Ida Magli, classe 1925, diploma in pianoforte al Conservatorio di Santa Cecilia, laurea in Filosofia con specializzazione in Psicologia medica sperimentale all’Università La Sapienza di Roma, dove è stata anche professoressa di Antropologia culturale fino al 1988, scrittrice di più di venti libri su svariati argomenti, ha collaborato con giornali quali La Repubblica, L’Espresso e Il Giornale, sul quale scrive tutt’oggi, conosciuta ai più per il suo impegno contro il progetto di istituzione dell’Unione Europea.
Nel 1994, dopo il Trattato di Maastricht, inizia la sua battaglia contro l’unificazione europea, giudicata un progetto “assolutamente improbabile, del tutto patologico e delirante”. Su questo tema scrive tre libri: Contro l’Europa, La Dittatura europea, Dopo l’Occidente e fonda l’Associazione Italiani Liberi. Per essere il più chiara possibile sulla questione, riporto interamente l’obiettivo di questa associazione: “Il Movimento politico e culturale ‘Italiani Liberi’ si propone di difendere e rafforzare l’identità nazionale, storica e culturale degli Italiani e di ristabilire l’indipendenza dell’Italia uscendo dall’Unione Europea. Per la realizzazione di questi scopi il Movimento agisce con i mezzi della competizione politica basata sulla forza delle argomentazioni e collabora con Movimenti e Partiti esistenti in Europa che perseguono le stesse mete. Il Movimento non usufruisce e non intende usufruire di finanziamenti istituzionali di nessun genere. Per garantire la propria libertà conta esclusivamente sugli eventuali contributi di coloro che vogliono salvare l’Italia dal dominio politico e religioso degli stranieri”.
Ida Magli parla di una “dittatura europea” le cui origini risalirebbero al progetto di “Pace perpetua” dell’Umanesimo, ripreso in seguito anche dal filosofo Immanuel Kant nel “Progetto per una pace perpetua”. Questa pace sarebbe raggiungibile grazie all’unificazione di tutti i popoli sotto un unico Governo Mondiale, obiettivo mai dichiarato dai nostri politici, ma che prenderebbe le mosse dall’idea di unificazione degli stati europei, a sua volta figlia del progetto di pace perpetua, reinterpretato da politici e finanzieri anglo-americani, i quali dovevano assumerne le redini in segreto. Ma, cospirazioni mondiali a parte, ci sono dei punti molto realistici nelle argomentazioni della Magli. Lei afferma che fin dalla conclusione della prima guerra mondiale, cioè da quando iniziò a farsi largo l’idea di un’unione federale fra stati europei, propugnata da personalità di rilievo, quali Richard Coudenhove-Kalergi, Aristide Briand e John Maynard Keynes, era chiaro a tutti che un’unione politica era impossibile. E quando dice “tutti”, intende che questo fu chiaro, anche e soprattutto, vent’anni dopo a persone come Mitterand e Kohl, non proprio degli sprovveduti quindi. Questi politici erano ben consapevoli dell’esistenza di tradizioni culturali troppo radicate all’interno delle coscienze nazionali di ogni stato europeo, tradizioni culturali che avrebbero perciò ostacolato, e non di poco, il progetto di unione politica. A questo punto, secondo la Magli, si decise di accantonare il progetto di unione politica e di iniziare con quella monetaria. “La mossa per andare più in fretta era avanzare con l’Euro” dice la scrittrice, “ma gli è andata male. Ci abbiamo rimesso tutti” riferendosi alla crisi tuttora in corso. Quello che sottolinea la Magli è che si verificherebbe l’annullamento dell'identità e dell'indipendenza degli stati nazionali “nell'immenso buco nero dell'Europa”. Nel caso di un’unificazione politica i governi nazionali diventerebbero “puri fantocci agli ordini di Bruxelles e dell'alta finanza europea e mondiale”. Ma non manca di aggiungere anche che l'Italia è uno Stato cardine dell'Unione e non vi può essere un’Europa unita senza di essa. Se l’Italia uscisse dall’Unione molti stati probabilmente la seguirebbero, mettendo in crisi tutta l’area del Mediterraneo. Ma è pur vero, sempre secondo l’antropologa, che sono passati 70 anni e il progetto politico è fallito e nessuno ne prende atto. In definitiva, il suo pensiero è che vi è un “non detto”, qualcosa che viene omesso per una ragione precisa.
