Si sente nell’aria che il 2015 non porterà nulla di buono, perlomeno agli europei e, in particolare, agli italiani. Anzi, nulla di più facile che col nuovo anno i numerosi problemi economici, morali e quindi sociali, si incancreniscano ancor di più nella morsa spaventevole in cui, a nostro avviso, ci troviamo da almeno dieci anni. E’ una morsa che non dà tregua, non dà respiro. E’ implacabile poiché, a stringerla sempre di più, è l’Alta Finanza; è il sistema bancario dominato dalla Bce, è la classe politica nella innaturale, oltraggiosa, miope e indecente connivenza col neo-capitalismo, esso causa di tutti i nostri mali, di tutte le nostre sfortune, sfortune alle quali noi italiani non sappiamo, o non vogliamo, reagire.
La Ue è alleata e agente, reggicoda e passacarte del neo-capitalismo così come esso si è formato in seguito all’elezione di Ronald Reagan alla carica di Presidente degli Stati Uniti nel 1980. Un giorno, forse, la Storia dirà che l’Unione Europea fu uno strumento forgiato da una consorteria di capitalisti dediti al proprio arricchimento, dediti a un arricchimento materiale senza soste; e indifferenti alle sciagure sociali che devastarono milioni e milioni di famiglie non solo in Italia, ma anche in Francia, in Spagna, in Portogallo, in Grecia, nella Repubblica dell’Eire: in Paesi, come il nostro, nei quali gran parte dell’elettorato aveva riposto ingiustificata fiducia in personaggi tutt’altro che specchiati, tutt’altro che preparati: personaggi in combutta col potere finanziario, col potere di banche all’apparenza “vicine” al cittadino, “sensibili” alle necessità dell’individuo; in realtà esose, fameliche; inattaccabili.
La Ue che avrebbe dovuto costituire la forza propulsiva, il faro, l’ispirazione dell’Europa nella contesa industrial-commerciale con gli Stati Uniti d’America prima, con la Cina dopo, ha macroscopicamente fallito il bersaglio poiché, forse, il bersaglio non intendeva nemmeno centrarlo… Anzi, nel suo provincialismo edulcorato, vestito a festa, l’Unione Europea ha fatto ponti d’oro alla Cina, alla Cina ha regalato mercati, dalla Cina tutto ha accettato, ha accettato anche tonnellate e tonnellate di prodotti cancerogeni. Ha avallato la Via Cinese: sfruttamento dei minori sul lavoro, nessun diritto riconosciuto ai salariati, giri di vite uno dopo l’altro nelle fabbriche e in ogni altro centro di lavorazione. E’ la Ue, e i governi con essa criminosamente acquiescenti, la responsabile delle paurose crisi commerciali europee, e soprattutto italiane, provocate dagli “straripamenti” cinesi da essa stessa favoriti. E speriamo che un bel giorno se ne conosca il motivo…! Che almeno si sappia come, e perché, alla “Cina vicina” si volle dare in pasto mezz’Europa, e buona parte dell’Italia.
A questo punto ci viene da pensare che chiunque, in vesti istituzionali, chiunque sia legato con suo sommo gusto e convenienza materiale a centri di potere, a vari “think tank”, sventoli la (banale) bandiera della Ue e tenga quindi le parti della Ue con pervicacia e costanza degne di miglior causa, è uno che agisce in mala fede, uno che si presta a un gioco perverso, sissignori, perverso; uno che quindi non ce la racconta giusta, uno di cui diffidare: se la Ue vuol farci morire, che almeno non si crepi da bischeri… Almeno questo, risparmiamolo a noi stessi, e scusiamoci in tutta sincerità con le nuove generazioni per aver votato, a più riprese, individui indegni del mandato popolare.
Se la scintilla, la grossa scintilla nazionale e perciò anti-Ue, dovrà un giorno scoccare, ebbene, essa non scoccherà nella “periferia” italiana e nemmeno in “periferie” ancora più trascurabili in senso industriale e commerciale: scoccherà in Francia o in Germania, vale a dire nel cuore vero dell’Europa, nelle nazioni di Voltaire e Rousseau, di Hegel e Kant; in Paesi che nel bene e nel male si sono esposti, hanno osato, sono andati fino in fondo e di tutto ciò hanno poi accettato con fierezza le conseguenze.
Ci vuole un po’ di passionalità nell’Italia, nell’Europa d’oggigiorno, per come Italia e Europa sono state ridotte. Non possiamo incatenarci a “entrate e uscite”, non possiamo limitarci a ruotare intorno alla “partita doppia”, non dobbiamo più ascoltare chi, con aria da padreterno, ha la faccia tosta di venirci a dire che “la Nazione è un’azienda”! No: la Nazione è una famiglia. Guai se si afferma il molto nocivo principio per cui noi e i nostri figli siamo membri di una “azienda”…
Noi che viviamo nel Paese dei nani politici, dei nani mai satolli, noi che per conto nostro non sappiamo combinare più nulla, ecco, non possiamo che sperare nella Francia e nella Germania. Basta che una delle due (tutt’e due meglio ancora!) esca dall’Unione Europea come nel 1937 l’Italia uscì dalla Società delle Nazioni, e allora si sbriciolerà miseramente la assai nefasta Unione Europea. Della quale, poi, nessuno sentirà certo la mancanza.
Se non vogliono finire nel baratro d’una decadenza senza precedenti, riscoprino i popoli dell’Europa Occidentale i valori della sovranità nazionale senza la quale l’Italia non sarebbe l’Italia, l’Inghilterra non sarebbe l’Inghilterra, la Francia non sarebbe la Francia, la Germania non sarebbe la Germania.