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Per Save The Children, 700 milioni di bambini non vivono l’infanzia

Pubblicato il rapporto "Infanzia Rubata": a 1 bambino su 6, negato il diritto all'educazione

C.Alessandro MauceribyC.Alessandro Mauceri
Foto rapporto Save The Children

Secondo il rapporto "Infanzia rubata" sono 28 milioni i minori in fuga da guerre e persecuzioni

Time: 3 mins read

Infanzia rubata è il titolo del rapporto pubblicato giovedì da Save the children. Si parla di almeno 700 milioni di bambini in tutto il mondo, per i quali l’infanzia finisce troppo presto. Diverse le cause: malnutrizione, conflitti, violenze, matrimoni e gravidanze precoci, mancato accesso all’istruzione.

Nonostante gli accordi internazionali, le promesse e l’impegno di milioni di volontari, i risultati non possono che essere definiti preoccupanti e deludenti. Preoccupanti per i numeri. Nel 2000, tra i Millenium Goals era stata inserita la formazione e ‘educazione di base (strumento indispensabile per uno sviluppo sociale ed economico), invece ancora oggi a 1 bambino su 6 è negato il diritto all’educazione. Anche lo sfruttamento minorile non è stato debellato: sono centinaia di milioni i bambini coinvolti nel lavoro minorile e per molti di loro si tratta di lavori altamente pericolosi.

Ambiente e malattie sono strettamente correlati e in molti casi intervenire per migliorare la situazione non è difficile. Invece ogni giorno muoiono più di 16.000 bambini sotto i 5 anni per malattie facilmente curabili. Basti pensare che la prima causa di morte è legata al parto (prematuro o per complicanze che sarebbero evitabili con un intervento adeguato e tempestivo).

La percentuale di bambini che uccisi prima di aver raggiunto la maggior età in certi paesi è incredibile: in Colombia sono oltre il 22 per cento. Lo stesso a El Salvador e in Honduras sono addirittura più del 32 per cento e in Venezuela il 27 per cento (contro una percentuale che in Europa si aggira intorno allo 0,9 per cento).

Altro obiettivo dei Millenium Goals eliminare la fame nel mondo. Eppure dopo 17 anni di progetti centinaia di milioni di bambini hanno problemi di crescita a causa della malnutrizione. Tutti i leader mondiali professano la pace nel mondo e, per mantenere questa pace, spendono centinaia di miliardi di dollari in armi e armamenti. Ma nonostante ciò, sono 28 milioni i minori in fuga da guerre e persecuzioni e più di 75.000 sono stati uccisi, più di 200 al giorno (solo nel 2015).

Altro tema affrontato diverse volte e tuttora irrisolto è quello delle spose bambine: ogni 7 secondi, nel mondo, una bambina di età inferiore ai 15 anni rinuncia alla propria infanzia per diventare sposa di qualcuno (che spesso neanche conosce) e ogni 2 secondi una ragazza mette al mondo un bimbo. In SudAfrica il 45 per cento delle ragazze si sposa prima dei 18 anni (17 per cento prima dei 15). Percentuali simili in molti paesi dell’Africa centrale e occidentale e sub sahariana. Ma anche in Europa questo problema non è stato risolto: oltre il dieci per cento dei matrimoni avviene prima dei 18 anni e l’uno per cento prima dei 15 anni.

Ma il dato più preoccupante, forse, è quello citato nella graduatoria alla fine del rapporto: dei 172 paesi esaminati, nei 37 paesi ai primi posti solo pochi bambini vengono privati forzatamente della loro adolescenza, e in tutti gli altri la situazione peggiora sempre di più (fino al 111esimo paese “alcuni” bambini, fino al 153esimo “molti” bambini e fino al 172esimo la “maggior parte”). Ciò significa che oggi non esiste un paese in cui TUTTI i bambini siano sicuri di poter vivere la propria infanzia in modo normale!

Sono questi i numeri del rapporto. Numeri che dovrebbero far riflettere sulle scelte fatte e sui veri obiettivi cui mira chi governa il mondo. “È inaccettabile che nel 2017 milioni di bambini in tutto il mondo continuino ad essere privati della propria infanzia e del loro diritto di essere al sicuro, di crescere, imparare e giocare. Dobbiamo e possiamo fare di più per garantire un futuro migliore, fino all’ultimo bambino”, ha detto Valerio Neri, direttore generale di Save the Children, l’Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare i bambini in pericolo e a promuovere i loro diritti, “Anche se la maggior parte dei paesi in cui è molto complicato essere bambini si trovano in Africa centrale e occidentale non possiamo non tener conto dei progressi e dei segnali di speranza che si sono registrati negli ultimi anni”.

Progressi che non si sono visti, nonostante il lavoro di decine e decine di organizzazioni come Save the Children che dal 1919 lotta per i diritti e la salute dei bambini, e molte altre. L’elenco delle persone che sono impegnate nel tentativo i migliorare le condizioni di vita dei bambini nel mondo è interminabile.  Eppure, nonostante il loro sforzo, non riescono a cambiare questo stato di cose. Anche nei paesi sviluppati. In Italia, sono anni che il Garante per l’Infanzia ha lanciato l’allarme: mancano addirittura alcuni dati fondamentali e le misure per intervenire concretamente sono blande o dispongono di poche risorse. L’Italia (nona) riesce a piazzarsi tra i primi dieci posti dietro a paesi come Norvegia, Slovenia e Finlandia, Paesi Bassi, Svezia, Portogallo, Irlanda e Islanda e prima (per una volta) della Germania.

In questa classifica gli Usa non sono riusciti ad andare oltre il 36esimo posto. E così il Regno Unito che non ne è uscito bene dall’analisi (solo 23esimo). E poi l’Ungheria (28esima). Tutti paesi  dove l’infanzia incontra le condizioni più favorevoli nel confronto con altri paesi, ma non quelle che dovrebbero essere garantite ai bambini.

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C.Alessandro Mauceri

C.Alessandro Mauceri

Sono nato a Palermo, città al centro del Mediterraneo, e la cultura mediterranea è da sempre parte di me. Amo viaggiare, esplorare la natura e capire il punto di vista della gente e il loro modus vivendi (anche quando è diverso dal mio). Quello che vedo, mi piace raccontarlo con la macchina fotografica o con la penna. Per questo scrivo, da sempre: lo facevo da ragazzino (i miei primi “articoli” risalgono a quando ero ancora scolaro e dei giornalisti de L’Ora mi chiesero di raccontare qualcosa). Che si tratti di un libro, uno studio di settore o un articolo, raramente mi limito a riportare una notizia: preferisco scavare a fondo e cercare, supportato da numeri e fatti, quello che c’è dietro. Poi, raccontarlo.

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