Sebbene l’Italia di questi tempi sia più preoccupata del problema dei tanti immigrati che approdano sulle nostre coste, contemporaneamente è in crescita un fenomeno opposto che il Paese non può dimenticare: il movimento migratorio dei giovani italiani verso nazioni che offrono maggiori possibilità di carriera, prima fra tutte la Gran Bretagna. La nuova immigrazione italiana in UK: analisi e prospetti è stata al centro di un intervento del console generale d’Italia, Massimiliano Mazzati, al Lincoln College di Oxford. L’incontro è stato organizzato dalla Oxford University Italian Society che, presieduta da Francesca Ghilliani, dottoranda in Sociologia, organizza eventi culturali e dibattiti su tematiche italiane presso l’università.
Il processo dell’immigrazione dall’Italia è stato descritto dal console con il concetto del ‘divenire rapido’: se nel 2012 il numero degli immigrati era di 210.000, nel 2013 il numero è vorticosamente salito a 250.000; facendo registrare un incremento di ben 40.000 immigrati in più in un solo anno. Un numero questo che fa del Consolato italiano a Londra il secondo più grande consolato italiano nel mondo, solo dopo quello di Buenos Aires.
In realtà questo dato rappresenta solo la punta dell'iceberg poiché questo numero registra solo gli immigrati che hanno fatto la scelta di iscriversi all’AIRE (la registrazione ufficiale per gli italiani residenti all’estero). C’è infatti una grande fascia di immigrati in Inghilterra che decide, per le più svariate ragioni, di non registrarsi.

il console generale dÔÇÖItalia, Massimiliano Mazzati
Di certo quello che ha spinto molti giovani ad immigrare è stata la forte crisi economica del 2008 che ha causato non solo una forte disoccupazione in Italia ma ha anche contribuito a creare un senso di sfiducia nella ripresa. Attualmente il 60 % della popolazione di migranti italiani lavora nella ristorazione, solo il 5% nel mondo accademico e nella ricerca nonostante ammonti al 17 % coloro che vengono in Inghilterra già dotati di una laurea. Tutte le regioni italiane, quasi in eguale misura, sono interessate da questo trend migratorio.
Per rispondere agli svariati bisogni che l’immigrazione comporta, il Consolato, in collaborazione con l’Ambasciata Italiana, ha messo al servizio dei cittadini italiani il Primo approdo vale a dire un centro di aiuto per coloro che arrivano in Inghilterra. Il centro si avvale della consulenza di avvocati , commercialisti, medici italiani che offrono la propria professionalità gratuitamente ai cittadini italiani che richiedono assistenza. Un servizio reso tra l’arto indispensabile per fronteggiare un consolidato sistema di “accoglienza truffaldina” che aveva da diversi anni preso piede soprattutto a Londra dove una rete di frodatori vendevano a caro prezzo, per gli inesperti appena arrivati, servizi di assistenza ingannevoli.
Una nota di merito invece per l’iniziativa promossa dal famoso cuoco britannico, James Oliver, per aver assunto nei suoi celebri ristoranti 25 giovani italiani. La particolarità di questa iniziativa sta nel fatto che i ragazzi assunti sono ex tossicodipendenti provenienti dalla comunità di San Patrignano. Un messaggio di integrazione sia sociale che internazionale.
“Ma gli spazi di assorbimento nel mondo del lavoro in UK si stanno riducendo – ha detto Mazzati – e questo lo riscontriamo nel fatto che il consolato ha dovuto incrementare il servizio di assistenza sociale per aiutare molti dei giovani italiani che, dopo un periodo di esperienza inglese e talvolta di vagabondaggio per le strade di Londra, decidono di tornare in Italia”.
A questo si aggiunga il problema dei tagli finanziari che il Consolato sta subendo a causa della spending review del governo italiano. Sedi importanti come Bradford, con una popolazione di 30.000 italiani, e la sede di Manchester, con una popolazione di 50.000 italiani sono state chiuse.
Alla domanda di Diana Di Paolo, dottoranda in Fisica ad Oxford interessata a sapere se l’Italia si sta attrezzando in termini finanziari per accogliere coloro che, dopo aver ottenuto un dottorato in UK, vorrebbero tornare in Italia a lavorare, il Console non ha potuto che confermare lo status quo: “In Italia dal punto di vista contributivo e contrattuale un dottorato equivale ancora ad un laurea e per il momento non si intravedono cambiamenti”. Un trattamento svantaggioso che ci rende unici nel panorama europeo. Questo spiega in parte non solo la fuga dei cervelli ma anche il motivo per cui molti di coloro che hanno scelto l’estero per specializzarsi ulteriormente fanno difficoltà a tornare in Italia. Attualmente i dati registrano circa 5.000 di “cervelli” italiani in UK e circa 10.000 negli Stati Uniti e nessun segnale di intervento per frenare questo processo di fuga. Risorse italiane, quindi, investite sulla “meglio gioventù” e offerte al miglior offerente oltre le Alpi e oltre l’oceano. Un pericoloso fallimento della politica italiana.
Errata corrige: in una precedente versione di questo articolo abbiamo dato un numero errato di immigrati italiani presenti nel Regno Unito. Ce ne scusiamo con i lettori e gli interessati.