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February 19, 2015
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La Sicilia dovrebbe aver paura dell’ISIS? Ma pensa alla salute…

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Time: 8 mins read

Gli unici a non fare molto caso a quello che sta succedendo a circa 450 chilometri dalla Sicilia sono i siciliani. In Libia sta scoppiando il finimondo, ma nell’Isola ‘culla del Mediterraneo’ regna la calma. Almeno per ora. Nel sentire il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, che voleva subito la guerra contro l’ISIS c’è chi è rimasto stupito e chi l’ha presa con ironia. La verità è che, nonostante tutte le cose che si leggono e che si scrivono in queste ore contro i fondamentalisti islamici, i siciliani non riescono proprio a pensar male del mondo arabo. Sarà perché la loro dominazione, tra le tante che si sono susseguite in Sicilia, è stata forse una delle  migliori (di certo molto migliore di quella italiana e, soprattutto, della dominazione della fallimentare Unione europea dell’euro che piace tanto all’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano…), sarà perché in tante città della Sicilia gli arabi sono tornati da oltre un ventennio e vivono benissimo con i siciliani (a Mazara del Vallo migliaia di tunisini e marocchini vivono in pace e lavorando per lo più nella Kasbah dislocata nel cuore della città antica, che molto opportunamente l’attuale amministrazione comunale ha fatto rinascere), insomma, sarà per questi e per altri motivi, ma i siciliani vivono a contatto con le genti arrivate dalla sponda Nord del Mediterraneo: e ci vivono bene e in pace. 

Certo, alcune immagini cruente diffuse dalla rete, come quelle dei mozza teste, spaventano. Ma in Sicilia, di solito, si guarda in profondità. Collegando gli eventi presenti con quelli del passato. E non perdendo di vista la realtà. Sui giornali, in questi giorni, abbiamo letto di grandi pericoli per la Sicilia e per l’Italia: “La guerra alle porte di qua, la guerra alle porte di là”. Anche se, per i siciliani, ci vuole molta, ma molta fantasia ad immaginare danni economici e sociali maggiori di quelli prodotti all’Isola dal governo nazionale di Matteo Renzi e dal governo regionale di Rosario Crocetta!

Questi due personaggi, che sono i paradigmi del fallimento della politica nel Sud d’Italia e, in particolare, in Sicilia, hanno ridotto l’Isola con le pezze nel sedere. Le imprese siciliane chiudono. Il gettito dell’Iva, nell’ultimo anno, si è ridotto di oltre il 30 per cento, passando da un miliardo e 450 milioni di euro a un miliardo circa. In pratica, i cittadini della Sicilia, in media, in un paio di anni, hanno perso il 30 per cento del potere d’acquisto, in buona parte perché hanno meno soldi in tasca, e in parte perché hanno paura del futuro. Insomma, volete che una Regione con una disoccupazione giovanile che sfiora il 70 per cento e con un futuro incerto si debba preoccupare solo dell’ISIS? In Sicilia, ormai, la maggioranza delle famiglie non arriva alla fine del mese. E tantissime altre famiglie sono alla miseria. L’ISIS, insomma, è soltanto un altro problema che si somma a un degrado economico e sociale a tratti spaventoso. 

Vogliamo parlare, ad esempio, della sanità siciliana? In queste ore si discute della neonata morta a Catania. E di un bambino dimesso dal Pronto soccorso di Trapani e poi deceduto. Sotto processo, ovviamente, finiranno i medici. Si farà finta di non sapere – per ciò che riguarda la neonata morta – che appena un anno e mezzo fa, o giù di lì, il governo nazionale e il governo regionale hanno provato a chiudere in Sicilia 28 Punti nascita, in buona parte riuscendoci. Ce n’erano troppi e costavano molto: questa era la motivazione, ovviamente fasulla. La verità è che, per restare nell’euro, bisognava e bisogna risparmiare sulla pelle dei cittadini. Chi legge il nostro giornale – e in particolare la nostra rubrica – si ricorderà che, negli ultimi tre mesi, abbiamo denunciato i tagli alla sanità siciliana operati dal governo nazionale della ministra Beatrice Lorenzin e avallati dall’assessore regionale Lucia Borsellino, una donna-simbolo per il cognome che porta, finita, però, nel mondo della ‘presunta’ antimafia di Crocetta & company. Quando hanno provato a chiudere i Punti nascita nei centri disagiati della Sicilia è scoppiato un gran casino (notare il grande ‘acume’ di questa scelta: nelle zone disagiate come, ad esempio, le isole di Lipari e Pantelleria hanno provato a eliminare i Punti nascita: così, tanto per aumentare i disagi alle popolazioni di queste isole: ‘grandioso’, no?). Tutt’oggi, credeteci, non sappiamo come sia finita. Alcuni centri dove far nascere i bimbi sono stati chiusi. Altri sono aperti, ma non si sa in che condizioni operano (in Sicilia dei morti nella sanità si parla sempre dopo, mai prima, nel senso che non esiste prevenzione). Qualche giorno fa, su facebook, abbiamo chiesto all’attuale sindaco di Pantelleria se il Punto nascita, da quelle parti, è stato riaperto. Ci ha risposto di sì. Ma non escludiamo che, leggendo questo articolo, qualche abitante di Pantelleria ci scriva per chiarirci come stanno le cose, che magari potrebbero stare in modo diverso da quanto ci ha detto il sindaco. Insomma, ci aspettiamo di tutto, ormai, in una Sicilia che affonda in un’Italia che va indietro giorno dopo giorno.  