Ciò che non è stato mai detto in modo esplicito è che gli Stati devono diventare delle regioni amministrative comandate dal governo di Bruxelles e questo viene tenuto nascosto perché non c'è nessuno Stato disposto a rinunciare “alla propria indipendenza, storia e lingua per diventare suddito”. L'Ue vorrebbe un governo nelle mani della finanza perché, “se uno non è padrone della propria cassa può essere ridotto al lumicino” e quindi può essere manovrato più facilmente in vista dell’obiettivo finale: poche persone che governano su molte, cioè il Governo Mondiale di cui si accennava poco prima. A governo dell’Unione vi sarebbero persone che non sono state elette democraticamente, e in questa riflessione la Magli è in buona compagnia. Infatti un altro a pensarla come lei è Nigel Farage, europarlamentare britannico, che il 16 novembre 2011 ha denunciato, in un intervento al Parlamento Europeo, questo deficit democratico: “L'euro è un fallimento sotto tutti i punti di vista. Di chi è la colpa? Chi è che ha in mano il vostro destino? Ovviamente la risposta è: nessuno di voi. Perché nessuno di voi è stato eletto. Nessuno di voi ha avuto la legittimazione democratica necessaria per arrivare ai ruoli che state attualmente ricoprendo”.
A questo punto ognuno può farsi le proprie idee sulle posizioni di Farage e della Magli, senza però dimenticarsi che entrambi non criticano a priori l’idea di una sana cooperazione fra gli stati europei, bensì lo stravolgimento del progetto iniziale che, a detta della Magli, sta portando e porterà in futuro più svantaggi che benefici, il tutto in vista di uno scopo non proprio limpido e tantomeno chiaro.
Ad ogni modo, un’altra cosa da tenere bene presente durante la valutazione delle affermazioni precedenti, sono le parole pronunciate nel 1952 da colui che ha posto la pietra miliare della CECA, l’artefice della famosa Dichiarazione Schuman, Jean Monnet: “Le nazioni europee dovrebbero essere guidate verso un superstato senza che le loro popolazioni si accorgano di quanto sta accadendo. Tale obiettivo potrà essere raggiunto attraverso passi successivi ognuno dei quali nascosto sotto una veste e una finalità meramente economica”. François Duchêne, assistente di quello che è stato il padre dell’embrione dell’ attuale Unione europea, disse di lui: “veniva giudicato in possesso di un potere occulto, cospiratorio, misterioso, quello del tecnocrate”. E ancora, il barone Robert Rothschild: “non è né un politico né un pubblico ufficiale, ma una categoria a parte”. Infatti Monnet, mai eletto ad una carica pubblica, sembra una di quelle figure di cui parla la Magli: “sono delle avanguardie, termine troppo aristocratico per questi banalissimi truffatori delle banche”, nelle cui mani è stato messo ad hoc il potere di governare. Lo scrittore tedesco Hans Magnus Enzensberger nel suo saggio, “Il mostro buono di Bruxelles ovvero l’Europa sotto tutela”, critica il tanto discusso deficit democratico delle istituzioni comunitarie e fa notare che il sentimento più diffuso verso questi governanti quasi sconosciuti e con una legittimazione piuttosto dubbia è la diffidenza. Secondo Enzensberger, infatti, sono sempre di più gli europei che iniziano a chiedersi chi sia a muoverne le fila. Lo scrittore afferma a proposito del metodo Monnet: “privilegiava quelle che si chiamano ‘le decisioni di élite prese nel consenso’, in cui i parlamenti e i cittadini non hanno praticamente voce in capitolo. Non attribuiva alcun valore alla garbata invenzione della sovranità popolare”.
Monnet, d’altro canto, nelle sue memorie scrive: “Non stiamo formando una coalizione di stati, stiamo unendo persone”. Lo scopo era nobile, costruire sulle macerie di due conflitti mondiali una pace duratura in Europa.
Ma, “milioni di individui che si sommano non sono un popolo”. Ida Magli dixit.
*Sara Consolino, nata a Roma, è una studentessa di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano