Si calcola che a Roma ci siano attualmente circa tredicimila senzatetto, tanti quanti gli abitanti di Brunico o di Montepulciano. L’apertura delle frontiere dell’Europa unita ha senz’altro favorito questa situazione. Il numero dei rom, per esempio, è aumentato vertiginosamente rispetto al passato. Mai si sono visti tanti nomadi in città, a chiedere l’elemosina per le strade, a cercare nei cassonetti dell’immondizia e, purtroppo, anche a compiere gesti criminali come scippi, furti nelle case e via dicendo.
Poi ci sono i non rom, ovvero i cittadini di altre nazioni europee che vengono qui in cerca di fortuna. Molti di loro provengono dall’est, soprattutto dalla Romania, dalla Moldavia, dalla Georgia, dalla Bulgaria. Sono venuti qui per cercare di migliorare le loro condizioni di vita, in cerca di un lavoro che nel loro paese è impossibile trovare. Ma quella che hanno trovato dalle nostre parti è forse una situazione peggiore, fatta di stenti, privazioni, mancanza di tutto il minimo necessario e, soprattutto, mancanza di un tetto. Si sistemano in accampamenti di fortuna, nascosti in qualche modo tra la vegetazione di parchi, montagnole, grotte. Le loro case sono fatte di lamiera, scatole di cartone, teli di plastica. Per vivere quelli che non riescono a trovare uno straccio di lavoro chiedono l’elemosina o rovistano anch’essi nei cassonetti dell’immondizia. Lungo il Tevere, da Ponte Milvio a Castel S. Angelo, fino all’Isola Tiberina e ancora nei parchi urbani, c’è oggi una nuova enorme forma di edilizia selvaggia fatta di lamiere, cartoni e teli di plastica, nascosti tra rovi e cespugli.
Storia a parte per gli africani, quelli ad esempio sbarcati dai barconi a Lampedusa e che sono poi riusciti a scappare dai centri di accoglienza. Molti di loro arrivano a Roma e si sparpagliano per la città. I più fortunati trovano ricoveri di fortuna insieme ai loro connazionali e, insieme ad uno squallido alloggio in genere in case occupate o fabbriche abbandonate, trovano anche materiali da vendere gentilmente offerti dalla ditta Camorra & ‘Ndrangheta. Li vendono sui marciapiedi della città, in bazar improvvisati ed abusivi e, nella buona stagione, lungo le spiagge di Ostia e dintorni.
Ci sono poi gli alcoolisti, i tossici, quelli che hanno scelto da tempo di vivere ai margini, seguendo il triste destino che, in fondo, si sono scelti da soli. Chiedono l’elemosina e, con i pochi spiccioli rimediati, si vanno a comprare una bottiglia di vino oppure una dose di roba. Li troveremo prima o poi senza vita, dietro ad un cespuglio, stesi sul marciapiede., appoggiati a qualche ringhiera. In questi ultimi tre anni la vera novità è l’ aumento degli italiani che a Roma vivono in strada. Lo dice Paolo Pezzana, presidente della Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora. Secondo lui, di pari passo con la crisi, stiamo osservando un inizio di organizzazione sociale della città eterna dei disperati. Una delle più importanti organizzazioni per aiutare tutte queste persone è la Caritas della diocesi di Roma che da anni ha allestito tutta una serie di centri, anche e soprattutto grazie al contributo gratuito delle migliaia di volontari che si sono resi disponibili.
Lo scorso anno sono stati offerti ai poveri ben 350.000 pasti nelle quattro mense presenti in città. In fila, oltre agli stranieri, ci sono tanti italiani, per la maggior parte padri separati. La separazione aggrava fino a quattro volte l'emergenza abitativa, costringendo gli ex coniugi a tornare a casa dai genitori o essere ospitati da amici. Nell’ostello Don Luigi Di Liegro di via Casilina vengono ospitati ogni notte centinaia di senzatetto. Per non parlare dell’assistenza sanitaria. Nel 2013 sono state visitate negli ambulatori gratuiti della Caritas di via Marsala ben quindicimila persone, tra cui tanti poveri romani che si sono rivolti a questi centri soprattutto per le cure dentistiche. L’assistenza agli anziani poi è uno dei punti centrali del programma diocesano, con dodicimila interventi annuali. Ci sono poi tutta una serie di altri centri, tra cui la casa famiglia di villa Glori per l’assistenza ai malati di Aids, la casa di Cristian e quella dell’Immacolata per l’accoglienza alle mamme con bambini senza fissa dimora, i centri di pronto intervento minori per ragazzi in situazioni di disagio psico-sociale, vittime o autori di violenza. Ogni anno vengono accolti circa trecento giovani segnalati dalle forze dell’ordine, quasi tutti stranieri.
In via delle Zoccolette, invece, c’è il centro d’ascolto per rispondere ai problemi degli immigrati, dei profughi e rifugiati politici che arrivano a Roma sia dai paesi in via di sviluppo che dall’Europa orientale. Attualmente il centro accoglie più di cento diverse nazioni e il flusso dei nuovi registrati oscilla intorno alle diecimila unità annue. Alla guida della Caritas dal 2009 c’è Monsignor Enrico Feroci il quale si lamenta del poco aiuto offerto dalle istituzioni municipali.
“A Roma esistono tanti edifici pubblici abbandonati – ha detto il sacerdote in una recente intervista – Io stesso ho chiesto di affidarceli in modo da poter realizzare nuovi ostelli, mense, case di accoglienza. Ma finora non è accaduto nulla”.
I responsabili del Comune rispondono che invece alcune possibilità operative sono già in atto come, ad esempio, il circuito di accoglienza per adulti senza fissa dimora costituito da sette centri con servizio di pernottamento, lavanderia, fornitura abiti e mensa. Le persone ospitate sono prese in carico da personale qualificato che predispone progetti di assistenza socio-sanitaria e percorsi di inclusione sociale e lavorativa. Gli inserimenti avvengono tramite la Sala Operativa Sociale. Le segnalazioni possono essere inoltrate dai cittadini che potrebbero rilevare situazioni di disagio e necessità. Polemiche a parte, la situazione in città sta peggiorando e, in alcuni momenti della giornata, sembra di essere ritornati indietro nel tempo e nella storia, quando, nel Medioevo, le città erano letteralmente invase da poveri, emarginati, vagabondi, senzatetto e disperati di tutti i tipi e provenienze.
Domenica 27 aprile saranno fatti santi due Papi. Speriamo che, da lassù, entrambi si ricordino della città che li ha ospitati per anni con così tanto amore e si prodighino con le loro preghiere per migliorare una situazione davvero difficile e drammatica.