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May 13, 2014
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Il business dei migranti

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Foto: Sara Prestianni per Storie migranti

Foto: Sara Prestianni per Storie migranti

Time: 5 mins read

 

“Perché – si chiede su Facebook l’ex Sindaco di Lampedusa, Totò Martello – quando una barca con gli immigrati va a picco e muoiono uomini, donne e bambini si parla sempre di Lampedusa?”. La domanda è assolutamente corretta. Le carrette del mare partono dal Nord Africa – soprattutto dalla Libia – ma se finiscono in fondo al mare, chissà perché, il mare è sempre quello di Lampedusa. Matematico.

Anche i morti e i dispersi di questi giorni – oltre 200 – sono stati inghiottiti “al largo di Lampedusa”. E a due passi da quest’isola, nei mesi scorsi, i morti sono stati più di 400. Cos’è che rende quest’isola del Mediterraneo il centro di queste tragedie?

Forse la posizione geografica: Lampedusa è più vicina all’Africa che all’Europa. E, tra le altre cose, è un’isola di origine calcarea: prima della deglaciazione era attaccata al Continente africano. Con lo scioglimento dei ghiacci è diventata un’isola oggi europea.

Ma non è certo geologica la spiegazione di Lampedusa come riferimento di un grande dramma che va in scena da anni. La verità, forse, è meno scientifica e molto più terra terra. Tutto è legato agli affari che stanno dietro a questo commercio umano. Affari che non riguardano solo gli scafisti, che sono solo la parte – di certo importante – di un sistema che parte dall’Africa e ha come baricentro l’Italia.

Abbiamo già parlato, in altre occasioni, di tanti soggetti che, nel Belpaese, gestiscono quello che, al di là delle retorica, è un grande business. Che riguarda tre grandi aree: la gestione dei centri di accoglienza dei migranti; la gestione dei centri per i cosiddetti richiedenti asilo politico; e la gestione dei ricoveri per i “minori stranieri non accompagnati”.

Attorno alla gestione di questi centri ruota un fiume di soldi pubblici che, in massima parte, è pagato dagli ignari contribuenti italiani e, in parte, dall’Unione europea. Un dato salta subito agli occhi: se andiamo a vedere chi gestisce questi centri in Italia, ci si accorge che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono soggetti privati. Lo Stato paga. E i privati assistono. E guadagnano. Una pacchia.

Quello che scriviamo può sembrare troppo crudo. Ma noi dobbiamo descrivere quello che è. E non possiamo non notare la grande ipocrisia che c’è dietro questo epocale passaggio di centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini da un Continente all’altro.

Sui giornali e in TV leggiamo e vediamo lo sconcerto che accompagna i cosiddetti ‘scafisti’, ovvero i titolari delle ‘carrette del mare’. Ogni tanto ci dicono che gli scafisti sono stati assicurati alla Giustizia. Nessuno, però, si pone una domanda: che ne sarebbe di tutti i centri di accoglienza, di tutti i centri per i richiedenti asilo politico, di tutti i ricoveri per “minori stranieri non accompagnati” se gli scafisti, da un giorno all’altro, decidessero di non trasportare più uomini, donne e bambini dal Nord Africa?

È una domanda assurda. E sarebbe una “diseconomia di scala”. Perché gli scafisti, alla fine, assicurano un servizio chiesto, ogni giorno, da migliaia di persone che provano a sfuggire alla fame e, talvolta, alle persecuzioni politiche e alla morte. Gli scafisti svolgono un servizio che non fa comodo solo a loro, ma anche – è inutile che ci prendiamo in giro – a chi, in Italia, gestisce i migranti nei centri. Lo dobbiamo dire o no che un migrante costa da 60 a 80 euro al giorno? E che la maggior parte di questi soldi finisce ai privati? Secondo voi questi soldi vengono spesi tutti per i migranti? I privati li gestiscono solo in nome della carità? Non ci guadagnano? Non diciamo minchiate!

Analizziamo l’operazione Mare Nostrum voluta soprattutto dall’attuale ministro degli Interni, il siciliano Angelino Alfano. Da una parte ci sono la solidarietà, le vite salvate dagli interventi continui dei militari italiani. Tutto bellissimo. Chi è che può parlare contro l’umana solidarietà… Anche Papa Francesco, ogni giorno, ci ricorda che dobbiamo salvare le vite di questi migranti.

Dall’altra parte ci sono i centri che accolgono a braccia aperte questi migranti. Non tutti, perché molti scappano verso il Nord Europa. Perché ne arrivano di più di quanto i centri italiani ne possono ospitare. L’offerta che eccede la domanda. E questo rende il settore assistenza ai migranti in espansione. Possiamo dire che è un settore economico che “tira”. Uno dei pochi, in Italia, che non conosce crisi. Tanto a pagare sono gli italiani con le tasse. Che problema c’è? Se uno si dice contrario viene preso per razzista. E il gioco è fatto. Vai a smontare questo sistema.

Per ora, fateci caso, la battaglia è per coinvolgere l’Unione europea. Come? A parole chiedendo una politica per questo grande problema “epocale”. I famosi investimenti che l’Europa dovrebbe “pilotare” nei Paesi da dove arrivano gli immigrati. Per convincerli a non emigrare. Chiacchiere alla stato pure. Le banche europee non finanziano le imprese europee, figuriamoci se vanno a finanziare gli investimenti in Africa. Marameo!

In realtà, siccome l’Italia è mezzo fallita – e le tasse gli italiani le devono pagare in parte per mantenere un sistema sempre più sgangherato, in parte per pagare il Fiscal Compact, un trattato internazionale voluto dall’Unione europea che vincola l’Italia a pagare 50 miliardi di euro all’anno circa per vent’anni – i soldi da qualche parte debbono arrivare. Da dove?

Soldi gli italiani ne hanno sempre meno. E, in prospettiva, ne avranno ancora meno, al di là delle chiacchiere su una ripresa economica che non c’è. Però chi guadagna con i centri per migranti non vuole perdere il business. Anche perché, grazie alla grande operazione “umanitaria” Mare Nostrum, è in Italia che questi migranti vengono portati. Almeno questi 60-80 euro al giorno glieli facciamo pagare all’Unione europea. Sempre nel nome della solidarietà…

Certo, ogni tanto il sistema ha qualche falla. Qualche settimana fa una nota del ministero della Salute ha lanciato l’allarme virus Ebola. Grande preoccupazione tra gli italiani. Ancora più preoccupati i gestori dei centri, terrorizzati non dal virus, quanto dalla prospettiva di un’interruzione del grande business.

Poi tutto è finito all’italiana. Il virus Ebola è stato abolito con un ‘decreto legge’, tipo quelli del Governo Renzi. Ebola non c’è più. Punto. E i migranti possono entrare in Italia senza controlli e senza quarantena. Ci manca pure che interrompiamo il flusso verso i centri di accoglienza e verso il Nord Europa. Non scherziamo!

Ogni tanto – come di nuovo in questi giorni – una ‘carretta del mare’ si capovolge e centinaia di migranti ci lasciano la pelle. E tutti a dire: “Poveretti”, “Solidarietà”, “L’Unione europea deve intervenire” e bla bla bla.

Qualche giorno dopo che il mare si è inghiottito i morti, tutto torna come prima: sbarchi, centri di accoglienza, centri per richiedenti asilo, ricoveri per minori stranieri non accompagnati. E la nave va…

         

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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