L’ascesa di Matteo Renzi ai vertici della politica nostrana e la sua ‘incoronazione’ quale Presidente del Consiglio italiano rappresentano il vuoto in cui da almeno vent’anni vaga senza grandi idee la società italiana. La società italiana prima ubriacata da Berlusconi, quindi afferrata per la gola e ingessata da Monti, affidata poi alle cure di un “ragazzo” troppo bravo e troppo signore per spuntarla; infine servita su un piatto d’argento, appunto, a Renzi. Il quale, ora, spera di cavarsela con un solo “bonus” da elargire, bontà sua, ai milioni di pensionati il quali, dopo aver sgobbato tutta una vita, e svolto mestieri e professioni indispensabili, oggi, nell’avvilimento e nella mortificazione, faticano ad arrivare alla fine del mese e in tanti arrivano, sì e no, al 20 o 22 del mese. E nei restanti giorni? Si vende l’ultimo pezzo d’argenteria ereditato dalla nonna, si vende la catenina d’oro magari ricevuta da bambini; si chiede con grosso disagio un prestito al genero o al cugino abbiente, all’amico fidato – o a un istituto di credito che sfiora l’usura quando non pratica, addirittura, l’usura.
Ma nulla sembra poter condurre la Nazione a una salutare inversione di rotta. E’ come se editoria, mondo accademico, istituzioni varie nemmeno esistessero. Non si riceve una sola, edificante indicazione. Non ci viene rivolto un appello che sia sano e coraggioso. Davanti a noi non si staglia la figura, o non si stagliano le figure di uomini o di donne che agitino con sentimento e intelligenza il problema, il gravissimo problema della mancanza d’una via d’uscita per l’Italia dalla palude in cui essa è stata scaraventata dal neoliberismo e dagli alleati politici del neoliberismo.
Nemmeno il Cinema sa più scuotere gli italiani. Questo Cinema “non” è l’erede di quello creato da De Sica, Visconti, Rosi, Bolognini. E’ un Cinema ‘intimistico’, magari anche pregevole nelle forme plasmate dal regista livornese Virzì; ma incapace di affrontare i grandi temi, i grandi problemi dalla società italiana d’oggigiorno.
Eccolo, quindi, il fallimento, il colossale fallimento, della “intellighenzia” di casa nostra la quale tradisce in modo così tristemente netto, il proprio mandato: il mandato di educatrice, di ispiratrice, di alleata di coloro i quali da soli non ce la fanno e oggi sono difatti abbandonati a se stessi con indifferenza criminale, con cinismo assassino, con ignavia crudele da politicanti e affaristi, da soggetti privi di morale, privi del concetto d’interesse nazionale supremo; portatori e portatrici di un concetto perverso, aberrante: chi non raggiunge l’agiatezza, è un “perdente”, un “fallito”. Uno “sfigato”.
Eccome se la società italiana arranca nel Vuoto… E’ una società che scivola sempre di più nell’ignoranza. Ideali più non ne coltiva poiché mancano le personalità che indirizzino verso ideali, ideali politici, culturali, o strettamente legati all’interiorizzazione: la messe di cui si nutrì la mia generazione (e anche quelle precedenti la mia), la generazione degli italiani nati negli anni Quaranta, passata attraverso la Ricostruzione Nazionale, attraverso Trieste restituita all’Italia sotto il Governo Pella, attraverso le splendide Olimpiadi del 1960 organizzate in una Roma impeccabile, tirata a lucido, efficiente; sissignori, una Roma efficiente! La generazione che conobbe il Sessantotto e che da esso fu rigenerata e, al tempo stesso, lacerata. Quelli “come noi” che leggevano, leggevano a rotta di collo; andavano ogni giorno al cinematografo, viaggiavano: non facevano che viaggiare con l’autostop o sui convogli delle bellissime Ferrovie dello Stato (le “FF.SS”), o, sennò, a bordo della meravigliosa “Cinquecento” o a bordo della “Bianchina” che faceva tenerezza, un poco sbilenca e asimmetrica com’era. Noi: quelli che le diecimila lire le facevano durare parecchio, poiché le diecimila lire di mezzo secolo fa, o anche meno, disponevano di un grossissimo potere d’acquisto.
Ma oggi? Oggi Alessandro Manzoni ci definirebbe di nuovo così: “popolo sparso, che nome non ha”… Un’identità vera e propria più non abbiamo. Quali mete dover, e poter, raggiungere, non sappiamo. Quali siano i nostri, veri interessi nazionali, e come agire per soddisfarli, lo ignoriamo. Anzi, nemmeno c’importa conoscerli. Dopo oltre vent’anni di neoliberismo, e di combutta fra padroni e “”fenomeni”” della politica, così siamo stati ridotti.
L’italiano erudito, colto, ansioso d’imparare, comunque e sempre, è davvero una figura d’altri tempi. L’italiano battagliero, ben disposto a combattere, e a rischiare, per i propri diritti? Un’altra “specie” sparita. La scomparsa delle ideologie, almeno dell’Italia ha fatto un cimitero. Ha fatto una landa che mette i brividi. Ha creato contrade desolate. Poche le eccezioni, almeno secondo noi: borghi romagnoli, toscani, campani, molisani, pugliesi, siciliani, sardi. Troppo poco, anche se Forlì, Livorno, Piedimonte d’Alife, Isernia, Ostuni, Mistretta, Oristano si presentano tuttora nella loro antica bellezza, bellezza del paesaggio, bellezza “antropologica”. Beltà culturale.
Eccolo, quindi, sì, Il Vuoto… Il vuoto in cui nemmeno si sa di Anna Magnani, Aldo Fabrizi, Ettore Petrolini, Pirandello! Altrove, in Francia e in Gran Bretagna, non è successa la stessa cosa…