Che i francesi detestino gli arabi, o i musulmani in generale, è uno dei luoghi comuni più triti e ritriti in assoluto, come quello della “freddezza” inglese, della “pigrizia” italiana, della “ingenuità” americana. La Storia degli ultimi centocinquanta o centosessanta anni dimostra il contrario: verso il mondo musulmano, verso il mondo arabo, la Francia ha sempre nutrito un profondo interesse culturale, attratta com’era dalla “psiche” algerina, tunisina, marocchina e, in secondo luogo, siriana. Ne è dimostrazione una pubblicistica sterminata, nella quale campeggiano scritti di Camus, Malraux, Gide, di altri autori francesi ancora. La Francia sedotta, eccome, dalla comunicativa araba, dalla luminosità araba, dall’imperscrutabilità araba. La resistenza stessa dei conservatori francesi (ma anche di parecchi socialisti) alla lotta indipendentistica algerina intendeva sostenere l’istanza di una fratellanza comune in un solo Stato, in una sola Nazione, “da Calais a Tamanrasset”, come recitava uno slogan nazionalista assai in voga fra il 1959 e il 1962; vale a dire “un solo” popolo dal porto francese sulla Manica all’angolo meridionale dell’Algeria. Alla quale Algeria nel 1962 Charles De Gaulle, Presidente della Repubblica, volle concedere l’indipendenza poiché quell’indipendenza doveva essere concessa.
Nemmeno la massiccia immigrazione nordafricana in Francia, con la conseguente nascita delle “banlieue”, ha saputo spezzare il legame creatosi fra francesi e musulmani nordafricani: nei “bistrò” parigini, nelle “brasserie” del Quartiere Latino, di Saint-Cloud, Montmartre, Madeleine, Havre-Caumartin, “rive gauche” o “rive droite” già quaranta o cinquant’anni fa incontravamo francesi che flirtavano con arabe, arabi che flirtavano con ragazze francesi. La musica che piaceva ai francesi di pelle bianca era la stessa che elettrizzava giovani nordafricani: la musica della Piaf, di Gilbert Bècaud, Charles Aznavour, Mireille Mathieu. Il marocchino Bob Zagouri, che sposò Brigitte Bardot, divenne seduta stante una celebrità in tutta la Francia e non solo in Francia: nessuno ebbe da ridire sulla decisione di “Babette”.
Liberi professionisti, bianchi e cristiani, avevano la loro “brava” amante araba, così come la signora parigina di Place des Vosges o di Avenue Hoche poteva contare su bei virgulti arrivati dall’Atlante marocchino o da Algeri, Bona, Tunisi…. Figlie di piccoli proprietari terrieri dell’Alvernia o del Poitou-Charantes sposavano arabi di belle promesse, rampolli di famiglie parigine o marsigliesi sposavano bellezze berbere o tunisine.
Il Cinema francese s’interessava al mondo arabo, giovani arabi s’iscrivevano in università francesi e non inglesi, non americane, non italiane, neppure olandesi o tedesche o austriache; salvo casi rari. In anni ancor più recenti, nessun ateneo francese ha mai respinto uno studente perché arabo, perché musulmano, perché “diverso”.
Ma venerdì 13 novembre, come il 7 gennaio scorso (strage nella redazione del periodico satirico Charlie Hebdo), la furia arabo-musulmana s’è abbattuta sulla Francia: s’è ancora una volta abbattuta su Parigi. Non a caso gli attentatori hanno scelto come obiettivi due luoghi di notevole significato, ma l’uno diverso dall’altro: “La Bastille” (undicesimo “arrondissement”), in quanto emblema della Francia moderna, quella nata appunto dalla Rivoluzione del 1789; della Francia egalitaria, sì, giacobina, ma ancor più espansionistica di quella di Re Sole; e Place des Vosges, quartiere residenziale, perciò assai chic, il quartiere dei ricchi, il quartiere delle signore francesi che commettono adulterio con la stessa facilità con cui a colazione consumano caffellatte e croissants.
Mandanti ed esecutori comunque nulla sapevano dell’antica “liaison” fra la Francia e l’universo arabo: quello che intendevano appunto colpire con ancor più veemenza di prima era la nazione considerata quale carceriera, sfruttatrice, padrona delle masse islamiche d’un tempo e tuttora una delle punte di diamante dell’Occidente “anti-musulmano”. Mandanti ed esecutori cresciuti nel più assoluto oscurantismo. Allevati nell’odio cieco. Schiavi inconsapevoli di se stessi. Squallide entità tuttavia capaci di commettere atroci delitti.
Ma poteva tutto questo essere evitato? Poteva essere evitato l’avvento dell’integralismo islamico con la presa del potere in Iran da parte dell’ayatollah Khomeini nel 1979, presa del potere ispirata e favorita dagli Stati Uniti sotto l’influenza delle solite “teste d’uovo”? Non c’è nulla di inevitabile nella Storia, assolutamente nulla: ci si sarebbe dovuti chiedere a che cosa si sarebbe andati incontro col rovesciamento dello Scià di Persia, Rheza Palhevi…. Da allora non assistiamo che all’incalzare continuo, martellante, sanguinario dell’estremismo islamico. Ma, attenzione: oggi come oggi ogni musulmano sotto i quarant’anni d’età è un potenziale agente e strumento del terrorismo.
Oggi Parigi, ancora una volta Parigi; e domani? Domani potrebbe toccare a Roma. Stalin chiederebbe, con tagliente ironia: “Di quante Divisioni dispone il Papa?.