Anzio, già, 22 gennaio 1944, sei mesi prima del fatidico Sbarco in Normandia, quattro mesi dopo la costituzione della Repubblica Sociale Italiana. Settant’anni fa sul litorale laziale arrivarono, sì, americani, e quindi inglesi, scozzesi, gallesi, nordirlandesi, neozelandesi, se non andiamo errati, canadesi e soldati di altri Paesi fedeli al Re d’Inghilterra.
Abbiamo letto con interesse il racconto su Mr Douglas, il reduce americano, 90 e passa anni, tornato in struggente pellegrinaggio a Anzio e Nettuno; su Nicola, receptionist d’albergo, su Susanna, fidanzata di Nicola; racconto di Marco Di Tillo apparso sulla colonna "Un Americano a Roma" domenica scorsa, 5 gennaio. Un “pezzo” di classe, righe che ti toccano subito il cuore nell’autenticità della vicenda; un esempio, insomma, di bella scrittura, agile, mai ampollosa, senza cedimenti a un melenso sentimentalismo. Scrittura eseguita (lo s’avverte subito) da chi pensa molto più al lettore che alla propria figura di prosatore.
Ma tornando col pensiero all’apertura del Fronte di Anzio e Nettuno il 22 gennaio 1944, a noi piace ricordare “anche” gli altri… Gli altri soldati: italiani, tedeschi, austriaci. Numerosi, fra gli italiani, i romani, i toscani, i lombardi; tutti giovani, giovanissimi, classe ’24, classe ’25, ’26, volontari. Volontari per ragioni ideologiche?? Nossignori. Erano spiriti freschi, innocenti; menti offese, sconvolte dallo sfacelo dell’Otto Settembre; cuori in adorazione della Patria, stretti intorno al Capo caduto nella polvere, al Capo il cui destino, già nel ’44, appariva irrimediabilmente segnato. Erano spiriti anticonformisti, ribelli; ragazzi che hanno sempre da ridire… Quelli che vanno controcorrente…
Fra i tanti che s’arruolano nella RSI ce ne sono parecchi che in passato hanno disertato, e con ostentazione, il pre-militare, pronti a sbeffeggiare buffissimi gerarchi con pennacchi sul capo. Controcorrente allora, controcorrente adesso; nei primi mesi del ’44 controcorrente sul terribile Fronte di Anzio e Nettuno, dove di giorno in giorno la pressione degli Alleati aumenta, la fornace inghiotte sempre più uomini. Inghiotte soldati arrivati dalle Grandi Praterie, dalla Nuova Inghilterra, da Brooklyn e dal Brox; dal “Deep South”, dalla California. Soldati giunti dal Kent, dal Lancashire, dall’Assia, dalla Renania, dalla Carinzia, dalla Toscana e dalla Lombardia, dal Veneto e dal Fiuli-Venezia Giulia. Indossano, appunto, l’uniforme; si battono con onore, come con onore si battono il soldato Douglas, il soldato Davis, i loro commilitoni.
Sono giovani, anche “troppo” giovani, e sono in buona fede. Quando si è in buona fede, quando nessun imbarazzo, nessun disagio ci colgono mentre ci guardiamo allo specchio, ogni causa è la “causa giusta”; non c’è una “causa sbagliata”. Noi la pensiamo come la pensano americani e inglesi, australiani e neozelandesi: “right or wrong, my country first”. E’ un principio sano, perciò salutare. Se fosse osservato anche da noi italiani, risparmierebbe divisioni, lacerazioni, attriti, odio, rancore. Eliminerebbe il settarismo che ci soffoca, ci acceca, c’indebolisce nel momento stesso in cui ci fornisce un illusorio senso di superiorità.
Ad Anzio e Nettuno caddero parecchi soldati americani, i ragazzi dalla faccia pulita, semplici, generosi, sinceri in ogni loro manifestazione; e coraggiosi. Sì, coraggiosi, poiché ci vuole un bel fegato per combattere con risolutezza contro un nemico forte, organizzato, motivato, in una terra così lontana, oltreoceano, sulla costa tirrenica, in luoghi a loro niente affatto familiari. Ma vi caddero “anche” tanti ragazzi italiani nella convinzione di compiere il proprio dovere. Il proprio dovere nell’andar, appunto, controcorrente; nell’insorgere d’un profondo senso di ribellione al disastro dell’Otto Settembre, allo sconquasso d’una guerra perduta non bene, anzi, malissimo. Agli effetti della resa senza condizioni…
Sono cresciuto ‘assediato’ da film americani sulla Seconda Guerra Mondiale, tipo “All’inferno e ritorno”, tipo “Bastogne”, “Bataan”, “Iwo Jima deserto di fuoco”, “Gli eroi del Pacifico” e tanti altri ancora. Era, francamente, un po’ “troppo”… Perciò m’immalinconisco ogni volta che ci si concentra “soltanto” sul Soldato Americano Seconda Guerra Mondiale e non si mostra nessun interesse storico, morale, umano sui ragazzi italiani che vollero invece schierarsi dalla “parte sbagliata” e seppero andare fino in fondo, maturi e, al tempo stesso, “bimbi” come davvero essi erano.