
A Napoli, nel cuore del Vomero, esiste un centro socio-educativo che costituisce ormai da circa dieci anni un punto di riferimento saldo, sicuro e concreto per ragazzi diversamente abili e per le loro famiglie. A Ruota Libera Onlus nasce da un’esperienza di volontariato, per poi essere riconosciuta ufficialmente il 29 maggio 2007, grazie a un’idea di Luca Trapanese, trentanovenne napoletano presidente dell’associazione.
Vicino a questo mondo già dall’età di 16 anni, le sue prime importanti avventure sono state le missioni in India e in Africa, dove si recava almeno una volta all’anno in quanto membro di un’organizzazione che si interessava di progetti di adozioni a distanza. Successivamente, insieme ad altri volontari, decise di cambiare meta. Il viaggio a Lourdes e la conoscenza di tre ragazzi furono decisivi: “Una sera, uno di loro mi confessò quanto la vita gli sembrasse difficile, dal momento che tutto per lui si riduceva a quell’unica settimana di svago, per poi tornare a casa e non saper come gestire il suo tempo per il resto dell’anno”. Fu così che a Luca venne in mente di cercare un locale dove dare vita a un’associazione, che tutt’oggi conta una presenza fissa di 60 ragazzi al mese, annovera due sedi principali (una in via Caldieri, l’altra in via Amodeo) e si sostiene con donazioni di privati, di fondazioni (anche locali), con il 5xmille e con un piccolo contributo mensile non obbligatorio da parte delle famiglie dei ragazzi. “Quest’iniziativa ̶̶̶ spiega Luca ̶ ha avuto da subito un riscontro positivo, nonché una crescita rapida e improvvisa, probabilmente perché a Napoli non esisteva ancora niente del genere. La mia intenzione è sempre stata quella di non pensare di lavorare con persone disabili, ma di creare delle attività semplicemente per persone, senza vedere i loro limiti”.
Lo scopo principale di A Ruota Libera Onlus è individuare gli interessi e coltivare le diverse abilità di ogni singolo ragazzo che, grazie al lavoro di un folto gruppo di esperti e volontari, viene seguito quotidianamente in un percorso che lo vede impegnato in una serie di attività di laboratorio che spaziano dalla danza all’artigianato, dal teatro alla scrittura creativa, dalla musica all’inglese. Le persone che vi lavorano, infatti, sono tutte professioniste: laureate in scienze dell’educazione e in psicologia; insegnanti di lingua e arteterapia; tra i volontari molti studenti, ma anche signore in pensione che organizzano un laboratorio di giornalino e scrittura creativa grazie all’aiuto di uno scrittore.


E così, attraverso la creazione di oggetti in ceramica, la rappresentazione di commedie o la redazione di articoli di giornale, ognuno di loro esprime sé stesso, imparando nel contempo a relazionarsi con gli altri e a rafforzare lo spirito di squadra. La soddisfazione è senza dubbio il risultato tangibile del loro lavoro e del loro costante impegno, che si concretizza nello spettacolo di fine anno: un’occasione per mettere in pratica le capacità acquisite in laboratorio, realizzando personalmente i costumi, le scenografie, il testo teatrale, la musica e le coreografie. “È indubbiamente il momento più bello, in cui ognuno di loro si mette in gioco”, commenta Luca.

“Un altro segreto del nostro successo ̶ ̶ continua ̶ è quello di aver immaginato come potessero trascorrere il loro tempo libero. Abbiamo quindi dato subito inizio alla vacanza estiva, della durata di una settimana, dove spesso raggiungiamo un centinaio di partecipanti”. Ma il grande passo in avanti, a suo avviso, è stato pensare a cosa faranno i ragazzi quando i loro genitori non ci saranno più. Dall’idea di accogliere tutti coloro che desiderano emanciparsi dalla propria famiglia, o comunque rendersi autonomi, è nata Casa Viticonti, situata tra le suggestive colline di Ameglio nel Parco Regionale di Roccamonfina. Oggi vi abitano e vi lavorano quattro ragazzi, impegnati in attività di ippoterapia, ortoterapia, apicultura e laboratori artistici.
Oltre alle attività istituzionali quotidiane, A Ruota Libera Onlus partecipa a bandi e concorsi, ricevendo dei fondi da destinare a progetti particolari, come O’ Mast, un laboratorio finanziato per un anno dall’Inpdap, in cui i ragazzi hanno seguito corsi di falegnameria, liuteria e presepistica del Settecento. Alla base di tali attività c’è non solo la voglia di riscoprire e valorizzare mestieri antichi, ma soprattutto l’intenzione di offrire concrete opportunità di lavoro e di reinserimento nella società per tutti coloro che ne sono stati esclusi a causa di una mancata preparazione e capacità di accettazione. Ridare la vita a chi l’ha persa è infatti un altro degli obiettivi di A Ruota Libera Onlus.
Oltre a portare avanti progetti con ragazzi disabili, l’associazione oggi gestisce Casa di Tonia (una casa per ragazze madri fondata dal Cardinale Crescenzio Sepe), Casa delle Arti e dei Mestieri nel Pio Monte della Misericordia (una scuola di recupero di antichi mestieri napoletani per giovani svantaggiati) e Briciole dal Cielo (un’iniziativa che aiuta a raccogliere materiale riciclabile che possa servire a mamme in difficoltà e ai loro bambini da 0 a 5 anni).
“Adesso ̶ racconta Luca ̶ stiamo promuovendo La Casa di Matteo, ovvero la prima struttura nel Sud Italia di accoglienza per bambini in stato di affido o adozione con gravi malformazioni, tumori, patologie e che necessitano di cure particolari, di amore e di un accompagnamento fino agli ultimi giorni di vita”. La Casa di Matteo, infatti, nasce da un’esperienza vera, quella di un bambino fortemente desiderato dalla sua nuova famiglia al quale, a circa un anno dalla sua adozione, fu diagnosticato un terribile cancro che lo vide spegnersi nel giro di in una ventina di giorni.
Il progetto vede la collaborazione di Meridonare, la prima piattaforma di crowdfunding sociale meridionale, ed è stato presentato lo scorso giovedì 22 dicembre presso la Fondazione Banco di Napoli dove, oltre a Luca, sono intervenuti il presidente di Meridonare Marco Musella, Don Gennaro Matino, il sovrintendente Pio Monte della Misericordia Conte Pasca e il presidente della Fondazione Banco di Napoli Daniele Marrama.

