“Sindaco de Blasio, ma dopo questa vacanza in Italia andrà in vacanza per davvero?” Insinua il giornalista del Wall Street Journal portando in vantaggio la squadra americana. “Abbiamo molto da imparare dagli italiani – puntualizza il primo cittadino newyorchese – Credo che il tempo passato in famiglia nella vita sia fondamentale e prezioso. Questo viaggio mi ricarica e mi fa affrontare tutto con più forza”. La squadra italiana entra nell’area di rigore. Ma basta un buffet a Grassano in Basilicata a base di parmigiana di melanzane, cucinata con gli stessi ingredienti del piatto tipico della nonna del sindaco Anna Briganti, ed è subito goal. Italia 1 – Stati Uniti 0.
Mentre in Italia la ferita della sconfitta ai mondiali di calcio si sta lentamente rimarginando, per un’altra partita suona il fischio d’inizio. L’arbitro è un tipo simpatico, si chiama Bill e corre da una parte all’altra del campo di gioco, e dello stivale italiano, con al seguito la sua famiglia da copertina, la moglie Chirlane McCray e i loro due figli adolescenti, Dante, difficile da non riconoscere per via dei capelli afro, e la più fashion della famiglia, Chiara. Da un lato del campo si riscaldano gli americani. I de Blasio scelgono di trascorrere 10 giorni in Italia sulle tracce degli avi e dei nonni che partirono proprio dal sud d’Italia per inseguire il sogno americano ed ecco subito pronti i giornalisti a puntare il dito. “Dieci giorni sono troppi – gridano in coro con le opposizioni – Nessun sindaco ha mai abbandonato New York al suo destino per più di 8 giorni”. E serve a poco che la moglie Chirlane scriva sul suo Twitter che questo viaggio è importante anche per i figli, per far comprendere loro la ricchezza culturale delle origini italiane. Gli americani corrono per il campo e respirano come stantuffi. “Non si può guidare la città da lontano. Credo che il sindaco debba essere onnipresente”, dichiara ad una radio locale Rudy Giuliani. È vero, lui, affetto da workaholicismo, nel suo mandato dal ’94 al 2001 non lasciò mai il suo posto, nonostante anche le sue origini fossero made in Italy. Ma non ha capito, Rudy, che, come ha notato il giornalista del Wall Street Journal, queste giornate italien del sindaco delle ferie hanno avuto solo il nome.

De Blasio sfila con la bandiera italiana alla Columbus Day Parade 2013. Foto: La VOCE NY
Gli italiani a bordo campo non son da meno: ok, Bill de Blasio ha scelto di trascorrere 9 giorni in Italia, da Roma a Napoli, da Capri alla Basilicata fino a Venezia. Ma noi c’abbiamo la Concordia da spostare, che ci riempirà tutti i telegiornali per la prossima settimana, speciali inclusi. C’abbiamo la pioggia e le alluvioni ed è estate. C’abbiamo già i nostri politici, che ce ne facciamo di un altro che viene in visita? Sicuramente arriverà col suo jet privato, sarà blindato, scortato, imbustato. Per questo, quando arriverà in aeroporto a Roma con un volo della Delta Airlines e si caricherà da solo le valigie sul furgoncino che lo sta aspettando, gli articoli sui giornali fioccheranno come la neve il giorno di Natale inaugurando la deBlasiomania e il tormentone che lo accompagnerà nel viaggio: “Bill, uno di noi.”
Le squadre sono agguerrite a sufficienza, è venerdì 18 luglio e la partita inizia con un colpo sordo ai danni dell’Italia. Il sindaco è costretto a posticipare di un giorno la partenza. A Staten Island la polizia arresta un padre di famiglia, Eric Garner, che muore subito dopo, una vicenda su cui serve fare chiarezza. E la chiarezza va fatta stando sul posto. Ghignano gli americani che percepiscono di avere la vittoria in pugno. Bill resta, ma solo per un giorno. Parte con già in valigia un gol statunitense. Con una sostanziale parità inizia la partita, gli Stati Uniti dispongono anche di speciali guardalinee, reporter inviati dalle testate newyorchesi, New York Times e NY1 su tutti, che lo seguiranno pronti ad alzare la bandierina quando qualcosa darà ragione a loro. Neutrali, invece, la sua segretaria dell’italian desk Monica Klein e il rappresentante dell’ufficio stampa Phil Walzak che guida l’allegra comitiva su e giù per i palchi politici, le pizzerie del lungomare napoletano e i ponti delle calli veneziane. Sugli spalti ad assistere al match ci sono anche membri della security in borghese e agenti della Questura italiana: Bill sarà pure uno di noi ma resta pur sempre il sindaco di New York. Lui dal canto suo sa bene che in medio stat virtus e arbitra la partita cercando di essere più imparziale possibile. Affare arduo, le dichiarazioni sprizzano orgoglio tricolore: “In Italia mi sento a casa, mi sento in famiglia”.
