Da sempre la Sicilia è terra di conquista o base di appoggio per azioni militari non italiane. La Sicilia è da secoli un luogo in cui “giocare alla guerra”. Un gioco però al quale i siciliani non sono mai invitati a partecipare. Nelle scorse settimane si sono susseguiti una serie di eventi che, presi singolarmente, forse potrebbero non essere significativi, ma che, se visti tutti insieme sia temporalmente che geograficamente, assumono un significato ben diverso. Vediamoli.
Prima è stata la volta della decisione della Commissione europea di intervenire militarmente in alcuni Paesi del Nord Africa per ridurre il flusso di migranti attraverso il Mediterraneo. Un documento ufficiale segretato, ma diffuso da Wikileaks e che non è mai stato smentito da nessuno (cosa che in certi casi equivale ad una conferma).
Poi, solo una settimana fa, alcuni osservatori attenti hanno fatto notare che alcuni aerei partiti da una base Nato europea carichi di bombe e diretti verso il Nord Africa, sono rientrati alla base scarichi. Dove possano essere stati scagliati i missili aria-terra non è stato reso noto ufficialmente e a chi ha posto domande non è stata fornita alcuna risposta.
Nei giorni scorsi si è venuto a sapere anche che l’esercitazione delle forze armate della Nato denominata Trident Juncture 2015, che avrebbe dovuto svolgersi presso la base aerea militare di Decimomannu in Sardegna, è stata spostata in Sicilia: si svolgerà tra qualche mese nella base di Trapani Birgi. Si tratta della più grande esercitazione internazionale della Nato che avrà luogo quest’anno, una esercitazione che vedrà coinvolti 5000 militari e oltre 80 velivoli più diversi altri mezzi. Un’ ‘esercitazione internazionale’ che vedrà coinvolti mezzi e personale provenienti da molti Paesi della Nato. Un ‘evento’ che, di solito, richiede mesi per essere organizzato. Per questo molti osservatori si sono chiesti se non ci fosse da preoccuparsi.
Stranamente a rispondere non è stata la Nato (l’organizzazione dipende dalla sede di Napoli ed è comandata da un generale americano), ma l'Aeronautica militare italiana, che ha giustificato il cambio di programma attribuendo la scelta a “esigenze organizzative”. Niente che vedere quindi, almeno stando alle dichiarazioni ufficiali, con la crisi internazionale che riguarda alcuni Paesi del Nord Africa. Ci si è limitati a dire che questa ‘esercitazione’ “è finalizzata all'addestramento e alla verifica delle capacità dei suoi assetti nell'ambito di una forza ad elevata prontezza d'impiego e tecnologicamente avanzata composta anche da unità terrestri, navali e delle forze speciali da utilizzare rapidamente ovunque sia necessario” (sopra, a destra, foto tratta da ilfarosulmondo.it)
Nessuna risposta ufficiale dalla Nato. Così come non hanno avuto niente da dire né il governo nazionale di Matteo Renzi (sebbene ci sarebbe da scommettere che, di una simile decisione, si sia parlato anche durante l’ultimo viaggio del “nuovo che avanza” a New York), né il governo regionale di Rosario Crocetta. Tanto più che l’ ‘esercitazione’ dovrebbe svolgersi in un periodo di alta affluenza turistica per la Sicilia: il suo inizio è previsto, infatti, per il 28 settembre, quando in Sicilia è ancora piena estate e il flusso di turisti è notevole. Senza contare che la sede di Birgi è al tempo stesso sede militare e aeroporto civile e sede di alcune compagnie aeree nazionali. Eppure nessuno ha detto niente quando a Roma e a New York (sempre che non c’entri anche Bruxelles) si è deciso di realizzare la più grande ‘esercitazione’ militare da molti anni a questa parte.
Forse proprio il silenzio dovrebbe preoccupare di più. Lo stesso silenzio che fino ad ora ha nascosto dietro un muro di pietra i movimenti nel mar Mediterraneo di numerosi sottomarini nucleari. Una presenza denunciata lo scorso anno anche da Gianni Lannes: tra le coste dell’Europa e quelle dell’Africa si aggirano regolarmente almeno sei o sette sottomarini nucleari, quelli che il giornalista ha definito “una mezza dozzina e passa di centrali nucleari di vecchia generazione (modello Three Mile Island o Chernobyl)”. Sottomarini che, di tanto in tanto, approdano nei porti della Penisola e che certo non servono a ridurre il flusso dei migranti.
