Nicola Gratteri è un magistrato serio e capace. Un magistrato figlio di quella Calabria (è nato a Gerace, nella Locride) che non accetta di sottostare alla violenza e al ricatto della mafia calabrese; impegnato in prima linea contro la ‘ndrangheta, da anni vive sotto scorta, guardato a vista perché gliel’hanno giurata. Nel giugno del 205 il Reparto Operativo Speciale dei Carabinieri ha scoperto nella piana di Gioia Tauro un vero e proprio arsenale: un chilo di plastico con detonatore, lanciarazzi, kalasnikov, bombe a mano, che sarebbe potuto servire per un attentato per eliminarlo.
E’ un duro, Gratteri. Uno che dice quello che pensa, e pensa a quello che dice. Uno che non fa sconti a nessuno, di certo non coltiva amicizie che aiutano a fare carriera; non nasconde le sue antipatie e quando si tratta di denunciare complicità e connivenze, non ha riverenze, bastona i fanti e i santi in egual misura. Difficile immaginare cosa voti e a quali politici dia fiducia. Forse, per l’esperienza maturata, a nessuno. E comunque, anche se a volte deve pensare di essere come quel bambino che vuole svuotare il mare con un secchiello, non cede e non si dà per vinto, convinto che ci sia un dovere a cui non si deve venir meno, verso se stessi e i tanti “se stessi” che pure ci sono, anche se non hanno voce.
E’ quest’uomo, ad aver messo la firma all’operazione investigativa “Inganno”. Nome quanto mai appropriato. L’indagine coordinata da Gratteri ha portato in carcere due “insospettabili”: Sebastiano Giorgi, ex sindaco di San Luca, e Rosy Canale, coordinatrice del movimento “Le donne di San Luca”, che fino a ieri abbiamo visto in prima fila nella azione di contrasto alla ‘ndrangheta.

Rosy Canale
Giorgi lo abbiamo visto partecipare a una quantità di manifestazioni contro la 'ndrangheta; vero è che a fronte di questo impegno l’Amministrazione qualche mese fa è stata sciolta d’autorità, per infiltrazioni e inquinamenti mafiosi. A quanto pare, molto radicati e profondi: per gli investigatori l'elezione di Giorgi a sindaco sarebbe stata favorita dalle cosche mafiose dei clan Pelle e dei Nirta; in cambio di voti il controllo su lucrosi appalti gestiti dal Comune: quello per la metanizzazione di San Luca, e altri lavori. Inoltre si sarebbe appurato che Francesco Strangio, alias “Ciccio Boutique”, era riuscito ad accaparrasi la gestione del mercato del Comune e della zona di Polsi. Nelle fascicolo ci sono poi storie di appalti e di intestazioni fittizie, dietro le quali ci sarebbero stati i boss della “Mamma”, la “società di 'ndrangheta” di San Luca, riconosciuta come la più “antica, potente e autorevole della Calabria”. Un controllo, quello esercitato dalle cosche sulle attività del Comune, totale.
E Rosy Canale? Per lei non si parla di mafia; più “semplicemente” di peculato e di truffa. La si accusa di aver utilizzato per l'acquisto di beni personali i finanziamenti, che avrebbero dovuto essere destinati a finalità sociali, erogati al "Movimento delle donne di San Luca". Finanziamenti che, secondo una prima stima fatta dagli investigatori, ammonterebbero a circa 100 mila euro, ma che potrebbero essere, sulla base di un calcolo definitivo, anche più consistenti. E così, tra l’altro, una prevista struttura per i bambini di San Luca, pur se inaugurata nel 2009, non è mai entrata in funzione.
Insomma, dottor Jeckyll e mister Hide; possibile? "Attenzione a chi si erge a paladino antimafia senza avere dietro una storia. C'è gente che è morta per questo e non possiamo tollerare come magistrati, come giornalisti, come cittadini che ci sia gente che lucra e che dell'antimafia fa un mestiere", dice Gratteri, puntando l’indice anche su quelle che definisce “condotte che non hanno rilievo penale ma sono moralmente riprovevoli”. Si riferisce per l’appunto alle “promesse fatte alle donne di San Luca, anche a quelle colpite da forti lutti”, perché “nella lotta alla mafia bisogna essere seri, non ci sono ma e non ci sono se. Dobbiamo essere intransigenti: le donne di San Luca non hanno mai visto quei soldi. Occorre fare attenzione all'antimafia delle parole, manca la coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa”.
Eppure Rosy Canale può vantare un curriculum che stride con l’immagine fornita da Gratteri: imprenditrice reggina che si ribella alla 'ndrangheta a cui impedisce di spacciare droga nel suo pub-discoteca. Nel 2007, dopo la strage di Duisburg, si trasferisce per un periodo ai piedi dell'Aspromonte e fonda il “Movimento delle donne di San Luca”. E’ vero, il progetto non decolla, ma lei non demorde, pubblica un libro, “La mia 'ndrangheta” (Edizioni Paoline), e portan in giro per i teatri italiani lo spettacolo “Malaluna – Storie di ordinaria resistenza nella terra di nessuno”, con le musiche di Franco Battiato. Nei giorni scorsi aveva ricevuto a Roma il premio “Paolo Borsellino”, e proprio in quell’occasione invita papa Francesco ad andare a San Luca.
Questi i fatti come sono stati presentati dagli investigatori. Per esperienza sappiamo che in queste situazioni, è meglio esser prudenti, e attendere che la situazione si chiarisca. Tante volte abbiamo visto “colpevoli certi”, dati in pasto alla pubblica esecrazione, accusati di reati gravissimi, rovinati nella salute e nella reputazione, che poi sono stati dichiarati innocenti. Enzo Tortora, certo, ma non solo lui…Vi ricordate, per esempio, il povero Lelio Luttazzi? E l’elenco delle vittime della mala-giustizia è infinito… Peraltro, infinito anche l’elenco contrario, quante volte abbiamo assistito a casi di persone su cui si sarebbe messa la mano sul fuoco, che invece hanno confessato e ammesso le loro colpe, e per tanto tempo ci avevano ingannato.
Come uscirne, si chiederà il lettore. A noi viene in mente, e siamo andati di corsa a rileggercelo, un famoso articolo di un autore che amiamo, Leonardo Sciascia; che il 10 gennaio 1987 sul “Corriere della Sera” pubblicò un articolo che partiva dalla recensione di un libro sulla mafia e il fascismo dello storico inglese Christopher Duggan, e che sollevò polemiche a non finire. Quello sui “professionisti dell’antimafia”. Un passaggio, in particolare:
“…Sicché se ne può concludere che l’antimafia è stato strumento di una fazione, internamente al fascismo, per il raggiungimento di un potere incontrastato e incontrastabile. E incontrastabile non perché assiomaticamente incontrastabile era il regime o non solo: ma perché talmente innegabile appariva la restituzione all'ordine pubblico che il dissenso, per qualsiasi ragione e sotto qualsiasi forma, poteva essere facilmente etichettato come 'mafioso'. Morale che possiamo estrarre, per così dire, dalla favola (documentatissima) che Duggan ci racconta. E da tener presente: l'antimafia come strumento di potere. Che può benissimo accadere anche in un sistema democratico, retorica aiutando e spirito critico mancando”.
L’ultima frase, in particolare: “retorica aiutando, spirito critico mancando”. In ogni caso, in ogni direzione. Valga per Rosy Canale, e – naturalmente – per Nicola Gratteri.