Mettere a frutto il Tempo che dal Fato ci viene concesso. Ecco il nostro dovere. Ecco l’obbligo da non considerare, però, “gravoso”. Anzi, da ritenere lieve.
Amare. Amare soprattutto le persone che di amore hanno disperato bisogno. No, non certo l’amore ‘da rotocalco’; non certo l’amore ‘esibizionistico’ addobbato di lustrini… Esibito in banchetti, in feste che durano fino alle 5 di mattina… Non certo l’”amore” fatto di pretese, ordini, ‘diktat’. Ma quello vero, quello che dà senza nulla chiedere. L’amore, quindi, disinteressato. Alto. Nobile. Un sentimento in virtù del quale viene fatto sfoggio di disprezzo verso quanti fingono d’amare, verso quanti “aiutano”, ma sempre qualcosa di sporco, di lurido, vorranno in cambio.
Soltanto da questo presupposto può scattare l’opera di rigenerazione nazionale dopo 20 anni di sperperi, ruberie, soperchierie; ostentazione, l’ostentazione che insulta, oltraggia i meno fortunati. Dopo 20 anni di mistificazioni, di millantato credito; di crudeltà mentale.
Ho 67 anni. Sono stato in giro per il Mondo. Ho conosciuto gente d’ogni provenienza sociale, gente nata e cresciuta in Paesi lontani, lontanissimi dall’Italia. Ma la povertà morale e materiale in cui m’imbatto ogni giorno nel nostro Paese, non l’avevo incontrata in nessun’altra parte del Globo. Nemmeno in Africa!
Ci dobbiamo ribellare ai sedicenti “cavalieri senza macchia e senza paura”. Ci dobbiamo ribellare ai ‘dialettici’ di mestiere. Ci dobbiamo ribellare alla purtroppo nutritissima consorteria di Italiani dediti allo “sfruttamento della situazione”. Dobbiamo trovare il modo di scardinare in senso altamente morale, incruento, le opportunistiche difese (robustissime, “for that matter”) di questa genìa di individui aridi, bellicosi, egocentrici. Ma in un qualche remoto, molto remoto, angolo della loro psiche, essi devono aver pur conservato un grammo o due di senso della decenza. Raggiungerli, allora, questi pochi grammi… Condurli “in superficie”… Sbattere finalmente dinanzi a se stessi “i padroni del vapore” (rubrica del Conte Rognoni, ‘Guerin Sportivo’ d’una quarantina di anni fa…) e magari scorgere nel loro sguardo la viva luce del ravvedimento, poiché noi siamo dell’idea che ogni essere umano, anche il più efferato, anche il più esecrabile, può un giorno, sì, ravvedersi e tornare perciò a vita nuova. Allora, avrà pagato. Avrà pagato in abbondanza. Si sarà mondato! Sarà diventato “uno di noi”. Ma perché egli si ravveda, ci vuole davvero un’opera ‘ciclopica’ condotta in un sol blocco dai cittadini, dalla stampa, dalla Scuola. Un’opera “implacabile” nel suo rigore, e anche nella sua dolcezza.
Molto tempo all’Italia non resta…