Quando ero un giovane coypwriter mi mandavano ogni tanto a vedere i focus group delle mie campagne da dietro un vetro. Pasticcini a parte, era sempre una condanna interminabile. Nascosto dallo specchio vedevi queste signore che alle 11 del mattino discettavano della tua idea. A quell’ora di solito la gente lavora, ma loro erano lì per vivisezionare la tua proposta, sempre pasticcini a parte. La dinamica era ogni volta identica: il primo che parlava, influenzava tutti gli altri, che prendendo coraggio dicevano quello che pensavano sul tuo storyboard e sulla tua idea esposta in disegni o foto. Non avrebbero mai espresso un parere così prematuro spontaneamente: parlavano solo perché interrogate, oppure semplicemente per accodarsi, o perché alla fine c’era da ritirare un buono-omaggio. Una volta capitò al tavolo anche il fratello di un account della mia agenzia, che iniziò a sparare a zero sulla campagna del suo familiare, senza ovviamente che lui potesse avvisarlo del fratricidio.
Come facessero a giudicare attraverso uno schizzo se la tua idea potesse funzionare davvero, non l’ho mai capito. Pensavo a tutte le grandi campagne entrate nell’immaginario universale per motivi assolutamente non prevedibili con un test, oppure diventate di successo solo dopo la quinta o sesta volta che le avevi viste, come accade appunto ai tormentoni. Alla fine di questi test arrivava sempre la domanda: “comprereste questo prodotto?” o ancora meglio veniva tirato fuori il buono omaggio per ritirare uno dei prodotti esposti.
Tutto questo ci veniva venduto come quasi “scientifico”. Io pensavo sempre che dietro a ognuno di questi test ci fosse un direttore marketing che non stava facendo il suo vero lavoro – quello di decidere con la sua testa o il suo stomaco – e mi venivano in mente le parole di Bill Bernbach, il grande pubblicitario che una volta si era chiesto: “How do you storyboard a smile?” Come fai a decidere quasi al buio se una cosa ti piacerà? Una frase che mi è stata riportata oggi spiega bene il buco nero: “I sondaggisti sono quelle persone che chiedono ad uno che sta mangiando del pollo se preferisce pollo o tofu, lui risponde ‘tofu’ e viene conteggiato ‘tofu'”
Pensate a quante belle idee sono state uccise per mano di sondaggi, ricerche e focus group. Quante proposte, script, invenzioni, programmi, film, storie. Indicazioni di comportamento prese come oro colato, vendute come infallibili. Anche a Hollywood ne sanno qualcosa.
Ecco, se c’è una sola cosa buona accaduta mertedì notte in America, è forse la definitiva affermazione dell’imprevedibilità e il sano recupero dell’incertezza. Tutte cose estremamente umane, a differenza dei sondaggisti.
Anche se le ricerche di mercato sono una cosa, e i polls politici un’altra, l’abitudine di leggere il futuro solo attraverso le parole di chi non l’ha ancora vissuto – senza sforzarsi di interpretarlo – potrebbe avere preso ieri la definitiva bastonata. O se preferite, l’ultimo pasticcino rimasto.