La partita calcistica in 7 tempi inizia lunedì con l’arrivo a Roma e il primo appuntamento politico: la visita in Campidoglio e l’incontro con il sindaco di Roma, Ignazio Marino. Via le scarpe da ginnastica New Balance in velocità e un rapido nodo alla cravatta ed ecco la famiglia che saluta dal balcone con vista su Fori Imperiali, non prima di aver scattato il selfie di rito.
Dante resta quanto può, poi il jet lag tira un calcio di punizione che lo costringe a ritirarsi nei suoi appartamenti. “Con Marino abbiamo parlato la stessa lingua in ogni tema affrontato – spiega lunedì il sindaco alla stampa – dall’immigrazione, alla sanità fino ai trasporti pubblici”. Renzi e Papa Francesco sono i due grandi assenti in campo, ma al loro posto c’è il Ministro degli affari esteri, Federica Mogherini (che de Blasio aveva ospitato alla City Hall di New York lo scorso maggio) e il segretario di Stato, Pietro Parolin. È proprio con la Mogherini che arriva un assist che porta l’Italia in vantaggio sul 2 a 1. Dopo essersi incontrati in territorio newyorchese, parlano della possibilità di un incontro a settembre con la comunità italo-americana della Grande Mela e de Blasio fischia sorridendo il gol italiano: “Sono orgoglioso di essere italo-americano – spiega – Questo è un momento straordinario per l’Italia che vede il vostro presidente Giorgio Napolitano godere del rispetto di tutto il mondo e c’è anche il papa che ha ascendenze italiane. Non ho mai visto un allineamento del genere.” E poi ancora: “L’impegno italiano contro la politica di austerità in Europa va di pari passo con la nostra battaglia contro la disuguaglianza delle retribuzioni. Quello italiano è un esempio di leadership progressista in Europa che apprezzo molto. Spetta alla comunità italo-americana sostenere il cambiamento in Italia".

C├®cile Kyenge e Chirlane McRay. Foto: LaPress
Prosegue il pomeriggio con un incontro allo specchio, i de Blasio incontrano i Kyenge. L'ex ministro dell'Integrazione Cécile Kyenge non si presenta sola ma con famiglia e figlie al seguito. La first lady newyorchese Charlene lega con lei come fossero vecchie compagne di classe, le figlie non si riconoscono più, simili come sono, figlie non più d’Italia o d’America ma del mondo. I giornalisti le confondono, loro sorridono. È uno degli incontri più sentiti, non si parla più solo la stessa lingua ma si diventa tutti una grande famiglia. Mentre in Italia si nomina Cécile Kyenge solo quando riceve stupide bucce di banana, Bill la ringrazia pubblicamente per l’impegno dimostrato nel fronteggiare il razzismo: “In un contesto internazionale sempre più globalizzato, una società è più forte quanto più è multiculturale. Nella città di New York cerchiamo di fronteggiare ogni forma di discriminazione, come razzismo, sessismo, omofobia. Per questo voglio ringraziare Cécile.” L’Italia arrossisce e i giocatori posano il loro peso con le mani sulle ginocchia mentre la palla entra elegantemente in rete. Stati Uniti – Italia, 2 a 2.