Grazie al sostegno e al lavoro dell’architetto Titti Rinaldi della ditta Mepa, i bambini avranno la sensazione di trovarsi in un mondo fantastico: un appartamento di circa 300 metri quadri con una cucina, un salone polifunzionale e camere doppie con la possibilità di ospitare un adulto. “Ci tengo a specificare ̶ ha aggiunto Luca ̶ che questa non è la casa della morte, ma è la casa della vita e della gioia, dove i bambini giocheranno e parteciperanno a tante attività educative per tutto il tempo in cui vi resteranno”.
A sostenere l’iniziativa, anche l’assessore al welfare Roberta Gaeta con deleghe alle politiche sociali e familiari, la quale ha sottolineato quanto la bellezza dei luoghi sia in grado di trasmettere cura e attenzione, quanto faccia sentire importanti le persone e, in questo caso, i bambini che vi verranno accolti. A tale proposito, ha dichiarato: “Noi lavoriamo quotidianamente con i bambini, in particolare quelli disagiati, trovandoci spesso ad affrontare tanti problemi senza avere gli strumenti per mettere in campo delle azioni efficaci che possano rispondere realmente a quelle che sono le esigenze della persona. Per noi, come amministrazione, questa è una grande opportunità perché siamo spesso costretti a collocare fuori regione i bambini di cui ci occupiamo, proprio perché mancano le strutture”.
Anche per Don Gennaro Matino, La Casa di Matteo rappresenta un’opera coraggiosa e fuori dal comune, che merita un’attenzione particolare poiché apre un percorso di vicinanza, di solidarietà a chi ha il diritto assoluto di essere accompagnato verso una vita migliore, anche se di breve durata. “Quando sono entrato nella sala di rianimazione del Santobono ̶ ha raccontato ̶ ho capito che i bambini che soffrono hanno una dignità e una forza straordinaria. I bambini che soffrono non fanno rumore. Se questo progetto viene presentato prima di Natale è per gridare che c’è la possibilità di affiancare il dolore, perché questo trovi un significato oltre le parole che non sappiamo esprimere”.
Tra i progetti futuri, invece, Luca e i suoi colleghi stanno valutando di avviare all’ospedale Santobono Pausilipon un’attività di supporto alle famiglie provenienti da città o regioni lontane, costrette ad affrontare lunghi viaggi per curare i loro figli. Il progetto si chiamerà Tutti pazzi per Ale, in onore di un bambino di soli 11 anni, morto a causa di un tumore al cervello.


“Tra tante storie però ̶ ricorda Luca ̶ quella che ci ha colpito di più è senza dubbio quella di Luigi, il primo ragazzo che abbiamo conosciuto a Lourdes. La sclerosi lo aveva ridotto sulla sedia a rotelle perché semi paralizzato. Quando abbiamo dato vita all’associazione, abbiamo creato insieme le attività, ad alcune delle quali partecipava in prima persona. Scrisse anche un libro, intitolato Fermo da una vita, che ci dettò poiché non era più in grado di farlo con le proprie mani. Luigi è scomparso esattamente due anni fa all’età di 42 anni. Questa è sicuramente una storia significativa perché ha visto coinvolti ragazzi, operatori e volontari, ma la verità è che tutte le storie sono importanti allo stesso modo: ogni ragazzo è un mondo”.