La Sicilia è fallita, travolta dai ‘buchi’ del proprio bilancio. La Regione siciliana – Regione Autonoma come lo è uno Stato degli Stati Uniti d’America – è ormai alla bancarotta, anche se non dichiarata. Un’Isola in un mare di merda, anche se la merda viene nascosta dalle tante ‘autorità’. Soprattutto dopo che il presidente, Rosario Crocetta, è finito sotto inchiesta da parte della Procura della Repubblica di Messina. Accuse gravi. Si ‘insabbierà’ tutto?
Del resto, l’Italia non è la ‘Capitale’ del mondo in materia di depistaggi e affossamento delle verità di Stato? La Repubblica italiana non è forse nata con la strage di Portella delle Ginestre, 1 maggio 1947? Da allora ad oggi il ministero degli Interni non ha ancora aperto gli archivi che nascondono le verità sulla strage di Portella. Di strage in strage – tutte regolarmente impunite – di depistaggio in depistaggio, arriviamo alle stragi del 1992. Stragi di Stato senza verità. Con picciotti ‘ convinti’ a raccontare bugie.
Ci metterà molto, l’Italia, a nascondere tutto quello che, qualche giorno fa, ha scritto Centonove, un settimanale di Messina diretto dal bravo Enzo Basso? No, secondo noi ci metterà poco. Anche perché si tratta del governatore dell’Isola, noto esponente dei cosiddetti ‘Professionisti dell’Antimafia’. Ovvero di chi usa l’Antimafia per fare carriere politica & affari.
Non è solo, Crocetta, nella sua lunga attività di ‘Professionista dell’Antimafia’. Accanto a lui, a fare lo stesso mestiere che fa lui, ci sono il presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, il vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, e un dirigente nazionale di Confindustria, Ivan Lo Bello. Una bella organizzazione Confindustria, vero? Almeno in Sicilia, invece di far crescere l’economia – e segnatamente l’industria – si occupa di altro. E Confindustria nazionale? Fa finta di non vedere. A Roma e a Milano gli industriali non risparmiano critiche al Governo Letta-Alfano, che sta riempendo di nuove tasse occulte gl’italiani. Mentre in Sicilia gli ‘industriali’ vivono abbarbicati alla spesa pubblica improduttiva con la scusa delle solite ‘menate’ antimafia’. E’ proprio all’insegna dell’antimafia di facciata, fatta di tante parole, di pochi fatti e di molti affari che Confindustria Sicilia incontra e si salda con il Governo regionale di Rosario Crocetta. E a saldatura la si nota negli affari e nella disastrosa situazione finanziaria della Regione.
Le due notizie – l’inchiesta a carico del governatore Crocetta e la bancarotta non dichiarata della Regione siciliana – procedono di pari passo. Sono due facce della stessa medaglia. Vediamole, queste due facce. La Regione siciliana – Regione di 5 milioni di abitanti più gl’immigrati – è al dissesto finanziario. Un dissesto accompagnato, ma guarda che caso!, dalla presenza, nel Governo, da ben cinque anni, di uomini di Confindustria Sicilia. Non sembra che la Sicilia si sia molto avvantaggiata dalla presenza, nel Governo, di personaggi legati a Confindustria. Anzi, se proprio la dobbiamo dire tutta, la presenza di questi signori ha finito con il coincidere con un peggioramento dei conti della Regione e dei Comuni siciliani. I fatti sono lì a dimostrarlo. Da quando si è insediato, il Governo di Rosario Crocetta non ha fatto altro che tagliare, tagliare e tagliare. Ma accanto ai tagli, ci sono cose che non si vedono. Come, ad esempio, i grandi affari sui rifiuti. Come spiegare agli americani che cosa combinano in Sicilia con i rifiuti?
Semplificando, possiamo dire che in Sicilia non esiste la cosiddetta raccolta differenziata dei rifiuti. Quasi tutti i rifiuti, nell’Isola, finiscono nelle discariche. In pratica, finiscono sotto terra inquinando terreni e falde acquifere. Uno scandalo. Chi è che gestisce le discariche? In buona parte i privati. E sapete chi è il titolare della più importante e grande discarica della Sicilia? Giuseppe Catanzaro. Sì, proprio lui, il già citato vice presidente di Confindustria Sicilia. E sono proprio i gestori delle discariche private a vantare crediti stratosferici dai Comuni siciliani. Comuni siciliani – questo detto per inciso – che, in maggioranza sono, al pari della Regione siciliana, sono in dissesto finanziario non dichiarato. In pratica – come i nostri lettori hanno già capito – Confindustria Sicilia, da cinque anni, fa parte del Governo della Regione (controlla il settore delle attività produttive che, in realtà, non ci sono, perché l’economia siciliana, tranne poche eccezioni, è disastrata come, se non di più, della Regione siciliana) non per occuparsi dello sviluppo economico della Sicilia, ma per restare abbarbicata alle risorse pubbliche della Regione. Il tutto, sotto gli occhi ‘distratti’ di Confindustria nazionale, che a Roma fa la voce grossa con i Governi chiedendo misure per lo sviluppo, mentre in Sicilia non sembra estranea al sottosviluppo.