È martedì, i figli iniziano a rimpiangere di non aver scelto una spiaggia deserta delle Bahamas per le vacanze ma Bill no. Trotterella in campo con un sorriso che non si spegne mai, nemmeno quando chiede un po’ di privacy durante la gita napoletana che li porterà anche a Capri ed Anacapri. Non sa ancora che d’ora in poi per tutto il viaggio diventerà il bersaglio preferito dei vari sindaci dei Comuni dove transiterà, che non aspettano altro. Lo raggiungeranno, trovandolo nei suoi rifugi notturni come segugi e, magari mettendosi un po’ in punta di piedi, gli batteranno la spalla al suono di “Paisà! In fondo siamo tra colleghi, no?”. Inaugura il carosello Francesco Cerrotta, primo cittadino di Anacapri che lo raggiunge dopo la cena al Solitario dove alla titolare, Carmen Cappa, per poco non veniva un coccolone quando si è vista arrivare la chiacchierata famiglia, che aveva sì prenotato per quattro, ma sotto falso nome. Si serve la cena, a base di orata, baccalà e bruschette, e poi via di flash da far stampare e appendere al muro della gloria accanto ad altri personaggi famosi. E quando se ne vanno, Carmen lo saluta con un “è proprio un bell’uomo”. Martedì pomeriggio il sindaco toglie l’abito ufficiale e, visto che è uno di noi, accontenta Dante che non ne può più delle manfrine politiche e pranzi e cene come se non ci fosse un domani. Giustamente chiede un giro in barca. Dai Pa’, in fondo oggi è il giorno riservato a noi, no? Siamo ad Anacapri, in the middle of nowhere, chi vuoi che ci veda? Infatti il video di padre e figlio, Dante a petto nudo come un moderno Jack Sparrow in poppa al suo gommone e Bill in maglietta azzurra come un padre premuroso e divertito fa soltanto il giro del web.

De Blasio e la figlia Chiara scherzano sull’abitudine di mangiare la pizza con le posate. Foto: Ansa
La squadra americana continua a chiedere cambi per i giocatori in campo, perdono terreno, sono stanchi, stremati dalle continue dichiarazioni dell’arbitro su quanto sia forte questa Italia: “Avevo già visitato Capri con la famiglia 4 anni fa ma questa è la mia prima volta da Sindaco. Questa città è bellissima, per me è uno dei posti più belli al mondo". Quindi cercano di cambiare tattica e passano all’attacco. È mercoledì quando scoppia il Pizzagate. La famiglia si ferma per una pizza sul lungomare di Napoli prima di proseguire alla volta della città dei nonni, Sant’Agata de Goti nel Beneventano e Bill che fa? Ancora una volta, come più volte fece in patria, mangia la pizza con le posate anziché con le mani, quindi all’italiana invece che all’americana. I giornalisti-guardalinee impazziscono ed è un’orchestra di bandierine gialle che sventolano e fischietti che suonano ma serve a poco. La palla corre verso la porta. La figlia Chiara alza le posate in segno di sfida in direzione dei paparazzi che non riescono a non notare che oltre a Bill tutt’intorno, nella pizzeria Sorbillo di Napoli, non ce n’è uno che mangi la pizza con le mani. A poco servono le foto dove il sindaco prende un’altra pizza (sì un’altra!) e la mangia piegata in quattro, “a libretto”: il danno è fatto. Mr. Bill “uno di noi” mangia la pizza dop come gli italiani doc. Italia 3 – Stati Uniti 2.

De Blasio riceve la cittadinanza onoraria a Sant’Agata dei Goti. Foto: Ansa
Del sangue italiano che gli scorre nelle vene se ne sono accorti anche gli abitanti di Sant’Agata de Goti che l’hanno aspettato in piazza per qualche ora. “È sempre in ritardo” cerca di scusarsi lo staff americano ma nessuno se ne cura. La città è un tripudio di “Welcome home Bill”, bandiere italiane che sventolano al fianco di stelle e strisce, cartelloni a grandezza d’uomo con gigantografie della famiglia sorridente. Impossibile segnare un goal in un clima così. Il terreno di gioco è ben lontano, si pensa solo a fare gli onori di casa o a ricordare il nonno Giovanni che partì proprio da qui per approdare oltreoceano. Prima del bagno di folla però de Blasio si fa portare fino al cimitero, lascia tutti fuori ed entra con moglie e figli a pregare sulla tomba del nonno. Quando esce un’anziana signora si fa il segno della croce e la nipote la deride con un “ma nonna! Non è mica Gesù Cristo”. Ma questo è l’effetto che fa: la folla lo acclama con “Bill, Bill”, i giornalisti americani estasiati da tale accoglienza nascondono le bandierine guardalinee dietro la schiena. La banda accompagna il suo arrivo ed è quasi difficile non commuoversi sulle note di Imagine. Lui risponde con il pollice sollevato verso l’alto e sui gradini del municipio con le dita a V in segno di vittoria. “Pensavo si trattasse di una cerimonia molto molto più piccola” esclama dal palco prima di ricevere la cittadinanza onoraria, stupito, emozionato.
