Il mio amico e collega Dino Cofrancesco ha pubblicato sul quotidiano Il Secolo XIX un lucido articolo di denuncia sui palazzi galleggianti che, con il loro assurdo transito davanti a Palazzo Ducale, attentano alla sicurezza e alla bellezza di Venezia unica al mondo (“Il liberalismo è contro lo Stato? Riflessioni sulle navi da crociera nel Canale della Giudecca”). Ne aveva trattato, come suo solito, puntuali considerazioni di teoria politica a proposito di liberalismo e di democrazia liberale, ma soprattutto vi aveva stigmatizzato una serie di rivendicazioni di taglio liberistico, a tal punto ardite e prive di ogni fondamento teorico, da far pensare a una difesa d’ufficio degli interessi di gruppi (nel migliore dei casi, di commercianti e operatori turistici), contro quelli più generali e ben altrimenti autorevoli dei cittadini, della cultura, della storia, dell’intelligenza e delle future generazioni.
Dopo essersi trovato di fronte questi mostri nella laguna veneziana, Cofrancesco si è scontrato infatti con «l’articolo di un Dottor Stranamore del liberismo (da non confondere con il liberalismo economico, architrave della società aperta) che accusava Roma e il premier Letta di voler allontanare traghetti e navi da Venezia, di non nutrire alcuna “fiducia nel lavoro e nell’impresa” e anzi di “intralciare in tutti i modi ogni forma di attività imprenditoriale”». E non basta, visto che «il decreto governativo inteso a ridurre fino al 20% il numero delle navi da crociera di stazza superiore alle 40.000 tonnellate abilitate a transitare per il Canale della Giudecca era, per l’articolista, il segno inequivocabile di “una cultura che tende a bloccare, regolare e intralciare tutto”».
Evito per decenza ogni commento.
L’articolo di Cofrancesco ̶ che si può ancora leggere con profitto sul blog “Fattore Erre” con la data del 9 aprile scorso o nella rubrica “Abecedario di politica per inesperti” ̶ mi è tornato alla memoria in maniera prepotente in questi giorni di abbuffata di notizie sull’incredibile e sconcertante scandalo tangentario veneziano di Mose.
E la mia mente, troppo adusa a frequentare Machiavelli e machiavellismi, ha subito effettuato un accostamento che di certo è del tutto privo di fondamento; ma, tant’è, lo esterno anche perché i limiti tra ipotesi folli e realtà drammaticamente concrete stanno diventando sempre meno marcati e sempre più fumosi.
Ecco allora la domanda che mi frulla in testa: e se i meccanismi che hanno generato lo scandalo Mose fossero in qualche modo apparentati con quelli che hanno portato le navi da crociera alla Giudecca?
Ma no. Non può essere! O forse è meglio non pensarci.
Enzo Baldini, Professore ordinario presso la ex Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Torino (ora Dipartimento di Culture, Politica e Società), insegna "Storia del pensiero politico" e "Laboratorio Internet per la ricerca storica". Ha lavorato su internet fin dagli albori della rete, è stato tra i creatori della Biblioteca italiana telematica e poi del consorzio interuniversitario ICoN-Italian culture on the Net del quale continua ad occuparsi
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