Il risultato è una Regione al fallimento. Una Sicilia ‘Autonoma’ nella quale la maggiora parte dei Comuni, a fine ottobre, sono senza bilancio 2013 perché senza soldi. Tanto che gli stessi Comuni non pagano i dipendenti pubblici, chi da un mese, chi da due mesi, chi da tre mesi. Allo sfascio dei Comuni si somma lo sfascio della Regione che, ormai, anche se ancora non l’ammette, sta per licenziare circa 80 mila precari. Sì, avete letto bene: 80 mila! E non ha nemmeno i soldi per pagare i 24 mila operai della Forestale. Disastri su disastri. E non ha i soldi per costituire un ‘Fondi rischi’ per fronteggiare 3 miliardi – sì, avete letto bene: 3 miliardi di euro – di entrate fittizie iscritte in bilancio.
Direte: e le società di rating che fanno? Fanno finta di non vedere. Ragazzi: non è che si può andare nella capitale mondiale della mafia e dire: questa Regione è un disastro, ha 3 miliardi di entrate di dubbia esigibilità. No, questo ‘affronto’ alla Sicilia non si fa. E’ in questo scenario da Regione fallita che arriva la notizia dell’inchiesta della magistratura di Messina sul presidente Crocetta. Una storia brutta. Una vicenda che prende spunto da un esposto-denuncia, che risale al dicembre del 2012, indirizzato all'allora Procuratore nazionale Antimafia, Piero Grasso, oggi presidente del Senato, eletto nelle file del PD, lo stesso Partito del governatore Crocetta. L’esposto è firmato dall'ingegnere Roberto Sciascia, originario di Porto Empedocle, piccolo centro a un tiro di schioppo da Agrigento. L’ingegnere Sciascia è stato, per anni, delegato alla gestione dell'ufficio Ecologia del Comune di Gela. Posto che ha lasciato, a quanto pare volontariamente, nel giugno del 2011. Che c’entra Gela? C’entra, perché Crocetta è stato, per sette anni Sindaco di Gela. L'ingegnere Sciascia racconta i retroscena "dell'attacco sferrato nel maggio del 2009 al magistrato etneo Carlo Caponcello, in predicato per una nomina alla Dda Nazionale, 'nemico' giurato del magistrato Nicolò Marino". Nell'inchiesta si racconta che Marino, che oggi fa parte, in qualità di assessore, del Governo regionale di Crocetta, da magistrato in forza alla Dda di Caltanissetta, aveva effettuato indagini proprio sul periodo in cui l'attuale governatore dell'Isola era Sindaco di Gela. Strani questi intrecci, no? Nell'inchiesta si racconta che l'allora primo cittadino di Gela utilizzava cinque telefoni cellulari per non essere intercettato. Leggiamo nell’inchiesta pubblicata dal settimanale ‘Centonove’: “Roberto Sciascia ha indicato tutti gli investigatori che hanno svolto un ruolo nelle indagini a carico di Crocetta: il capo della sezione anticrimine di Caltanissetta, Giovanni Giudice, cui Crocetta avrebbe chiesto la cortesia di arrestare 'almeno per un giorno' un politico¬ingegnere, col quale era entrato in contrasti politici; il maresciallo delegato alle indagini su Crocetta dal Pm Marino, Nicola Bulone; il comandante della stazione dei carabinieri di Gela, Pasquale Saccone, che aveva coordinato l' inchiesta sulla discarica e su tutti i risvolti che avrebbero determinato un 'danno erariale' stimato in 14 milioni di euro, del quale Sciascia ha fatto una documentata denuncia alla Corte dei Conti regionale". Come potete leggere, torna la storia delle discariche. In questo caso, di una discarica. In pratica, gli affari che ruotano attorno ai rifiuti.
L'allora Sindaco di Gela, Crocetta, stando al racconto dell'ingegnere Sciascia, interviene per difendere un gruppo di società. "E fa modificare – leggiamo sempre nell'inchiesta di Centonove – il bando che prevede la categoria 6°, requisito obbligatorio per la raccolta differenziata, espressamente previsto dal decreto Ronchi". Con questo passaggio viene meno l'obbligo di iscrizione allʼAlbo nazionale gestori rifiuti. Morale: la gara viene aggiudicata a un consorzio di imprese, capeggiato dalla Cosiam, oggi Econet Srl. Il battagliero ingegnere del Comune di Gela elenca tutte le anomalie dell'appalto. E chiede una commissione consiliare d'inchiesta. La commissione consiliare esamina a gli atti e arriva a conclusioni non certo benevole verso l'amministrazione comunale di Crocetta. C'è una "censura per lʼinefficacia delle scelte politico-amministrative e la scelta, apparentemente poco oculata, di dirigenti non di ruolo chiamati dal Sindaco a dirigere delicati settori della vita amministrativa del Comune di Gela, con tutte le conseguenti storture".
Sulla vicenda si attende, adesso, la conferma dell’inchiesta penale su Crocetta. La magistratura deve dire se è indagato o no. Direte: ma con tutto quello che ha detto l’ingegnere Sciascia come fa il governatore Crocetta a non essere indagato? A meno che l’ingegnere Sciascia non si sia inventato tutto. Si è inventato l’appalto milionario aggiudicato al consorzio di imprese, capeggiato dalla Cosiam, oggi Econet Srl? E un ingegnere direbbe una cosa così grave senza esserne certo? Anche la commissione del Comune di Gela avrebbe detto cose false? La verità è che, questa volta, un ‘Professionista dell’Antimafia’ è stato scoperto. La Giustizia italiana farà il suo corso? O la vicenda verrà insabbiata? Ah, dimenticavamo: nel settore dei rifiuti, oltre agli interessi di personaggi legati a Confindustria Sicilia, ci sono anche gli interessi della mafia. Questo da sempre.