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October 21, 2014
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La lingua italiana nel mondo? Una scommessa di pace

Chiara ZaccherottibyChiara Zaccherotti
Time: 4 mins read

Un popolo antico che ha attraversato le frontiere e che si è insediato ovunque senza perdere la sua identità. Così vengono definiti gli italiani nel mondo dal sottosegretario del Ministero degli Affari Esteri, Mario Giro, intervenuto in occasione degli Stati Generali della Lingua Italiana nel Mondo, in corso proprio in questi giorni a Firenze. L'evento, organizzato dal MAE in collaborazione con il MIUR e il MIBAC, intende infatti fare il punto sulla diffusione dell'italiano all'estero per capire quali potrebbero essere le sfide future da affrontare, in un panorama che, secondo le ultime stime, vede coinvolti 4,5 milioni di italiani nel mondo, 80 milioni di italo-discendenti e 250 milioni di italici, ovvero tutti coloro che pur non essendo italiani in senso etnico, vi si riconoscono sul piano linguistico e culturale.

“Noi siamo uno stato giovane – ha dichiarato il sottosegretario Giro durante il suo intervento – ma un popolo antico che nel mondo ha attraversato le frontiere e si è integrato ovunque senza mai perdere la sua identità. Ciò si deve al fatto di aver vissuto l’identità come un processo e non come un dato fisso. Nel Quattrocento fiorentino c’era un proverbio: Passeri e fiorentini son per tutto il mondo. La nostra diaspora è la seconda al mondo, la nostra lingua la quarta-quinta insegnata. C’è tanta Italia e simpatia per l’Italia: di questo possiamo essere fieri. È una storia antica e recente assieme, dobbiamo guardarla con una visione dinamica, come per la nostra lingua. La stessa grande emigrazione di fine 800-inizi 900, è stata un enorme successo: integrazione e legame assieme, senza creare fratture, malgrado le sofferenze. Così può essere anche per i nostri immigrati”.

L'italiano, ne è convinto il sottosegretario, ci insegna una nuova geografia nel mondo nella quale le frontiere della lingua italiana sono pacifiche e trasversali.

“Lingua e culture possono separare i popoli, se considerate espressioni di identità contrapposte, aggressive o chiuse. Diventano strumenti di disprezzo e rifiuto dell'altro che genera conflitti, identità assassine dice Maalouf. È impresa pericolosa cercare la purezza nella cultura: porta ad identità ingessate, costruite sulla paura. Ma noi sappiamo che le culture non si incontrano né si scontrano… sono gli uomini a farlo. Se li possono dividere, le lingue possono anche unire popoli diversi, fare da ponte, essere elementi di conoscenza, dialogo e una scommessa di pace. Dobbiamo riconoscere perciò alla nostra lingua il suo vero statuto: strumento comunicativo nel senso di bene culturale (immateriale), parte fondante della nostra identità e strumento per conoscere la realtà, per analizzarla con uno sguardo particolare”.

E sarà proprio questa la prospettiva della due-giorni fiorentina che, nell'azione di riflessione sulla promozione della cultura e della lingua italiana all'estero, vede coinvolti numerosi soggetti, tra allievi, docenti, studiosi, ricercatori, enti gestori dei corsi per le comunità italiane all'estero, ambasciate, consolati, lettorati e istituti italiani di cultura.

“Dare un impulso alla promozione della nostra lingua – ha aggiunto il sottosegretario – consci che mai essa si è tradotta in politica di potenza né di ingerenza politica. La nostra lingua è stata un modo di restare uniti ai tanti italiani nel mondo, quasi una nostalgia, ma anche cultura, simbolo di creatività e qualità, di un particolare modo di fare impresa (made in Italy ma anche made by italians). Si tratta di un tesoro di reale influenza e di reputazione. La nostra lingua, come tutte, è un bene dell’umanità: non appartiene solo all’Italia, ma vive ed abita in tutti coloro che la parlano”.

 

ÔÇïDurante la prima giornata di lavori si è discusso anche sull'errore comune di considerare l'italiano una lingue debole, di non pensarlo come una lingua franca nel mondo, quando secondo Giro non è così: nel mercato delle lingue, c'è una richiesta che dobbiamo saper accompagnare e non per fare una “battaglia di retroguardia contro il world English”, ma per arrivare a una lingua veicolare comune e a un'alleanza con le altre lingue e culture, consapevoli che comunque la nostra lingua abbia trasportato e trasporti qualcosa di bello e di buono.

“Non propongo quindi un ghetto linguistico in nome di una gracile identità chiusa – ha dichiarato Mario Giro – ma uno strumento aperto di comunicazione plurale. Tale è il nostro obiettivo perché è così che l’italiano viene percepito: una lingua scelta. La nostra lingua trasporta qualcosa di bello e di buono, un di più che viene dalle profondità della storia e che ci è stato donato. Non abbiamo meriti: vi sono momenti bui nella nostra storia, impazzimenti, indurimenti sempre in agguato. Tuttavia gli altri ci riconoscono qualcosa. Tutti sappiamo, ad es., che l’Italia è bella e gli stranieri –giustamente- si sorprendono che noi viviamo in un così bel paese senza nemmeno accorgercene. In un certo senso è vero; in un altro no, nel senso che ci viene riconosciuta una certa capacità di vivere-nello-sguardo. Vivere nello sguardo: ecco cosa ci distingue… la lingua sposa è figlia di quello sguardo, cuore e sguardo sono uniti. È quella italsimpatia di cui ha scritto Andrea Riccardi: un’identità italiana non minacciosa, senza pretese egemoniche, estetica, affettiva, intuitiva, universalista. In una parola: umana”.

Un grazie speciale il sottosegretario lo rivolge agli italo-discendenti e agli enti locali, per aver contribuito al mantenimento della lingua italiana all'estero e lancia una sfida: iniziare a sostenere iniziative e idee che diano energia a tutto il sistema della promozione linguistica. L'obiettivo? Creare una mobilitazione dell'italofonia e italofilia a livello mondiale con la convinzione che la lingua sia un patrimonio capace di generare molte opportunità per il futuro.

“Auspico – ha concluso – che il movimento d’idee e proposte che avete contribuito a creare, sintetizzato provvisoriamente nel “libro bianco sulla lingua italiana nel mondo” (e ringrazio tutti quelli che vi hanno lavorato), possa provocare un soprassalto di coscienza nel paese e un movimento culturale diffuso che veda e faccia dell’Italiano una delle lingue protagoniste della globalizzazione, una lingua che ha già dato prova di saper superare le frontiere senza impaurire nessuno, senza escludere né dividere. Una lingua fortemente connessa con l’umanesimo italiano, quello della “grande bellezza”, del bello, del buono e del creativo, del dialogo, del pluralismo, dell’appartenenza culturale più che etnica, dell’universalismo e della pace”.

 

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Chiara Zaccherotti

Chiara Zaccherotti

Laurea in Scienze della Comunicazione e un master in Giornalismo Ambientale, ho iniziato a lavorare nella comunicazione integrata, occupandomi redazione, ufficio stampa e organizzazione di eventi. Redattrice dal 2006 per varie testate (Rinnovabili.it, Metro, La Repubblica) e giornalista pubblicista dal 2012, sempre più occupo di coordinamento editoriale e gestione web. Cambio cappelli con estrema facilità e sono un'irriducibile ottimista. Maremmana di nascita e di indole, ho vissuto e lavorato a New York per 4 anni, dove ho imparato che se una cosa la riesci a fare lì, allora la puoi fare ovunque.

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