Sempre a proposito della neonata deceduta, ci sarebbe da chiedersi come mai la Regione siciliana autorizzi una clinica privata a far partorire le donne senza la possibilità di fronteggiare le eventuali urgenze. La neonata è morta, alla fine, perché la clinica privata non ha le attrezzature (in questo caso l’Unità di terapia intensiva neonatale) per affrontare un’emergenza. Questa domanda andrebbe posta al presidente Crocetta e all’assessore Borsellino. E anche ai titolari della clinica privata Gibiino, a quanto pare parenti del coordinatore di Forza Italia in Sicilia, in parlamentare nazionale Vincenzo Gibiino. Ma dubitiamo che i veri protagonisti di questa incredibile storia verranno chiamati a rispondere della morte della neonata. In Sicilia non c’è giustizia per i casi di malasanità, soprattutto se coinvolgono i politici o i presunti antimafiosi di turno. Al massimo, si mettono sotto accusa i medici. Scommettiamo che anche stavolta sarà così?

Lo stesso discorso vale per il bambino deceduto a Trapani. Di fatto, gli ordini che la politica dà ai Pronto soccorsi siciliani sono di visitare quanta più gente possibile, di risparmiare sulle analisi e di mandare a casa quanti più pazienti possibili. E questo hanno fatto al pronto soccorso di Trapani: hanno mandato a casa un bambino con la febbre. Hanno obbedito agli ordini della politica. Ma il bambino è morto. Ora se la prenderanno con i medici. Ovviamente. Questi ultimi, se nei Pronto soccorsi ‘perdono’ tempo nel visitare i pazienti sono messi sotto accusa dalla politica e dagli stessi utenti. Se visitano in fretta rischiano di finire in galera. Fregati di qua o fregati di là. Questa, signori, è la sanità della Sicilia nell’anno di grazia 2015. Il resto sono chiacchiere. 

Oggi i siciliani dovrebbero avere paura delle bombe della Libia. Alcuni dicono che le bombe non ci sono. Altri dicono che sono armi russe degli anni ’60 e ’70 del secolo passato che solo con difficoltà potrebbero essere utilizzate contro la Sicilia. Altri ancora dicono che i ribelli libici hanno oggi armi nuove che hanno acquistato grazie al petrolio. Per ora le uniche ‘bombe’ sulle teste dei siciliani sono arrivate da Roma. E una di queste ‘bombe’ riguarda proprio la sanità. E’ arrivata un paio di settimane fa, quando la ministra Lorenzin e l’assessore Borsellino hanno annunciato un’ulteriore stretta sugli ospedali siciliani con un’ennesima riduzione di posti letto, già pesantemente ridotti (insieme con la diminuzione dei reparti e dei medici) dal 2009 ad oggi. Ma questo, ovviamente, non farà parte delle ‘indagini’ che si faranno sulla sanità siciliana dopo la bimba morta e il bimbo morto. Così come non si parlerà di chi ha autorizzato una clinica privata a fare partorire le donne senza Terapia intensiva neo-natale. Così come non si parlerà del servizio di elisoccorso che in Sicilia fa acqua da tutte le parti. Alle nove di sera – è stato detto e scritto – non c’era elisoccorso. Secondo voi è normale che, alle nove di sera, non ci sia il servizio di elisoccorso per portare una neonata da Catania a Ragusa? 

A quanto pare a Catania – tra le zone più popolate della Sicilia – il servizio di elisoccorso è a ‘mezzo servizio’ perché si deve assicurare la presenza di un elicottero a Pantelleria. Di assicurare il servizio di elisoccorso contemporaneamente a Catania e provincia e a Pantelleria insieme non se ne parla: o lì o lì. Il tutto per risparmiare. Sulla pelle dei cittadini. Questi sono i fatti. Secondo voi si indagherà su un fatto così grave? Secondo noi, no. Del resto, cosa si è saputo del ‘caso’ di Antonella Seminara, una donna di Ganci – un centro arroccato sulle Madonie – morta, sempre di parto, in seguito a un’emorragia, grazie anche al servizio di Elisoccorso che nell’agosto del 2013 non è arrivato in tempo? La vicenda è ancora da chiarire. Quando? Vattelappesca. 

