Ho esitato molto prima di decidere se inviare a La VOCE questo articolo, ma siamo alla vigilia di giorni decisivi per le riforme che potrebbero segnare il futuro del nostro Paese e vedo che nel PD Giuseppe (detto Pippo) Civati non riesce ancora a contenere tutta la sua smania e rabbia di chi reputa forse di non contare o di non essere considerato come dovrebbe (secondo lui ovviamente).
Leggo con qualche brivido alla schiena quanto ha appena dichiarato, schierandosi dalla parte di coloro che vogliono salvare a tutti i costi il Senato italiano e mettere così i bastoni tra le ruote alla proposta di Matteo Renzi e al futuro (politico) della linea da questi tracciata: “La gestione del partito [il PD] è ai limiti dell’autoritarismo. Renzi deve smettere di rappresentare la vicenda come un derby tra chi le vuole e non le vuole. Le riforme le vogliamo tutti, ma bisogna capire quali. C’è l’indicazione del partito ma c’è anche la sovranità del Parlamento” (cito dal Corriere della sera del 29 giugno).
Ma non si vergogna on.Civati? Non Le sono bastate le figure pietose e puerili che già ha fatto nelle ultime settimane?
Mi riferisco a come Lei è intervenuto con la sua retorica garantista e scopertamente furbetta, anzi con tono ricattatorio, a proposito della sostituzione di Corradino Mineo nella commissione Affari costituzionali del Senato (di nomina del gruppo parlamentare e quindi espressione del partito). Lei allora aveva paragonato la rimozione di Mineo a un ”editto bulgaro”. Ecco quanto Lei aveva allora dichiarato e riprendo letteralmente il brano da Il Fatto quotidiano online del 12 giugno: «“È una decisione di Renzi che Zanda ha immediatamente eseguito, perché oggi lo stesso premier l’ha rivendicata dalla Cina. A volte queste cose venivano dalla Bulgaria, ma evidentemente siamo ancora più esotici”. ”Chi non si adegua – prosegue il deputato – viene cacciato” e “questa è la linea dei gruppi parlamentari di maggioranza al Senato“. Poi avverte Renzi: “Se pensa di portare a Berlusconi lo scalpo di Mineo e di Chiti, fa un errore di valutazione: il testo Boschi passerebbe in commissione, ma non in aula, dove le perplessità riemergerebbero, a maggior ragione dopo l’umiliazione costituzionale di ieri”.
Alla luce dell’inconsistenza di tali affermazioni, mostrata in maniera inoppugnabile da quanto è poi accaduto, se la sentirebbe di ripeterle?
Pare proprio che Lei non si renda conto della portate eversiva e ricattatoria delle Sue espressioni; mi correggo, portata irresponsabile, politicamente, s’intende: Machiavelli l’avrebbe sicuramente cacciata all’inferno dei politici senza la benché minima esitazione.
No, è chiaro che Lei proprio non se ne è reso e non se ne rende conto, se solo pochi giorni più tardi ha rincrudito la dose (forse per non perdere la faccia) con il suo comunicato nel quale annunciava urbi et orbi che non sarebbe intervenuto all’assemblea del PD del 14 giugno: “C’è un clima da torcida brasiliana in platea che non permette una discussione. Ma i problemi dei rapporti interni al partito e delle riforme restano. Ci sarebbe un dibattito da fare, ma non vedo il clima giusto”(riprendo da Europa online del 21 giugno).
Ma come? Lancia accuse di autoritarismo proprio Lei?
Ha forse dimenticato di come e in quali termini si era adombrato (vede che termine “morbido” adopero?) perché Maria Carmela Lanzetta, (già) autorevole elemento della “sua” corrente, ma soprattutto emblema della battaglia alla ‘ndrangheta, aveva osato accettare di diventare ministro per gli Affari Regionali senza avvisare Lei e soprattutto senza chiedere e ottenere la Sua autorizzazione?
Bel modello di comportamento democratico da additare ai quei “giovani” di cui si riempie la bocca, ma che non sembrano tenerla troppo in considerazione. Forse perché percepiscono bene, certamente meglio di Lei, che anche le idee più condivisibili diventano difficili da accettare se espresse in maniera scopertamente autoreferenziale e con modalità che rasentano l’egotismo.
Ha inoltre dimenticato che, a proposito del recente disastro elettorale del Partito Democratico a Livorno, peraltro ampiamente annunciato, ha rilasciato a caldo (forse troppo a caldo) un’intervista al quotidiano genovese “Il Secolo XIX” del 10 giugno?
Un giornale particolarmente interessato ai fatti livornesi per via della presenza non marginale nella città toscana dell’emigrante genovese di lusso Aldo Spinelli, che, dopo il Genoa si è regalato la squadra di calcio del Livorno, e che, in rapida connessione (forse non proprio casuale), dopo aver consolidato un posto di rilievo nel porto del capoluogo ligure, ne ha raggiunto uno forse ancor più “incisivo” in quello della città toscana. Non a caso, tutta la pagina accanto a quella della Sua intervista era occupata da un lucido articolo dall’eloquente titolo “Livorno, il suicidio dei perpetui. Al governo da 68 anni, divisi, incapaci di cambiare: ecco la sconfitta Dem”, subito seguito da una puntuale intervista a Spinelli “patron degli amaranto” livornesi (quest’anno purtroppo retrocessi in serie B).
Ebbene, nell’intervista in questione Lei, in sintonia col disco rotto che si ostina a far suonare, rispondendo alla domanda circa l’interpretazione di alcuni renziani per cui il PD ha perso sistematicamente dove c’era in campo la ‘vecchia guardia’, sentenzia senza mezzi termini: “A me sembra pericoloso questo modo di ragionare”.
E rincara la dose con una velenosa affermazione: “Renzi è sicuramente nuovo, ma tra i suoi sostenitori, ce ne sono alcuni vecchissimi… […] Insisto, tra i renziani ci sono tanti che hanno legislature alle spalle, in Sicilia nel ‘renzismo’ ci sono cose molto vecchie”.
Ci spieghi meglio on. Civati. A che intende riferirsi con queste “cose”? Persone? Comportamenti mafiosi? O cos’altro. Abbia il coraggio di dire le “cose” sino in fondo, visto che ha iniziato con insinuazioni di una certa gravità.
In ogni caso farebbe bene a leggersi qualche buon classico greco e romano, o anche solo Erasmo da Rotterdam per restare a secoli non “troppo vecchi”: non dovrebbe avere problemi a farlo, visto che vanta sul Suo profilo della Camera dei deputati un dottorato in filosofia e scienze umane.
Forse le farebbero capire che si può essere vecchissimi (come idee e comportamenti) anche con un’età anagrafica giovanissima come la sua; o si può essere giovani e con mente fresca, propositiva, capace di capire il nostro tempo, con la voglia di contribuire a modificarlo, anche se si è arrivati a quell’età che Lei definiva “da rottamare”.
Ha dimenticato che anche Lei usava questa categoria comunicativa? Una categoria decisamente aggressiva e remunerativa in termini politici, di sicuro in molti casi anche decisamente utile e più che pertinente, ma, per carità, spesso vuota di contenuti e di progetti concreti, se non quello: fatevi da parte che arrivo io.
Enzo Baldini, Professore ordinario presso la ex Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Torino (ora Dipartimento di Culture, Politica e Società), insegna "Storia del pensiero politico" e "Laboratorio Internet per la ricerca storica". Ha lavorato su internet fin dagli albori della rete, è stato tra i creatori della Biblioteca italiana telematica e poi del consorzio interuniversitario ICoN-Italian culture on the Net del quale continua ad occuparsi