta, ridendo: “A me Di Maio piace. Ma bisogna vedere se gliela danno (la presidenza della Camera – ndr) proprio perché ha detto questo”.

Nei pressi di palazzo Madama, sulla scalinata della Chiesa di San Luigi dei Francesi, è seduta una scolaresca di un liceo di Scienze Applicate – Istituto Tecnico in provincia di Mantova. I ragazzi hanno 18 anni – chi più chi meno -, e qualcuno ha votato. La professoressa parla apertamente delle sue previsioni post-voto, e sulla maggioranza non ha dubbi: “Per forza M5S-Lega. Non c’è altra soluzione, hanno vinto loro”. Ma dureranno? “Beh, di sicuro si metteranno alla prova, vedranno come si potranno realizzare reddito di cittadinanza, flat tax, chiusura delle frontiere e quant’altro. Noi aspettiamo volentieri”, dice, con una punta di sarcasmo. Quanto alle eventuali incompatibilità tra le due forze politiche, la professoressa non nega preoccupazione, ma “l’elettorato è sovrano, hanno votato così. Poi certo che c’è un problema, un problema grande come una casa”. “Lì a New York hanno Trump, e noi avremo loro”, commenta una collega. “Per me c’è anche un problema di gestione della democrazia con i social media”, prosegue l’insegnante. “È stato anticipato in America. Ma c’è anche un problema di scarsa consapevolezza dell’elettorato, perché le classi più povere americane hanno votato la politica più di destra che potesse esserci. Pur con diversità di situazioni, anche in Italia c’è una proposta insostenibile – perché il reddito di cittadinanza è insostenibile, e la flat tax è quanto di più di destra ci possa essere -, e anche qui ha raccolto il consenso di un largo strato di popolazione – quella classe che soffre e non arriva alla fine del mese, che non è in grado di aspettare soluzioni a medio termine, e che vuole subito delle risposte a qualsiasi costo, magari anche influenzate dalla comunicazione sui social network -“. Poi certo, ammette la prof., oltre al “voto emotivo” c’è anche una “situazione molto più complessa, che il cittadino normale non ha strumenti per comprendere: ci vogliono sociologi e politologi che ci spieghino come la società italiana è cambiata in questi anni”. Che ne pensano, invece, i ragazzi, figli di una generazione con sempre meno speranze davanti a sé? “Io sono abbastanza ottimista”, ci sorprende uno di loro. “Secondo me se si vuole trovare un lavoro lo si trova”. Quanto al risultato di queste elezioni, molti di loro confessano che non si sarebbero aspettati un “terremoto simile”. “Soprattutto un risultato così alto per i Cinque Stelle”, sorride un ragazzo. “Ma bisogna riconoscere che hanno fatto un grande lavoro sui social media”. La disfatta del Pd, quella era prevedibile, anche se forse, sussurra qualcuno, non in queste proporzioni. Quanto al risultato della Lega, “al giorno d’oggi era prevedibile. Anche se a Milano ha vinto il Pd”, afferma un ragazzo. In Lombardia, però, a vincere è stato Attilio Fontana, il candidato assurto all’onore delle cronache per la sua uscita sulla “razza bianca”. “La Lega è molto diffusa tra i giovani”. “Sì, è un po’ la paura del diverso, delle migrazioni, i 30 euro al giorno per i migranti e così via”.
Salutiamo questi ragazzi riservando a loro un in bocca al lupo speciale. Perché, in fondo, il loro futuro, prossimo e non solo, è nelle mani di chi – chiunque esso sia – prenderà le redini di questo bello e dannato Paese nei prossimi anni. E anche perché di giovani, nella campagna elettorale appena conclusa, in pochi hanno parlato con cognizione di causa. Dimenticando che un Paese che non dà una prospettiva alle nuove generazioni è un Paese morto. Ma questa, in fondo, è un’altra storia.