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February 4, 2014
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Dei delitti e delle pene. In volo per Seattle, parlando di Amanda Knox e altre anomalie

Marcello CristobyMarcello Cristo
Sull’ergastolo ai due americani i mass media sono cauti e la stampa locale attacca i giudici

Amanda Knox

Time: 3 mins read

Per un italiano "intrappolato" su un aereo in volo per Seattle e, come nel mio caso durante questo fine-settimana, interessato a fare due chiacchiere con i compagni di viaggio, l'argomento che prima o poi si finisce col discutere è quello della nuova sentenza di condanna emessa giovedì scorso da un tribunale italiano per Amanda Knox, la studentessa americana originaria proprio di Seattle e accusata di aver partecipato all'assassinio della compagna di stanza Meredith Kercher a Perugia.

Dico che la ragazza è accusata di "aver partecipato" all'omicidio perché in realtà, l'esecutore materiale del delitto, Rudy Guede, è stato già arrestato, incriminato e condannato sulla base di prove schiaccianti.

“The whole story is crazy!…”. “L'intera storia é folle!…” é il commento più comune che la maggior parte degli interpellati si é sentito di fare sulla vicenda dimostrando in maniera più o meno esplicita che, a questo punto, per gli americani l'elemento centrale di questa vicenda non é più la presunta innocenza o colpevolezza della Knox, quanto piuttosto il continuo rovesciamento di un verdetto che ha dichiarato Amanda e Raffaele prima colpevoli, poi innocenti e poi di nuovo colpevoli.

Né il ciclo può dirsi concluso perché (altro fatto inconcepibile per la giurisprudenza statunitense) gli imputati possono tecnicamente ricorrere in appello ancora una volta per tentare di ribaltare persino questa nuova sentenza. In altre parole, ciò che lascia gli americani di stucco è la totale incapacità del sistema giudiziario italiano di giungere ad una risoluzione finale per un processo così importante e per un reato di questa gravità.

Questa inconcludenza del procedimento penale equivale, agli occhi degli osservatori americani, ad un vero e proprio vuoto legale perché tutto questo ondeggiare tra condanne e assoluzioni si trascina per anni creando una sorta di limbo giuridico inimmaginabile per uno stato di diritto e nel quale, anche in caso di innocenza, gli accusati non possono mai considerarsi completamente scagionati.

Mentre in Italia questo alternarsi infinito di sentenze e ricorsi potrebbe essere visto come un'espressione di garantismo, in America è considerato come un abuso che lede un fondamentale diritto umano; la privazione della libertà personale, perpetrata pur senza una prova incontrovertibile di colpevolezza.

In America si è innocenti di un reato fino a quando si riesce a dimostrare il contrario sulla base di prove inconfutabili. In Italia invece si finisce in galera per anni anche prima che il processo abbia stabilito come siano andate effettivamente le cose.

Nel descrivere questo nuovo sviluppo della vicenda Knox, la stampa americana ha definito il sistema giudiziario italiano "una carnevalata" e, con una buona dose di ragione, il Belpaese si è guadagnato negli Usa un'immagine da repubblica delle banane.

E tuttavia, paese che vai, carnevalata che trovi.

Secondo un articolo pubblicato dalla rivista The Atlantic infatti, il giorno precedente alla sentenza Knox, lo stato del Missouri ha eseguito la condanna a morte di Herbert Smulls, un detenuto di colore accusato di omicidio.

Come é noto, molti stati americani riconoscono e applicano la pena di morte ma, a rendere particolarmente interessante la storia di Herbert Smulls é il fatto che al condannato sia stata somministrata l'iniezione letale prima che il suo caso passasse attraverso tutti e tre i gradi di giudizio. Al contrario di quanto accade in Italia, dove ogni sentenza può giungere fino alla Corte di Cassazione contribuendo alla lentezza cronica del sistema, in America il ricorso alla Corte Suprema é, in molti casi, una formalità perché i nove giudici che la compongono decidono di prendere in esame solo quei pochi casi che abbiano una rilevanza costituzionale.

Ma il fatto che il ricorso di Smulls sia da considerare o meno una "formalità" non giustifica quanto é accaduto. Secondo le ricostruzioni fatte dai giornali locali, infatti, Smulls é stato prelevato dalla sua cella mentre era al telefono con i suoi avvocati in attesa di un pronunciamento definitivo che avrebbe dovuto garantirgli almeno un rinvio dell'esecuzione. In altre parole, l'esecuzione stessa, che é avvenuta prima della risposta della Corte Suprema alla richiesta di riesame, non é stata un errore burocratico ma un atto intenzionale.

Nei giorni precedenti all'esecuzione infatti, gli avvocati difensori hanno inviato messaggi di posta elettronica alle autorità statali evidenziando l'opportunità di attendere almeno una decisione finale prima di procedere ma non sono stati degnati neanche di una risposta.

Non solo. A quanto pare, quello di Herbert Smulls é il terzo caso in cui le autorità carcerarie del Missouri hanno eseguito una condanna a morte senza attendere la decisione finale della Corte Suprema dimostrando che, a prescindere dal paese o dal sistema legale, quando si tratta dei tempi e dei modi della giustizia, chi é senza peccato, scagli la prima pietra.

 

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Marcello Cristo

Marcello Cristo

Sono nato e cresciuto a Napoli dove, nella tradizione magno-greca della mia città, mi sono laureato in Filosofia. Vivo negli Stati Uniti con la mia famiglia da oltre vent'anni facendo la spola tra New York e la California. Dall’America, ho iniziato a collaborare con pubblicazioni italiane come Il Giornale di Indro Montanelli e La Gazzetta dello Sport di Candido Cannavò e poi con il quotidiano in lingua italiana degli Stati Uniti America Oggi per il quale ho lavorato come editor, opinionista e corrispondente dalla California. Nei ritagli di tempo, sto tentando disperatamente di insegnare ai miei figli il napoletano.

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