L’anniversario dell’assassinio di Malcom X, consumato a New York il 21 febbraio di mezzo secolo fa, è occasione per riflettere su talune influenze che l’islam esercita nella società cosiddetta occidentale, tuttora fondata sul duopolio culturale di cristianesimo e illuminismo.
Malcom, nero di Omaha nato Little, è ricordato, insieme a Martin Luther King, come campione della lotta che gli afroamericani condussero per i loro diritti negli anni ’50 e ‘60. Di King, senza mai condividerne pienamente metodi e finalità, diverrà a un certo punto amico, dopo esserne stato avversario. Dopo un’infanzia complicata da tragedie familiari, e una gioventù sbandata e fuorilegge che gli costò anni di carcere, aderì nei primi ’50 a Nation of Islam, il movimento per la “nazione nera” indipendente da costituirsi dentro gli Stati Uniti, prendendo il cognome X e rinunciando a quello che la famiglia d’origine aveva ricevuto dai padroni bianchi. La setta politico-religiosa, controllata da Elijah Muhammad, chiedeva, agli ex schiavi neri delle piantagioni, di tornare alla supposta tradizione dei padri, musulmani liberi in terra d’Africa. Malcom si impose presto per carisma e capacità di ministro del culto, aprendo templi e facendo decine di migliaia di adepti. Da portavoce, non si fece mancare critiche pubbliche alla moralità privata di leader della setta, Muhammad incluso, e attacchi violenti contro l’establishment bianco e lo stesso J.F. Kennedy.
Si trattava dell’anticamera all’uscita, che avvenne nel 1964, con l’apertura di Muslim Mosque, Inc.: Malcom abbraccia l’ortodossia sunnita, ma al tempo stesso non considera più la religione elemento di antagonismo ad uso del black people. Al contrario prende ad affermare che le religioni, anche l’islamica, devono unire gli esseri umani oltre le barriere razziali e di classe. Con il nuovo nome El-Hajj Malik El-Shabazz, Malcom fonda un’altra organizzazione, battendosi per i diritti umani di tutti e la fratellanza universale. Il 14 febbraio 1965 sopravvive, con la famiglia, a un attentato dinamitardo; una settimana dopo, mentre in pubblico sta aprendo a Manhattan la Settimana della Fratellanza universale, a 39 anni, è massacrato con sette colpi da sicari di Nation of Islam. Ad Harlem, per i funerali, accorre un milione e mezzo di persone.
E’ di moda, attualmente, ragionare di islam e libertà umana partendo dal romanzo di Michel Houellebecq, Soumission. Lo ha fatto anche, su La VOCE Marco Pontoni, criticandomi a sproposito visto che nell’articolo al quale fa riferimento non scrivevo del romanzo (allora non ancora uscito in versione italiana) ma di suoi commentatori francesi. La rievocazione di Malcom è utile per capire dove stiano la pochezza e l’errore di Houellebecq e dei suoi estimatori. Come in Dostoevskij per il messaggio di liberazione di Gesù contrastato dal grande inquisitore, così in Malcom X per il messaggio di liberazione dell’islam contrastato da establishment bianco ed estremisti di Nation, il contenuto di una religione è di fatto eversivo. Non vellica le umane passioni, contrariamente alla caricatura che ne fa Soumission, ma le interpella. Nel tortuoso itinerario dentro l’islam, Malcom trova la fonte dell’azione rivoluzionaria, prima violenta poi pacificatrice e universalistica, con in più la consapevolezza di rischiare la vita per la fede. La religione da barzelletta ricostruita da Soumission (il languido devozionismo cattolico dell’abbazia di Ligugé, l’islam che compra gli intellettuali con carriere alla Sorbonne e sesso “legale” con studentesse minorenni) è grottescamente lontana dall’autentica tensione cristiana e musulmana, quanto può esserlo la fatuità dal salotto con guêpières parigino dalle tragedie del ghetto americano e del terrorismo islamista.
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