La notizia lascia di stucco: i ladri sono entrati nel cimitero di Isola delle Femmine, piccolo centro alle porte di Palermo, hanno fatto razzìa di vasi di rame e, non contenti di questo, hanno profanato la tomba di una donna novantenne passata a miglior vita circa un anno fa alla ricerca di gioielli. Sulla vicenda, ovviamente, indagano le forze dell’ordine.
Sembra che la parola razzìa derivi dall’arabo ghazzyya, che significa “incursione”, magari una spedizione nell’area del “nemico”. Anche se in questo caso vale di più un’altra spiegazione: “Incursione armata compiuta da predoni o da bande di irregolari a scopo di saccheggio”. Che, in questo caso, è per fame. Già, il saccheggio. Non ci va di scomodare Rousseau e la sua celebre interpretazione dell’animo umano: ovvero l’uomo che nascerebbe buono e sarebbe reso cattivo dalla società. Tesi, questa, che, alla fine, potrebbe giustificare le peggiori gesta umane.
Detto questo, però, dobbiamo ammettere che in Sicilia, oggi, è tornata la grande povertà. La disoccupazione giovanile sfiora quasi il 70 per cento (nel resto d’Italia è intorno al 40 per cento). Il 50 per cento delle famiglie è in difficoltà. Le mense dei poveri sono piene. Frequentate anche da pensionati che prima del 2008-2009 non navigavano nell’oro, ma arrivavano tranquillamente a fine mese. Oggi non ci arrivano più, anche evadendo le tasse e le imposte comunali che sono ormai le più alte d’Italia (a Palermo la Tari, questo ormai l’hanno capito tutti, non si paga per avere una corretta raccolta dei rifiuti, visto che la città è sporchissima, ma per mantenere l’esercito di dipendenti pubblici e di precari che lo Stato, la Regione e lo stesso Comune non riescono più a mantenere).
In queste condizioni non c’è da stupirsi se la gente si inventi di tutto pur di sopravvivere. Dicono che a Isola delle Femmine i ladri erano convinti di trovare nella tomba della donna chissà quali gioielli. Li avranno trovati? Non si sa. Si sa soltanto che la tomba è stata profanata: i ladri (o i poveracci? ormai il confine è molto labile…) hanno scoperchiato il loculo, hanno preso la cassa e l’hanno gettata per terra. Insomma, l’hanno distrutta. Il tutto per trafugare i gioielli. O quanto meno per provarci.
Gli stessi ladri hanno fatto il giro del cimitero per prendersi i vasi di rame e persino quelli di alluminio. Sì, anche l’alluminio, che ha un valore veramente minimo. Ma oggi, con la fame che c’è in Sicilia, tutto fa brodo.
La vicenda avvenuta a Isola delle Femmine, che non ha avuto gli onori delle cronache, non è altro che l’altra faccia, quella vera, dell’Italia descritta da chi, oggi, celebra la ‘ripresa’ economica del Belpaese. Ci dicono che il Pil italiano è finalmente in ‘crescita’. E che crescerà non sappiamo di quanti zero virgola il prossimo anno o nei prossimi due o tre anni. Mario Draghi ha già pronto il suo ‘bazooka’, con la pioggia di euro pronta a inondare l’Unione europea, come ci racconta in altra parte del giornale l’economista Massimo Costa. Ma intanto la povertà cresce. In Sicilia in proporzioni smisurate. Ma questo nessuno lo dice.
I furti di rame, in un’Isola sempre più disastrata, non si contano più. Non c’è piccolo o grande centro che non abbia registrato furti di rame. E’ un metallo che si vende bene, soprattutto nei mercatini dei poveri. Piccoli suk che sorgono qua e là, ovviamente nei centri del Sud d’Italia. Dove si vengono oggetti rubati di tutti i tipi. E anche altre cose trovate qua e là nei contenitori di immondizia.
Eh già, perché mentre il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, celebra il Jobs act che darà chissà quanti nuovi posti di lavoro, mentre la Lega delle cooperative controlla ormai quasi tutti gli appalti pubblici della Sicilia, mentre le imprese edili siciliane non lavorano più, a meno che non riescano a trovare qualche ‘frattaglia’ lasciata libera dalle grandi cooperative riconducibili a una certa ‘Sinistra’ (una volta li chiamavano subappalti e a un certo punto, negli anni ‘90 del secolo passato furono pure vietati dalla legge e li trasformarono in ‘noli a freddo’: i grandi gruppi nazionali dell’edilizia piombati in una Sicilia sempre più ‘colonia’ prendevano in affitto i mezzi delle piccole ditte siciliane e, con l’occasione, facevano lavorare un po’ di manovalanza locale: il classico tozzo di pane degno, appunto, degli abitanti di una colonia), insomma mentre l’economia dell’Isola cola a picco, ormai, per campare si profanano le tombe, si va nei cimiteri alla ricerca di vasellame di rame e anche di alluminio e, in pieno giorno, con delle particolari aste in metallo, si scava nei contenitori dell’immondizia.
Vi sembra un’esagerazione? Allora venite a Palermo. Vedere per credere. I ‘professionisti dell’immondizia’, fino a qualche tempo fa, operavano al tramonto e alla sera. Ora sono diventati tanti. Crescono a vista d’occhio. Quindi si lavora pure di giorno. C’è anche chi ironizza. E spiega che a Palermo, finalmente, è arrivata la raccolta differenziata dei rifiuti. Quello che non hanno saputo fare la Regione e il Comune del capoluogo dell’Isola, fermi ancora alle discariche, lo stanno facendo i poveri disgraziati, che vanno a cercare nei cassonetti materiali da ‘riciclare’. Certo, non è la raccolta differenziata di una città moderna, efficiente, pulita. E’ la raccolta differenziata di una città ciabattona, che sta vivendo il lungo incubo di una povertà tipica di un dopoguerra. Sono scene della Palermo attuale. Sono scene della Sicilia di oggi. Vedere per credere.