«#Bangladesh #BangladeshAttack. La velocità con cui il # EI (ISIS) comunica sugli eventi attuali #Dhaka è preoccupante. 1 lug 2016, 09:46. 21 ReTweet. 5 Mi piace».
In questo modo venerdì sera alle 21.45 abbiamo appreso che “degli stranieri” erano stati massacrati da ISIS in Bangladesh. Questo è solo uno dei tweet, per altro non legato a ISIS, ma postato da un analista francese esperto di terrorismo, durante la carneficina di Dacca. Nell’arco di meno di 45 minuti si apprende, sempre via social, che il bar è di un italiano, e che vi sarebbero molti connazionali coinvolti. A meno di 60 minuti dall’attacco, on line, su Twitter, ISIS postava la rivendicazione dei fatti. Con tanto di comunicato stampa emesso dalla loro agenzia di stampa “A’maq” con: numero dei morti, feriti, luogo, ora. E il 5 luglio, ISIS ha postato un video da Raqqa, Siria, in cui si promettono altri morti, altro terrore in Bangladesh. Video che ha come protagonisti giovani di origine bengalese.
Questa è la cronaca. Nuda, cruda e socialmente reale. Quello che forse sfugge a molti è che l’Asia a partire dal 2014 per ISIS è il luogo dell’espansione: Bangladesh, Filippine, Indonesia, Malesia, Pakistan, Afghanistan fanno parte del Califfato, questo è quanto via social media, ISIS “spalma”, cioè diffonde, quotidianamente. Numerosi i giuramenti di fedeltà al Califfo, Abu Bakr al Baghdadi avvenuti, con tanto di video postato in rete di giovani in diverse aree di quei Paesi.
Tre settimane fa un account aperto “affiliato” a ISIS affermava che vi sono 40 nuove provincie del “Califfato” in Asia e Africa in cui sarebbero operative delle cellule di ISIS; cellule dormienti pronte a intervenire.
Per tornare specificamente in Bangladesh, nel 2015 vi sono stati 30 attentati terroristici di questi 21 sono stati rivendicati da ISIS. Di cui 11 solo negli ultimi quattro mesi del 2015. Nel 2016 due italiani sono stati uccisi da ISIS in Bangladesh, entrambi rivendicati, ma con il diniego delle autorità locali, che hanno sempre negato che esista, nel paese, un fenomeno “ISIS”. Per quanto atroce, in ultima istanza, le 9 vittime italiane in Bangladesh non sono altro che il risultato di mesi, anni, di propaganda e arruolamento, sia nel mondo reale che nel mondo virtuale portato avanti da ISIS; un trend che sta continuando. La filale ISIS del Bangladesh produce su base regolare, comunicati stampa in lingua, video in lingua e ancora due nasheed (canti sacri) editi da Al Hayat media Center, casa di produzione ufficiale di ISIS, nasheed che diventano basi musicali per i video di rivendicazione degli attentati o che incitano i giovani ad arruolarsi.
Questi dati non sono che la punta di un iceberg che non si vuole vedere. Come analizzato e ben spiegato da Animesh Roul, i collegamenti tra lo Stato islamico e Bangladesh risalgono a giugno 2014, nel video PSYOPS “non c’è vita senza Jihad”, poi attraverso l’arresto di un reclutatore nel mese di settembre 2014. [Vedi. Animesh Roul, “Spreading Tentacles: The Islamic state in Bangladesh”, Terrorism Monitor 13: 3, February 6, 2015)]. E come se tutto questo non fosse sufficiente per sostenere una radicalizzazione ISIS in Bangladesh citiamo alcune pagine dedicate al “Califfato in Bangladesh” pubblicate sul numero 12 del magazine “Dabiq” , del novembre 2015. A pag 37, appunto appare un articolo dal titolo: «La rinascita del jihad in Bangladesh con la diffusione della luce del Califfato» in cui si parla di tutti i gruppi jihadisti indipendenti e quelli che si sono uniti sotto la bandiera del Califfato.
ISIS parla al mondo, mostra strategie, obiettivi a breve, medio e lungo termine e il resto del mondo finge che ISIS non sia “pervasiva”, “pericolosa”. Almeno fino a quando non massacra “europei”, “americani”, “russi”, etc.
Un ultimo dato che fa sorridere è la “novità” secondo cui i giovani del Bangladesh sarebbero studenti universitari in carriera, figli di famiglie benestanti. E dove sarebbe la novità? Ci siamo dimenticati di Mohammed Dalaeen alias Abu Baraa al Urduni, il giordano, studente in medicina, arruolato a Kiev in Ucraina, suicida a Ramadi per ISIS e figlio di un parlamentare che si batte contro il terrorismo? Di Jihadi John? Del giovane medico giordano, benestante che si fece saltare in aria in Siria? O del medico pediatra australiano? ISIS è una calamita per i giovani benestanti, inclini ad abbracciare la “nuova ideologia”. ISIS arruola nelle università, nei politecnici, monitora la rete internet e filtra con i tool, con cui normalmente si fanno le indagini di mercato, le “vittime prescelte”; ha unità OSINT che leggono i media occidentali e spesso scrivono articoli in cui smentiscono quanto riportato dai nostri media. Che lo si voglia accettare o meno c’è in atto una guerra culturale, tra un Europa vecchia, stanca e incapace di integrare, un Mediterraneo potenzialmente ricco ma di fatto povero, un’America egocentrica così come una Russia egocentrica e ISIS, un gruppo che propone una ideologia “nuova” basata sul terrore, il rigore, l’uguaglianza tra amministratori e amministrati e che ha fatto della guerra di conquista la sua ragion d’essere. Prima dei bombardamenti russi, iniziati a ottobre 2015, 17 milioni di persone vivevano nell’area controllata da ISIS. E oggi quelle famiglie, donne, anziani e bambini, non hanno una casa, non hanno un lavoro, non hanno speranza. Chi sta effettivamente vincendo la guerra per conquistare sopratutto i loro “hearts and minds”? ISIS o la coalizione internazionale?
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