A quanto leggo la Lega si appresterebbe a chiedere che tutti i partiti che si ispirano al marxismo vengano messi fuori legge, e così i loro simboli. Per chi avesse dubbi su dove si collochi il partito di Salvini, al di là della sua retorica populista, basti questa sintonia con i movimenti nazionalisti e neonazisti ucraini che hanno fatto passare un analogo provvedimento legislativo.
Ma la questione rilevante è un’altra: perché questo accanimento (in Italia più che in Ucraina, dove si spiega anche in funzione anti-russa) contro un’ideologia, quella comunista, marginalizzata e ormai tutt’altro che minacciosa? La ragione è che il neocapitalismo sa bene che il comunismo resta l'unica forza in grado di contrastarlo: non militarmente ed economicamente, come ai tempi del socialismo reale, definitivamente tramontato, ma idealmente e culturalmente, come affermazione della preminenza della solidarietà sull'individualismo.
Da sempre la distruzione delle comunità è stata l’obiettivo primario del capitalismo, che esiste e prospera solo nella misura in cui riesce a frantumarle in innumerevoli individui in rabbiosa competizione fra loro ma omogeneizzati dai media e dai consumi. La battaglia contro il comunismo è stata soltanto un episodio della secolare guerra condotta dai più ricchi e dai più forti contro i vincoli sociali e i valori morali (ciò che chiamiamo “civiltà”) che ne limitavano la supremazia. È una constatazione espressa già dal giovane Marx: “La comunità dal quale il lavoratore è separato è la vita stessa, la vita fisica e spirituale, la moralità umana, l’attività umana, l’umano piacere, l’essenza umana”.
Un’alienazione che il neocapitalismo sta oggi imponendo su scala planetaria e a livelli di penetrazione sociale e psicologica impensabili prima della diffusione delle nuove tecnologie informatiche e mediatiche. Con conseguenze catastrofiche: sovrappopolazione, inquinamento e cambiamenti climatici, incremento esponenziale dell’ineguaglianza economica, decadenza delle culture, spietato egoismo. Che la destra estrema e quella liberista abbiano riesumato il fantasma del comunismo dipende dal fatto che si stanno creando le condizioni per il suo ritorno. I ricchi sanno benissimo che i loro sprechi, la loro avidità e la loro spaventosa incompetenza stanno preparando una grande crisi; sanno benissimo che a un certo punto neppure il sogno di nuovi gadget resi necessari dalla pubblicità riuscirà a distrarre i miserabili, che allora si ribelleranno. Quando ciò accadesse non vogliono che ci sia pronto, a guidare il cambiamento e trasformarlo in rivoluzione, un ben organizzato partito che si inserisca nella tradizione socialista, per quanto minoritario. La loro soluzione è un’altra, la stessa sperimentata con successo un secolo fa proprio in Italia: il fascismo, ossia una destra populista che restituisca alla gente un senso di identità e appartenenza ma lo indirizzi, alimentando le peggiori ansie e fobie, contro i più deboli, non contro i benestanti e le loro banche e corporation.
Renzi è perfettamente funzionale a questo disegno: facendo compiere a lui, ossia a una pseudo-sinistra, il lavoro sporco delle privatizzazioni e della distruzione dello stato sociale, i poteri forti della finanza si garantiscono un’opposizione solo di destra – di gran lunga l’opposizione che preferiscono. L’errore della sinistra vera, imperdonabile, è per l’appunto lasciare ai fascisti, comunque travestiti, il ruolo di unici antagonisti radicali del neocapitalismo e della globalizzazione. La sinistra vera continua insomma a giocare all’antifascismo come se nulla fosse successo, trovando gratificazione o almeno consolazione in una polemica inefficace e inattuale.
Verrà il tempo in cui occorrerà fare i conti con Salvini: invece demonizzarlo in questo momento, proprio quando furbescamente ha indossato la maschera dell’antiliberismo abbandonata dalla sinistra, è un suicidio politico. Per non parlare della demonizzazione di Grillo. L’unica cosa infatti che la gente capisce è che la sinistra si oppone a chi si oppone a Renzi. E se ne ricorderà, purtroppo, quando la crisi arriverà davvero.
Il mondo e la società li sta distruggendo il neocapitalismo, non la destra estrema. Il potere, pressoché assoluto, ce l’ha la finanza globalista, non gli stati nazionali e tanto meno i partiti fascisti. I fascisti svolgono una pura opera di provocazione, quasi esclusivamente verbale: irritante e indegna, certo, ma limitarsi a reagire è un segno di infantilismo. Non si fa politica cadendo nelle trappole degli avversari, accettando le loro sfide e incontrandoli sul loro terreno. Si fa politica scegliendo la propria strategia, costringendo gli altri sulla difensiva. Serve una sinistra aggressiva, populista, almeno altrettanto provocatoria della destra e apertamente sovversiva: ma inpegnata a sovvertire il potere reale, non un potere ipotetico o immaginario. Essere “contro”, in questa fase storica, significa essere antiliberisti, non antifascisti.
Ovviamente non si può avere nulla in comune con i fascisti né si può dialogare con loro. Ma se si vuole davvero lottare contro il governo si deve lottare contro il governo, non contro un’opposizione di segno diverso, neppure se pretestuosa. Agli attacchi della Lega non si risponde attaccando la Lega: si risponde occupando lo spazio politico a cui la Lega mira, quello della resistenza al regime liberista.