Secondo Greenpeace, “da 8 a 22 reattori, a bordo di sottomarini e portaerei delle flotte militari di USA, Francia e Gran Bretagna, percorrono ogni giorno il Mediterraneo alla ricerca di nemici ormai immaginari, visitando periodicamente i porti italiani. Il rischio di incidenti al reattore in mare è elevatissimo”. Si tratta di sottomarini a propulsione nucleare della Marina militare USA – ma non solo – che dovrebbero partecipare a ‘esercitazioni’ della Nato. Peccato però che si tratti di mezzi che potrebbero costituire un serio pericolo per la popolazione e per l’ambiente: secondo Lannes e Greenpeace, questi sottomarini si aggirano lungo le coste dell’Italia, a volte attraversando corridoi marittimi trafficati come lo Stretto di Messina o le Bocche di Bonifacio affollati di petroliere, gasiere e navi con carichi pericolosi di natura chimica. Non solo, ma per le loro soste, a volte scelgono aree popolate ad alto rischio.
Un rischio che, non molti anni fa, si è già concretizzato: a maggio 2000, uno di questi sottomarini nucleari il Tireless, ha avuto un guasto che ha provocato il rilascio di una gran quantità di liquido radioattivo, fuoriuscito dal sistema di raffreddamento del reattore nucleare. Solo quattro anni dopo la verità è venuta alla luce grazie ad un documentario-denuncia pubblicato da alcuni pacifisti scozzesi. Secondo questo documentario, l’incidente sarebbe avvenuto proprio in prossimità delle coste della Sicilia. Eppure nessuno allora ha avuto niente da dire.
Il senatore Stefano Semenzato, ha presentato un’interrogazione con richiesta di risposta scritta: “Si chiede di sapere – si legge nell’interrogazione di Semenzato – quali provvedimenti intenda adottare il Ministro in indirizzo, per impedire che eventuali avarie ai sottomarini nucleari britannici all’interno delle acque territoriali italiane possano causare danni alle popolazioni e all’ambiente, e se non ritenga opportuno in questo quadro (così come già fatto dal governo spagnolo) disporre che i sottomarini nucleari che intendano transitare nelle acque territoriali siano tenuti a rendere noti alle autorità competenti i piani di emergenza degli stessi”. Fino ad oggi il governo Renzi non ha risposto alle sue domande.
Allo stesso modo, nessuno ha detto niente neanche quando questo “instancabile” (Tireless in inglese) sottomarino ha partecipato, più di recente, ad altre “esercitazioni” nelle vicinanze delle coste siciliane. E c’è da essere certi che nessuno dirà niente circa gli eventi delle scorse settimane. Neanche chi, come il presidente della Regione Sicilia, secondo quanto riporta l'articolo 31, comma 1, del Titolo IV dello Statuto regionale, dovrebbe provvedere al mantenimento dell'ordine pubblico a mezzo della Polizia di Stato che, all'interno della Regione, dipende dal Governo siciliano [norma che, chissà come mai, non è stata seguita da nessuna norma attuativa, n.d.r.].
Sempre che di tutto ciò e di quello che avviene intorno alle coste della Sicilia, il governatore sia stato informato. Eppure secondo la legge (decreto delegato n. 35/2004 "Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana relative alla partecipazione del Presidente della Regione alle riunioni del Consiglio dei Ministri"), Crocetta dovrebbe partecipare con “diritto di voto deliberativo e rango di ministro” a tutte le sedute del Consiglio dei ministri in cui si parla di questioni riguardanti la Sicilia (e quello che sta avvenendo e che avverrà nei prossimi mesi la riguarda, eccome!).
E, dopo aver partecipato, se non altro, almeno informare i siciliani. Ma questo chissà come mai non è avvenuto. Forse perché, nonostante tutte le leggi, nonostante lo Statuto, nonostante la Costituzione, la Sicilia, per molti, è ancora terra di conquista. Una terra dove poter giocare alla guerra senza dire niente ai siciliani.
Foto tratta da rimaneresempreinformati.blospot.com