Era una donna comune, Antonella Seminara. Mica una importante, per la quale era necessario fare arrivare di corsa un elicottero come è stato fatto il 15 gennaio scorso per un dirigente del Servizio 118 (cioè dello stesso Servizio di Pronto soccorso della Sicilia) che è stato prelevato da un ospedale della Sardegna e trasportato a Palermo. Per la precisione all’Ismett, il centro per i trapianti che costa alla Regione siciliana 94 milioni di euro all’anno e opera in convenzione con gli americani dell’università di Pittsburgh. L’Ismett, a quanto si racconta, ha salvato la vita a questo dirigente del Servizio 118 che si chiama Gaetano Marchese. Questa vicenda, che è stata tenuta nascosta dal governo regionale, è venuta fuori solo dopo che è morta la neonata. Così è venuto fuori il paragone: per il direttore del 118 l’elicottero è partito dalla Sicilia, si è recato in Sardegna ed è tornato in Sicilia. E Gaetano Marchese si è salvato. Per la piccola Nicole l’elicottero non era disponibile (ammesso che l’elisoccorso l’avrebbe salvata). Di questa storia si sta occupando la magistratura che sta indagando su questa utilizzazione dell’elisoccorso.

Anche se, a dir la verità, in questo caso – come nel caso della clinica privata autorizzata a far partorire le donne in condizioni di scarsa sicurezza – a rispondere, in primo luogo, dovrebbe essere la Regione: perché è il governo regionale che autorizza le cliniche private a far partorire le donne, così come è sempre la Regione che finanzia il Servizio di elisoccorso. 

Intanto, pronto accomodo, i siciliani dovrebbero avere paura dell’ISIS e non del servizio di elisoccorso che in alcuni casi non brilla. Ci sarebbe da chiedere agli anziani siciliani poveri, o comunque senza raccomandazioni, se hanno più paura dell’ISIS o degli ospedali siciliani. Vivete in Sicilia, avete passato i settant’anni e vi sentite male? Se avete parenti importanti, raccomandazioni robuste o almeno qualche conoscenza e finite in ospedale ce la potete fare. Ma se non rientrate in una di queste tre condizioni, beh… Stretti da una politica che, ormai, vuole risparmiare su tutto – e soprattutto sulla sanità – non è da escludere che risparmino anche su di voi: visita veloce, niente analisi, là dove vi si dovrebbe fare ricorso e come finisce si racconta…

Anche i siciliani che hanno superato i 70 anni, se senza “Santi in Paradiso”, dovrebbero avere paura dell’ISIS. Ma forse dovrebbero avere più paura della sanità siciliana. Sarebbe interessante sapere non quanti anziani sono morti negli ospedali siciliani, perché il trucco è farli morire, o comunque farli risultare morti nelle rispettive case. Sarebbe interessante capire se, negli ultimi anni, in Sicilia, sia per caso aumentata la mortalità degli anziani in generale. Sarebbe da appurare, questo dato, a giudicare da quello che si ‘annusa’ negli ospedali siciliani. 

I siciliani dovrebbero avere paura dell’ISIS, ma forse anche delle strade e delle autostrade siciliane abbandonate, dei plessi dove hanno sede le scuole prive di manutenzioni e, spesso, senza riscaldamenti. Locali spesso presi in affitto, senza le più elementari norme di sicurezza. Di questo i siciliani non debbono avere paura: debbono avere paura dell’ISIS.

Solo che i siciliani, nonostante i governanti da quattro soldi, romani e siciliani che siano, sanno guardare al passato. E si ricordano, ad esempio, che nel 2011 sono stati gli americani a ‘ridisegnare’ gli equilibri nel Mediterraneo. I siciliani ricordano del governo Berlusconi che, sempre nel 2011, diceva di essere amico di Gheddafi e poi, di fatto, lo dava in ‘pasto’ ai francesi piangendo le classiche lacrime di coccodrillo. Morto Gheddafi la Libia, piano piano, è scivolata nel caos. E ora al posto di Gheddafi c’è ISIS. Ma non ci si poteva pensare prima? Il parallelismo tra l’ISIS post Gheddafi e gli ospedali siciliani della ministra Lorenzin e dell’assessore Borsellino regge benissimo: prima gli tagliano i posti letto, stressano medici e infermieri con turni massacranti (perché, contemporaneamente, sempre per risparmiare, hanno ridotto la presenza di medici e infermieri), riducono i reparti, autorizzano prestazioni sanitarie insicure e poi, quando una neonata e un bambino ci lasciano la pelle dicono: ma com’è possibile che sia avvenuto tutto questo, indagheremo, indagheremo, indagheremo. E indagano, indagano, indagano… 

 

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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