Il trattamento da rockstar viene replicato giovedì a Grassano in provincia di Matera con un altro tripudio di folla accompagnato questa volta anche da una diretta di una TV locale, Trm Radio televisione del Mezzogiorno, che non poteva che intitolarsi “Bill, uno di noi”. “Questa regione ha bisogno di rialzarsi in piedi – lancia l’appello Francesco Sanseverino, sindaco di Grassano, rivolgendosi al primo cittadino di New York – Possiamo farcela ma con il tuo aiuto. È cospicuo il flusso di persone che negli anni sono emigrate da qui. Ma non ci vogliamo arrendere.” “È importante per una città come Grassano che vengano ricordate le ricchezze naturali che una realtà rurale del genere ha – risponde Bill – Talvolta chi viene da fuori riesce a vedere con più chiarezza la forza e la bellezza di questi luoghi.” E mentre uno striscione sventola “Non smettere mai di sognare”, il de Blasio papà accompagna i suoi due figli sugli scalini della casa dove nel 1881 nacque nonna Anna Briganti e sussurra qualcosa che rimarrà impresso nella storia della loro famiglia.

De Blasio e la moglie Chirlane sulla spiaggia di Pescara. Foto: Il Messaggero
La cerimonia finisce e, come una qualsiasi famiglia che dal Sud vuole raggiungere il Nord, i de Blasio si rimettono in viaggio. Destinazione Venezia, per gli ultimi due giorni che anticipano la partenza di domenica. Niente aereo, salgono tutti a bordo del van Mercedes che li ha accompagnati durante tutta la settimana. Nessuna indiscrezione su dove passeranno la notte: continuando a viaggiare? A Matera? Alla fine scelgono Pescara, un hotel prenotato su booking.com qualche ora prima. La via antistante al riparo notturno viene chiusa dalla Municipale per motivi di sicurezza e il segreto fa fatica ad esser mantenuto. Al suo risveglio Bill trova giornalisti e, ovviamente, il sindaco pescarese nella hall. Nessun imbarazzo, de Blasio risponde a tutti e fa due passi sul lungomare. Si toglie le scarpe, mette i piedi in acqua, chiacchiera con un’ambulante senegalese. Poi però è tempo di rimettersi in strada: mancano 6 ore a Venezia.
La squadra italiana intanto volteggia in campo con inaudita leggiadria. Questo si chiama vincere facile. L’accoglienza pescarese, anche se arrabattata in poche ore, non lascia partire il Mayor se non con prelibatezze pescaresi take away, sia mai che pizza su pizza i de Blasio non perdano il vizietto del buon cibo. Italia 4 – Stati Uniti 2.
È sabato, domani la famiglia prenderà un volo dall’aeroporto di Venezia Marco Polo per fare rientro al JFK. Nelle calli veneziane come in tutto il Veneto piove a dirotto. La tappa lagunare è stata organizzata dalla moglie Chirlane tramite un amico di famiglia. Dormono al bed & breakfast Buen retiro, fanno i tradizionali giri in gondola, salgono e scendono ponti fino a che si trovano i fotografi davanti. Si mettono in posa, sorridono tutti e quando visibilmente desideroso di stare un po’ tranquillo per l’ultimo giorno italiano, Bill saluta e fa per andarsene, una ragazza chiede di poter fare una foto con lui. Non ci pensa un attimo, “si, si” dice con una solarità del tutto italiana che però i politici italiani hanno dimenticato, troppo impegnati nel recitare il ruolo del politico in pubblico. Sorride all’obiettivo e alla ragazza. È l’America della timida rimonta, del 4 a 3 che insegna che l’austerità non fa rima con l’autorevolezza.
L’arbitro fischia tre volte, la partita è finita. Oggi si riparte. Ha vinto l’Italia con la sua accoglienza, con gli scoop inutili lasciati fuori dall’area di gioco. Ha vinto Bill l’italiano con il suo tendere la mano agli italoamericani come vera chiave di cambiamento futuro e ponte tra le due squadre.
Per chi invece l’ha rincorso in giro per Venezia venerdì sera al suo arrivo per incontrarlo di persona ha vinto l’America. Ma questa, è un’altra storia.