In un briefing informale al Palazzo di Vetro, tenutosi il 18 febbraio, sull’attuale emergenza ebola nell’Africa occidentale e precisamente in Guinea, Sierra Leone e Liberia, l’inviato speciale delle Nazioni Unite sulla questione ebola, David Nabarro, ha smorzato un po’ l’entusiasmo dei presenti all’Assemblea Generale, evidenziando che ci siamo addentrati nella fase più dura alla lotta al micidiale virus dell’ebola, proprio come eveva affermato John Ging, direttore delle operazioni per lo UN OCHA il 6 febbraio 2015.
Il Dr. Nabarro ha voluto sottolineare che riuscire ad avere forti capacità di sorveglianza a terra per individuare le persone affette dal virus, confermare la diagnosi in modo rapido, organizzare un trattamento efficace per identificare le persone entrate in contatto con quest’ultime oltre a tenere le persone sotto controllo per 21 giorni, “è una davvero un compito difficile”, tanto più che queste attività devono essere coordinate attraverso 63 diverse strutture di governo in un'area delle dimensioni della Francia.
Tuttavia il messaggio dell’inviato speciale dell’ONU, durante il briefing all’Assemblea Generale, è stato in realtà duplice: da un lato infatti vi era la necessità di risorse per una risposta immediata all’epidemia che ha colpito circa 23.218 persone e causando con 9.365 morti secondo gli ultimi dati di Centers for Disease Control and Prevention – CDC, nonché la necessità di avviare la pianificazione per la ripresa socioeconomica a lungo termine dei paesi interessati.
Anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon si è unito al Dr. Nabarro, dichiarando che siamo ad una svolta critica e che in generale il 2015 ha registrato un calo significativo del numero di nuovi casi di Ebola nei tre paesi colpiti. Il numero uno dell’ONU ha poi posto l’accento sull’importanza delle risorse affinché si azzeri il numero di casi, affermando in proposito: “Stiamo accelerando il nostro lavoro per raggiungere gli obiettivi fissati il 15 febbraio dai presidenti del Mano River Union – zero casi in 60 giorni, entro la metà di aprile”.
A far eco a Ban Ki-moon, ci ha pensato il presidente dell’Assemblea Generale dell’ONU, Sam Kutesa che ha evidenziato una questione ancora trascurata, la stagione delle piogge, dichiarando: “Con la stagione delle piogge che si avvicina rapidamente, gli sforzi devono essere raddoppiati per garantire una spinta finale che porti ad eliminare questa epidemia, ma anche ad avviare una ricostruzione a lungo termine nella regione”.
Al briefing è intervenuto anche via videoconferenza da Monrovia, capitale della Liberia, Ismail Ould Cheikh Ahmed, il rappresentante speciale e capo della missione delle Nazioni Unite per Ebola (UNMEER), il quale si è riallacciato all’intervento del presidente Kutesa, avvertendo sui problemi che la stagione delle piogge potrebbe arrecare come ad esempio un aumento della prevalenza di altre malattie come la malaria. Ciò può mascherare casi sospetti di Ebola. Infine, strade chiuse a causa di forti piogge possono influenzare in modo significativo la capacità di accedere alle comunità colpite dal virus. “Controllare l'epidemia nelle prossime 12 settimane è fondamentale”, ha asserito il capo dell’UNMEER.
Benché nel briefing sia emerso che effettivamente un enorme progresso si sia registrato nella riduzione dei casi, basti visitare il sito del CDC o dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – WHO, alcuni problemi di fondo come il fatto che alcune comunità rurali si rifiutano di collaborare con gli operatori umanitari, minacciandoli e spesso anche ferendoli come è avvenuto in Guinea a gennaio (naturalmente queste persone sono state poi condannate), rende ancora la lotta all’ebola aperta e pericolosa anche per chi cerca solo di aiutare la gente colpita.
Il Dr. Nabarro ha poi concluso ritornando a parlare dei fondi necessari per azzerare i casi, annunciando in merito che il sistema delle Nazioni Unite e degli altri partner richiedono finanziamenti aggiuntivi per sostenere il lavoro dei governi nazionali. “Se bisogna sostenere questo sforzo intensivo per tutto il 2015, il costo totale sarà di circa 1,5 miliardi dollari, mentre il totale dei fondi disponibili in questo momento, è solo di circa $ 600 milioni”, ha aggiunto l’inviato speciale, ricordando anche che un meccanismo importante per finanziare la risposta umanitaria è attraverso il Trust Fund del segretario generale. Finora, da quando è stato istituito nel settembre 2014, il fondo ha percepito introiti da 32 donatori e distribuito 131 milioni di dollari in supporto strategico per la risposta all’emergenza ebola.
Una volta arrivati a zero casi – e si spera entro primavera – non sarà come si dice tutto in discesa, bensì ci sarà ancora un altro percorso in salita, ovvero riavviare la ricostruzione e la ripresa socioeconomica a lungo termine in Guinea, Sierra Leone e Liberia. Una buona notizia è arrivata proprio dalla Liberia dove i casi settimanali si sono quasi più che dimezzati e si parla già di far riaprire alcune scuole stando ai media locali. Intanto, il 18 febbraio è iniziato il tour dell'amministratrice dell'UNDP, Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, Helen Clark nei tre paesi sopraelencati.
Il prossimo significativo appuntamento, sarà una conferenza internazionale ad alto livello sull’ ebola prevista il 3 marzo a Bruxelles, in Belgio, dove il focus principale sarà sulle esigenze a lungo termine della sub-regione africana.